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In carcere per omicidio, si fa arrivare la droga dalla fidanzata

Oltre alle dosi di cocaina e hashish, venivano chieste anche delle pasticche di ossicodone. La donna usualmente inviava la droga in carcere con occultamenti di vario tipo, spesso nascosta nei flaconi di creme per il corpo.

Polizia penitenziaria

I carabinieri hanno portato a termine una delicata indagine che ha permesso di scoprire un giro di droga destinata ad un detenuto nel carcere della Spezia che si trova dietro le sbarre perché indagato per omicidio. L’uomo, originario del Marocco, dalla sua cella faceva uso illecito di un telefonino per comunicare con la sua fidanzata italiana che vive a Carrara, fornendole precise istruzioni su come procurarsi la droga e su come fargliela arrivare nell’istituto di pena, utilizzando diversi espedienti per aggirare i controlli della Polizia Penitenziaria. È stato identificato e denunciato anche il pusher che forniva alla ragazza la droga da portare in carcere: per lui è scattato l’obbligo di firma in caserma. A conclusione di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica della Spezia, i carabinieri della Compagnia di Carrara hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari firmata dal Gip del Tribunale della Spezia nei confronti di tre persone (due in regime di arresti domiciliari e uno sottoposto all’obbligo di firma), gravemente indiziati, a vario titolo, del reato di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso. Negli ultimi mesi gli indagati avrebbero introdotto varie dosi di droga nel carcere spezzino, dove uno di loro si trova in custodia cautelare. Quest’ultimo, dovrà rispondere anche del possesso di un telefonino utilizzato abusivamente dentro l’istituto penitenziario per comunicare con l’esterno.

L’attività investigativa, è partita a gennaio di quest’anno, dopo il ritrovamento di alcune dosi di hashish e cocaina che la polizia penitenziaria della Spezia aveva trovato nascoste dentro un pacco spedito da Carrara, destinato ad un 30enne originario del Marocco che si trova dietro le sbarre da luglio dell’anno scorso poiché indagato per omicidio. Le dosi di droga si trovavano dentro alcuni flaconi di creme per il corpo, opportunamente confezionate per fare in modo che gli addetti al “filtraggio” non le trovassero. Ma evidentemente quell’ingegnoso sistema non aveva funzionato. Sospettando che quelle consegne andassero avanti da molto tempo e che si fosse innescato un meccanismo ben oliato per far arrivare la droga in carcere, è stata così avviata una meticolosa indagine affidata ai Carabinieri della Compagnia di Carrara, che hanno raccolto numerosissimi elementi attraverso attività tecniche, analisi di filmati e pedinamenti. Alla fine, i militari hanno ricostruito il metodo utilizzato dagli indagati per introdurre nell’istituto di penale le dosi di droga che venivano ordinate dal detenuto utilizzando un telefono abusivo, di cui l’uomo si è servito per mantenere frequenti contatti con la fidanzata italiana di 32 anni, comprese alcune videochiamate dalla cella. Oltre alle dosi di cocaina e hashish, venivano chieste anche delle pasticche di ossicodone, un farmaco vendibile solo con ricetta medica che è presente sul mercato dello spaccio perché può trasformarsi in uno stupefacente con effetti superiori a quelli dell’eroina.

Gli approfondimenti investigativi che sono proseguiti ininterrottamente per diversi mesi, hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza non solo a carico della fidanzata del detenuto, ma anche nei confronti di un pusher 29enne originario del Marocco, con precedenti specifici per spaccio di stupefacenti. Quest’ultimo, è accusato di aver procurato le dosi di droga alla ragazza del suo connazionale in carcere, che seguendo le istruzioni impartite per telefono dal suo fidanzato, aveva il compito di organizzare la spedizione delle sostanze illecite accuratamente nascoste nei pacchi contenenti effetti personali e generi alimentari destinati ai detenuti. In alternativa, come documentato dalle indagini, la ragazza portava la droga direttamente in carcere, nascosta sotto la mascherina chirurgica oppure sotto gli indumenti, per poi consegnarla al fidanzato durante i colloqui con lui, adoperando vari espedienti per eludere la sorveglianza. In concomitanza con l’esecuzione delle misure cautelari, i carabinieri di Carrara e i poliziotti penitenziari della Spezia hanno effettuato delle perquisizioni che hanno portato al ritrovamento di vari telefonini ritenuti utili per l’acquisizione di ulteriori elementi d’indagine. La 32enne, dopo la notifica del provvedimento, è stata sottoposta agli arresti domiciliari. Analogo provvedimento è stato notificato al 30enne già detenuto in carcere, mentre il suo connazionale 29enne, è stato sottoposto all’obbligo di firma. È doveroso precisare che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari e che i soggetti destinatari dei provvedimenti cautelari devono considerarsi non colpevoli sino alla condanna definitiva.

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