Una storia spezzina

Una storia spezzina

La Spezia di un secolo fa aveva già più abitanti di oggi

A volte mi chiedono come si vivesse qua alla Spezia cento anni fa dopo la fine della Grande Guerra. Sembrerebbe domanda di facile risposta data la precaria situazione economica raccontatami dai nonni: poco lavoro, ma chi era stato al fronte voleva essere ripagato per le sofferenze patite, legittime richieste puntualmente inevase.

Il tutto ingenerava una forte tensione sociale che si traduceva in agitazioni, scontri, manifestazioni di piazza sempre più rovinosi. Non che fosse una cosa specifica della Spezia; la stessa situazione si verificava in tutto il Paese, sia nei centri industrializzati che nelle aree agricole. Insomma, uno stato di crisi che era drammatica normalità.

Sembrerebbe, dunque, una risposta facile a darsi se non intervenisse il dato demografico a consigliare cautela e attenzione nell’analisi.

Infatti, i numeri pubblicati dall’Ufficio statistico del Comune e pubblicati dalla stampa locale, danno al 1° gennaio 1920 una popolazione civile di 85.888 abitanti cui si sommano 9.976 persone di guarnigione.

Nel corso dell’anno il saldo nascite morti dà un risultato positivo di 644 unità cui se ne aggiungono altre 1.174 del saldo migratorio. Questo numero fa dire all’articolista che “proverebbe che la crisi di lavoro è meno sensibile da noi che altrove”. Per queste cifre la popolazione civile alla fine del ’20 assomma secondo il quotidiano a 87.701 abitanti, cifra non esatta ma si sa che negli articoli si sprecano i refusi con le somme e del resto la differenza è minima. Se si aggiungono i 5.212 militari di guarnigione ecco il bel totale di 92.918 abitanti, numero a cui non credo si arrivi oggi.

Come spiegarsi la bella cifra con la situazione lavorativa non altrettanto soddisfacente?

È certo che un bel ruolo lo giocano i militari che sono di stanza nel Golfo. Si pensa subito alla Marina ma non va dimenticata la presenza di un reggimento di fanteria (da più di dieci anni era il 21° che resterà qua fino al ’40) e dell’artiglieria da costa. Quei fanti non erano numerosi come i marò ma contribuivano ad alzare il totale che va sotto la voce “guarnigione”. Se da inizio a fine anno il loro numero si dimezza, resta una cifra ragguardevole, pari ad un 5,6% sul totale, senza contare che nella “guarnigione” non sono conteggiati i familiari dei militari di carriera.

Erano soldi, pochi ma sicuri. Dove finissero è presto detto: i servizi che la città forniva ai soldatini (ristorazione, assistenza, divertimento) assorbivano quel che stava nelle loro tasche.

Di quanto contassero i militari per l’economia cittadina, ce ne siamo accorti quando la leva è stata abolita.

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