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Consegnato un dossier e le firme raccolte

Palmaria e San Francesco Grande, il ministro Franceschini apre due spiragli durante l’incontro con Piera Sommovigo

Dario Franceschini, Emanuele Moggia e Piera Sommovigo

Il rilancio della cultura a 360 gradi, il recupero del complesso di San Francesco Grande e il futuro della Palmaria. Sono stati questi i punti salienti dell’incontro che si è svolto questa mattina al Camec alla presenza del ministro della Cultura Dario Franceschini, della candidata sindaca del centrosinistra Piera Sommovigo e dei rappresentanti delle liste che la sostengono.

A introdurre il progetto di recupero dell’ultima testimonianza del Quattrocento, chiesa e convento francescani che da un secolo e mezzo sono inglobati all’interno del perimetro arsenalizio, è stato William Domenichini, candidato consigliere per la lista Leali a Spezia. “Il rapporto tra cultura e territorio da noi è caratterizzato anche da un elemento di rapporto come le aree militari. Si tratta di spazi molto importanti dal punto di vista della prospettiva futura, che è mancata totalmente per 5 anni. Basta pensare al progetto Basi blu, che il sindaco conosce bene, ma sul quale non c’è stata la benché minima interlocuzione con il governo a beneficio del territorio. Grazie al contributo fondamentale di Piero Donati possiamo avanzare una proposta che si inserisce proprio nella logica della valorizzazione del passato e del rapporto tra cultura e territorio. Il recupero di San Francesco Grande può essere un elemento innovativo sia dal punto di vista culturale che turistico, sottraendo un bene degli spezzini a una fruizione sporadica, quasi nulla, dovuta all’interesse di qualche associazione. Questa – ha concluso Domenichini – è una battaglia civile e politica enorme: ciò che è stato tolto alla popolazione 150 anni fa può essere il simbolo di una nuova visione culturale e urbanistica”.

Consegnando al ministro Franceschini un dossier sull’opportunità di restituire alla città non solo il complesso francescano ma anche di effettuare uno scavo laddove sorgeva l’antico borgo di San Vito, a due passi da Porta Marola, ad approfondire la tematica è stato lo stesso Piero Donati: “Possiamo uscire fuori dal pantano in cui siamo sprofondati negli ultimi anni. L’annosa questione delle aree militari, dove si è drasticamente ridotto il personale impiegato rendendo molti spazi utilizzabili per altre prospettive, può essere affrontata anche mirando ad ampliare il patrimonio culturale e storico. Ha già ottenuto importanti adesioni l’appello lanciato per due beni di grande importanza che si trovano al di là delle mura dell’arsenale. Uno è l’ex borgo a mare di Marola, con la chiesa alto medievale di San Maurizio che era appena al di là della cinta muraria: effettuare scavi per riscoprire quel passato non interferirebbe con le attività istituzionali della Marina militare. E poi c’è il complesso di San Francesco, miracolosamente scampato alle bombe della seconda guerra mondiale, chiamato Grande per le sue dimensioni considerevoli, come indicato dai due chiostri del convento, che i Carabinieri hanno conservato rispettosamente per tutto questo tempo. San Francesco è vicino al muro perimetrale, può essere restituito alla città magari per ospitare attività di ricerca in campo culturale. Per esempio la Liguria è l’unica Regione a statuto ordinario che ha un laboratorio di restauro regionale, ma si sta avviando verso la chiusura, avendo solo tre addette, non più giovanissime. A me non sta bene perdere anche questo presidio di studio e ricerca. La Lunigiana storica, di cui La Spezia è parte integrante, è stata per secoli il principale territorio produttore di materiali lapidei di pregio: perché non istituire una sezione staccata del laboratorio di restauro regionale dedicato allo studio di questi materiali?”.

Proposte concrete, quelle di Donati, che hanno attirato l’attenzione dei presenti che occupavano le prime file della sala conferenze del Camec e che hanno trovato riscontro positivo anche nelle parole che il ministro Franceschini ha pronunciato al termine dell’incontro.
Il sindaco di Monterosso Emanuele Moggia, moderatore dell’iniziativa, ha sottolineato l’importanza di una assunzione di responsabilità da parte della politica, mentre Giorgia Lombardi, candidata nella lista civica Spezia con te e portavoce del movimento Palmaria sì, masterplan no ha illustrato a Franceschini le vicende relative all’isola che dal 2016 è al centro di dibattito tra la Regione, il Comune di Porto Venere e le associazioni ambientaliste.
“La Spezia è una città di mare, ma non ha il mare. L’unico nostro sbocco è la Palmaria, un’isola il cui valore va ben oltre a quello balneare, perché ha un’anima selvaggia e valori ambientali unici. E’ in zona Unesco, all’interno di un Sic e del Santuario dei cetacei. Oggi c’è un turismo consapevole e auto governato, ma è stato presentato un masterplan che prevede che molti edifici, compresi i forti, saranno privatizzati, trasformandoli a scopo turistico ricettivo. Abbiamo raccolto 16mila firme e siamo stati ascoltati anche dall’Unione europea. Non vogliamo che la Palmaria diventi una Capri ligure, come vorrebbe Toti”.

Dall’esperienza di primo cittadino di una delle Cinque Terre Moggia ha confermato che ciò che spinge migliaia di persone a prendere un aereo intercontinentale per visitare il territorio spezzino sono quei sapori e quei colori autentici che ne racchiudono l’anima.
Catia Castellani, candidata per Spezia bene comune, ha reso omaggio agli artisti, ai musicisti e ai fotografi spezzini, ma anche a iniziative culturali come il Premio del Golfo. Ma, da antifascista, ha anche stigmatizzato la trasformazione del centro Allende in un ristorante. “Questa amministrazione ha spazzato via i simboli della cultura e della memoria degli spezzini. La cultura è trasversale e dà benessere alla vita, va sostenuta. La cultura può svilupparsi dal basso ma le istituzioni devono dare una mano”.
Per il Movimento cinque stelle ha preso la parola Stefania Giovando, insegnante in pensione e figlia di Eugenio, pietra miliare della cultura spezzina del dopo guerra. “Io e mia sorella siamo cresciute nell’amore per la cultura. Il bene che fa allo spirito lo sappiamo, è meno recepito che non è mai fine a se stessa, ma che crea occupazione e ricchezza. Non abbiamo solo turismo paesaggistico ma possiamo diventare anche un centro di turismo culturale”, ha detto elencando i musei cittadini, la collezione di polene del Navale, i resti di Luni e della Villa romana, i forti, le statue stele, il mosaico futurista del Palazzo delle Poste, la fontana delle voci di Piazza Brin, il palco della musica… “E nonostante questo immenso patrimonio, la cultura viene snobbata dalla nostra politica”.

Un focus sulla cultura e sulle nuove generazioni è stato proposto da Martina Giannetti, candidata per la lista Pd – Articolo uno. “Questa città può avere un volano di rilancio con la cultura. Alla Spezia non si respira alcun fermento culturale, non si sta costruendo niente. Gli spazi che una volta ospitavano eventi e incontri oggi sono votati al consumo. Eppure il Pnrr consentirà di spendere una somma di 7 miliardi di euro, che finiranno nelle casse dei Comuni: servono proposte per utilizzare queste risorse. Riteniamo che sia necessario investire nella formazione e nelle professionalità aprendo tavoli con istituti e università. Questo deve essere il primo passo per far crescere una discussione stabile sul tema. E occorre anche facilitare la fruizione della cultura, argomento per il quale il nostro Comune al momento non ha nemmeno un assessore specifico”.

Elda Belsito, ex assessore comunale, ha sostenuto che serva “una nuova diffusione della cultura, una cooperazione europea e mondiale che riporti a diffondere il sapere come fece Alessandro magno”, mentre Roberto Centi ha dapprima ricordato i trent’anni della strage di Capaci, spiegando come la cultura sia il primo presidio contro la mafia: “Gesualdo Bufalino diceva che la mafia sarà sconfitta da un esercito di maestre elementari“, ha esordito il presidente della commissione regionale Antimafia, aggiungendo che La Spezia e la Lunigiana sono un’enclave tra Liguria e Toscana e che c’è bisogno del riconoscimento di questa identità. “Partendo dalla presenza dei romani sul territorio sino al Gruppo 63, ritengo che la microstoria locale possa essere una traccia molto interessante della macrostoria del Paese. E potrebbe anche liberarci da quel vassallaggio perpetrato da Genova”.

Accolta da un lungo applauso che Moggia ha interpretato come il segnale della voglia di rimettersi al lavoro, è intervenuta Piera Sommovigo: “Riaccendere la cultura a Spezia è un dovere – ha dichiarato la candidata a sindaca –. L’amministrazione uscente ha spento la partecipazione culturale, le fonti della cultura, ha sottratto spazi di aggregazione culturale convertendoli ad esempio in ristoranti, non ha valorizzato il nostro straordinario patrimonio museale. E tutto questo non solo per totale assenza di progettualità ma per una scelta politica precisa: vivere in una sostanziale calma piatta, perché appiattire la partecipazione appiattisce anche il senso critico, mentre fare cultura vuol dire riaccendere il pensiero e il giudizio. Senza cultura non si partecipa alla vita della città. Conoscere è lo strumento per eccellenza. Grazie al ministro Franceschini per essere qui. Un segnale forte di ripartenza per questa città. E siccome sono convinta della nostra vittoria lo invito per il prossimo settembre alla Spezia, per parlare materialmente di quello che abbiamo proposto oggi”.

“Fare il Ministro della cultura è come guidare il ministero economico più importante del Paese – ha esordito nel discorso conclusivo il ministro Franceschini –. Investire in cultura in Italia non è soltanto un dovere morale e costituzionale, poiché siamo l’unico Paese al mondo che ha tra i principi della sua Costituzione la tutela del patrimonio storico, artistico e del paesaggio, ma è anche una grande risorsa economica. L’Italia è per tutti nel mondo sinonimo di bellezza, arte, storia e cultura, paesaggio, poesia. Sentire il dibattito di questa mattina mi riempie il cuore, un dibattito molto simbolico che va oltre i confini spezzini perché traccia due visioni di Spezia e dell’Italia in generale opposte: da una parte una giunta che non ha un assessorato alla cultura, dall’altra un incontro così ricco di testimonianze e idee fatto di persone competenti che vogliono riscoprire attraverso la cultura la propria identità. Un lavoro importante e straordinario. Il turismo è ritornato ai livelli del 2019 e con loro i problemi di accessibilità e sicurezza, tanto che in alcune città d’arte si è ritornati a parlare di ticket di accesso. Dobbiamo pensare a come distribuire questi flussi in maniera intelligente: abbiamo storia e cultura ovunque, possiamo invitare a riscoprire altri luoghi rendendo così più sostenibile il turismo. Anche alla Spezia la situazione è questa: la città deve assolutamente recuperare il suo patrimonio culturale – ha concluso il ministro – affiancandolo a una crescita sostenibile legata proprio alla cultura, perché lo sviluppo culturale porta a un turismo colto, intelligente, rispettoso. I turisti non vengono in Italia per il consumo ma per vivere un’esperienza: vogliono luoghi autentici. Lavoreremo sulla Palmaria, i suoi forti e altre destinazioni da far crescere. E se riuscirete a mantenere il clima che c’è qui questa mattina, vincerete il governo di questa città. Ci rivedremo allora per discutere nel merito tutte le istanze che mi avete presentato”.

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