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Quisquilie e meraviglie

Quisquilie e meraviglie

I cavatori di portoro

Cava di portoro

Restò un attimo in silenzio, non voleva dirle bugie ma neanche raccontarle storie che l’avrebbero turbata: «Ci fu un incidente strano. Capitò a Livio, così si chiamava, un bel giovanotto in gamba, poi diventerà anche proprietario di una cava. S’era appena sposato. A quel tempo era già capo cava ma come al solito andò a dare una mano per caricare su un carro tirato dai cavalli dei lastroni che dovevano andare all’Acquasanta, che è un posto poco prima di Spezia dove c’era la segheria. I cavalli si mossero e a lui restarono le dita tra due massi. Gli altri riuscirono subito a sollevarne uno e lui estrasse la mano però la fede d’oro nuova nuova s’era schiacciata e gli stava venendo un dito come una melanzana, per colore e dimensioni, per fortuna qualcuno aveva in tasca una tenaglia, riuscirono a tagliare l’anello e tutto finì bene.» «Chissà che dolore! Però che buffo, a casa disegnerò una mano con un dito a melanzana. E l’anello?» «Spiegò tutto alla mogliettina, lo fece riparare lo infilò nella catenina che aveva al collo dai tempi della prima comunione e lo portò per sempre.» Sembrava contenta, poi seguendo il filo dei suoi pensieri: «Anche Ardito si fidanzò?»

«Sì, incontrò una bella ragazza, si fidanzò, si sposarono e andarono ad abitare alle Grazie. Quando smise di lavorare si comprò una barchetta e diventammo amici.

Mi raccontò queste storie delle quali io non sapevo nulla di nulla. Così poca distanza da casa, soltanto un po’ di mare in mezzo, e sembrano vicende di un mondo lontano come la luna.

Te ne racconto un’altra buffa, mi ha sempre fatto ridere e spiega meglio di tante chiacchiere come vivevano quelle persone. Ricordi, erano andati ad abitare in quelle casette su a Bondoni, fredde, l’acqua la prendono da una fontanella, poco cibo. Ognuno di loro però s’è portato da casa un bel pezzo di lardo, là dove sono nati lo sanno fare come nessuno al mondo, e a turno ne mettono un pezzo nella sbobba che si cucinano. Ma la fame è tanta, sono giovani e lavorano sodo.

Una notte uno si alza, al buio, e zitto zitto va al pentolone dove c’è la zuppa avanzata apposta per la cena seguente – ne cucinavano di più così da averla pronta per la sera successiva – immerge il cucchiaio e tira su un bel pezzo consistente, pensa di aver trovato la cotenna del lardo, torna nella sua branda e inizia felice a masticare.

Dopo un’ora che biascica si rende conto di avere in bocca una striscia di tela olona, un tessuto grezzo e resistente, con la quale chi aveva cucinato la sera prima s’era fasciato una ferita alla mano e che gli era caduta nel calderone.» «Ma che schifo! Però hai ragione, fa ridere. Ma non avevano altro da mangiare?» «Poco altro, oltre a quella zuppa fatta col pane secco, patate, verdure di stagione e il lardo. Ma al sabato saliva fin lassù la pescivendola, Anna si chiamava, era bionda e la sentivano arrivare da lontano perché urlava “A gh’è i pesci!” Una volta uno di loro provò a fare il minestrone col pesto, non si sa con cosa lo fece, fatto sta che venne così cattivo che neanche i cani lo mangiarono.» «Che vitaccia…» «Eh già, per fortuna a febbraio riescono ad aprire un CRAL.» «Cos’è un CRAL?» «Vuol dire Circolo Ricreativo Assistenza Lavoratori, li aveva creati subito dopo la guerra l’Ente Nazionale di Assistenza ai Lavoratori. Erano dei locali gestiti dagli operai stessi dove si potevano mettere in pratica varie attività: mense, spacci di generi alimentari e di cose di prima necessità, organizzare le colonie per i figli, fornire aiuti sanitari, provvidenze contro gli infortuni, buoni acquisto che si potevano rimborsare poco alla volta, potevano anche distribuire pacchi viveri a chi ne aveva bisogno e altro ancora.

Lì a Bondoni è soprattutto un posto dove possono riunirsi, riposare, bere qualche bicchiere di vino, giocare a carte, mangiare noccioline americane che chiamano pistacchi e cantare le romanze delle opere liriche che tutti sanno a memoria, perché era la musica pop dell’epoca. Per il 25 aprile decidono di organizzare una festa. Sale gente anche dai paesi sul mare, a tutti danno una bandierina rossa da appuntare sul petto. Riescono ad avere un giradischi e tre dischi, si balla. Cuociono salsicce e acciughe sulla griglia. È un successone, la replicano il primo maggio e per molti anni a venire. E lì, in quella festa, Ardito conosce Lucia, la ragazza che sposerà, e per la quale non lascerà più questi posti dove pensava di fermarsi solo sei mesi.» «È una bella storia, e guarda, ho trovato il pezzo di portoro per il tuo portachiavi. Te lo sei meritato, va.»

La prese per le spalle, la strinse al suo fianco e si avviarono verso il pontile. Il vaporetto stava arrivando.

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