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Sprugoleria

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La salvezza, sogniamo ancora con gli aquilotti

La grande gioia: salvezza!

Facciamo una giusta riflessione ora che, passata una settimana, finita la bella sbornia dell’euforia, la testa non è più ottenebrata dai fumi della contentezza e si può ragionare sopra con la dovuta calma.

Insomma, dirne dopo sette giorni significa parlare senza la timorosa attesa del risultato che attanagliava tutti noi sabato scorso giusto a quest’ora. Adesso, una settimana dopo, se n’è andata via tutta l’ansia che ci assillava generando un’angoscia che si portava dietro scenari paurosi degni di una bolgia dantesca. L’agitazione che avevamo dentro s’è dissolta come neve al sole e l’inquietudine ha lasciato il posto a una calma sicurezza che si manifesta in sorrisi paciosi accompagnati da grandi reciproche pacche sulle spalle.

Sto dicendo, ormai l’avrete capito, dell’impresa degli aquilotti che ora tengono un premio che era (quasi) follia sperar.

Due anni fa abbiamo (dico noi perché nello sport il tifoso s’identifica con l’oggetto della sua passione, un vero e proprio transfer), conseguito un obiettivo che, specie negli ultimi periodi era stato inseguito pervicacemente, con ostinazione ma che continuava a sembrare peggio di un miraggio nel deserto.

Almeno fino a due anni fa quando (a ea l’oa han detto in tanti, a ne ghe credevo ciù) gli aquilotti hanno raggiunto il massimo scenario calcistico nazionale.

Quel giorno, era il 20 agosto del 2020, prendevamo il passaporto per la serie A e fu gioia immensa perché avremmo calcato i palcoscenici illustri dove s’è formata la storia del pallone.

L’anno scorso siamo riusciti nell’obiettivo salvezza e quest’anno ci siamo ripetuti, per di più con una settimana d’anticipo. La prossima stagione giocheremo fra le grandi per la terza volta consecutiva. Ce l’abbiamo fatta perché abbiamo resistito con il cuore, con i nervi, con tutto quello che avevamo. Per questo ora possiamo dire che siamo ancora qua. Ma non è una novità. Lo dice anche il proverbio che non c’è due senza tre ma già che ci siamo, speriamo anche senza quattro, cinque, sei e via andare.

Solo un bel sogno? E chi lo sa. Del resto, i giocatori dell’ASC sono chiamati aquilotti perché, a sovrastare i colli e la torre sta un’aquila con le ali spiegate. L’araldica la definisce a volo nascente e si sa che magari ci vuole tanto per cominciare un volo ma una volta che lo si spicca, e chi ti ferma più?

Magari, riusciremo a inserirci anche nel maggior giro del calcio continentale, sognar non nuoce. Speremo solo che per l’Europa non ci vogliano 114 anni, tanti quanti sono serviti dalla fondazione alla serie A.

Spetae così tanti a ne ghe la fèmo, c’è anche l’anagrafe.

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