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I misteriosi e affascinanti Mamutzones sardi ospiti della Fiera di San Giuseppe

S’Urtzu, il prescelto, corre all'impazzata cercando di sfuggire a Su Omadore che, invece, lo tiene stretto con sa soghitta, finché non arriva al punto del sacrificio. Qui i Mamutzones lo circondano, girano in senso orario e proseguono a danzare con l'incalzante ritmo cadenzato dai campanacci...

Mamutzones di Samugheo

Domenica 24 aprile i Mamutzones di Samugheo invaderanno la Spezia per irrompere, alle 16.30, nel pieno della Fiera di San Giuseppe. Le maschere antropomorfe tipiche del paese della Barbagia del Mandrolisai, sfileranno quindi per il centro e insceneranno i riti dionisiaci sotto gli occhi delle decine di migliaia di turisti e visitatori della più grande fiera d’Italia. La fiera di San Giuseppe ritorna dal 22 al 24 aprile a ridosso della Pasqua non nei tradizionali giorni, attorno al 19 marzo, ricorrenza di San Giuseppe patrono della città.

“Saranno una ventina i figuranti che in una città invasa da migliaia di persone in festa vestiranno i panni dei ‘Mamutzones’, di ‘S’Urtzu’ e de ‘Su Omadore’ per farsi largo tra la folla in un’atavica danza ritmata dall’incalzante suono dei campanacci – spiega Roberta Porceddu, responsabile culturale del Circolo sardo- spezzino Grazia Deledda – Il contrasto fra le maschere che rievocano culti ancestrali e l’atmosfera di festa che invaderà la città sarà indubbiamente forte. Ma la Fiera di San Giuseppe è un’occasione che non potevamo perdere per far conoscere fuori dall’isola il nostro ineguagliabile patrimonio storico culturale. L’accensione di un falò, alle 16.30, nella centralissima Piazza Cavour, darà inizio alla nostra manifestazione”.

La maschera de su Mamutzone è una maschera che ha origini antichissime, con il suo rito dionisiaco ripercorre il ciclo della vita stessa. Ovvero vita, inseminazione, morte e rinascita. “Questo è ciò che ci hanno tramandato i nostri anziani del paese di Samugheo – spiega Andrea Macis storico componente dell’associazione culturale I’ Mamutzones – Appartenenti ad una cultura agro pastorale, essi eseguivano questo rito dionisiaco la notte di sant’Antonio Abate che da noi a Samugheo si festeggia il 16 gennaio. Il rito si svolgeva intorno al fuoco come segno di buon auspicio per le colture, il bestiame e per tutto quello che riguardava la vita stessa”.

“Le figure della maschera sono tre – continua Macis – La prima è Su Mamutzone. È vestita con una mastrucca di pelle di capra lunga sino alle ginocchia, un copricapo fatto in sughero, sormontato con delle corna caprine e rivestito di pelle di capra che prende il nome su casiddu. Sulla schiena porta un grappolo di campanacci che gli avvolgono tutto il busto, usa gambali di cuoio e scarponi pesanti fatti a mano detti cazzolasa de orroppu. Su Mamutzone porta con sé anche un bastone chiamato sa mazzola. Sul viso si spalma della fuliggine ottenuta dal sughero bruciato e bagnato con acqua, in modo da nascondere le sue sembianze.

La seconda figura è quella de Su Omadore. Indossa un cappotto di orbace nero con un cappuccio abbassato sul viso, anch’esso annerito dalla fuliggine. Porta pantaloni in velluto, gambali di cuoio e scarponi cazzolasa de orroppu. Ha con sé una zucca, lavorata e utilizzata come contenitore, colma di vino. Anche lui è munito di un bastone detto mazzola.

La terza figura è quella de S’Urtzu che come le altre due ha il viso annerito dalla fuliggine. Indossa una intera pelle di capro, completa della stessa testa del caprone. Ha un grosso campanaccio intorno al collo, dei gambali in pelle di pecora, una pettorina sempre in pelle di pecora, scarponi cazzollasa de orroppu e, alla vita, esibisce una corda in pelle detta sa soghitta“.

I Mamutzones così addobbati sono pronti a dare inizio al rito dionisiaco. Esso prevede che S’Urtzu, quale anima sacrificale prescelta per il sacrificio a Dionisio, venga tenuto a bada lungo il suo percorso sacrificale da Su Omadore. S’Urtzu viene accompagnato nel suo percorso dai Mamutzones che lo seguono con un passo cadenzato in modo da creare con i campanacci un rumore stringente, unico e forte. Questo rumore serve per tenere lontani gli spiriti del male durante tutto il rito.

S’Urtzu, il prescelto, corre all’impazzata cercando di sfuggire a Su Omadore che, invece, lo tiene stretto con sa soghitta, finché non arriva al punto del sacrificio. Qui i Mamutzones lo circondano, girano in senso orario e proseguono a danzare con l’incalzante ritmo cadenzato dai campanacci. S’Urtzu giunto al momento sacrificale sceglie tra la folla una giovane donna, la porta con sé al centro del cerchio e simula l’atto sessuale, “l’inseminazione”; dopo di che, lascia andare la donna e cade a terra morto. A questo punto i Mamutzones uno ad uno si levano il copricapo (casiddu). Quando tutti lo hanno tolto Su Omadore versa davanti a S’Urtzu il vino contenuto nella cruccuriga. S’Urtzu rinasce e torna a correre in mezzo alla folla. Ha termine così il rito arcaico rappresentante il completo ciclo dell’esistenza: vita, inseminazione, morte e rinascita”.

La sfilata dell’Associazione culturale “I’ Mamutzones de Samugheo”, guidata dal presidente Igor Saderi, partirà da Piazza Cavour alle 16.30, per percorrere via Chiodo, Via del Prione, Via Dei Mille e rientrare, infine, su Piazza Cavour. La Spezia farà così da palcoscenico ad una manifestazione che è riduttivo definire folkloristica: per chi non li ha mai visti dal vivo, i Mamutzones di Samugheo riservano con la loro danza trascinante e arcaica irripetibili momenti di emozione, coinvolgimento e magia.

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