Testo apparso ne I Ragazzi di Piazza Brin, n .3, 2004.
C’ero anch’io la mattina del 6 maggio 1956 alla inaugurazione della originale fontana di piazza Brin, pregevolissima opera ideata dal famoso scultore friulano Mirko Basaldella (1910-1969), autore tra l’altro della cancellata bronzea del mausoleo delle Fosse Ardeatine a Roma. La biografia testimonia la ragguardevole personalità dell’artista udinese, cresciuto in una famiglia strettamente unita dalla vocazione per l’arte, che accomunava Mirko ai fratelli Afro (1912-1976), pittore, e Dino (1909-1977), anch’egli scultore. Mirko, rinomato ed apprezzato in Italia e all’estero, ha ricevuto consensi per l’estrosità delle forme, per la libertà immaginativa e per la squisita modernità delle sue opere, che nel rapporto con lo spazio acquistano una energia magicamente suggestiva.
Quella mattina, nella affollata e soleggiata piazza Brin la sorpresa fu generale e di lunga durata. Era veramente una novità l’insolita stele, formata da numerosi incavi, elegantemente avvolta da variopinti e decorativi mosaici, caratterizzata da una solenne verticalità che proiettava lo straordinario “obelisco” verso l’infinità del cielo. Sulle voci di dissenso prevalsero quelle di franca approvazione. La chiesa della Scorza, già bella con la caratteristica facciata non rivestita, sembrava acquistare ancora più luce e bellezza dalla coreografica fontana, vivacizzata da ininterrotti e, spesso, irregolari spruzzi d’acqua. Così lo spettacolare ed attraente “totem” rifiniva e valorizzava i frequentatissimi giardini.
Piazza Brin aveva in quegli anni (non so quante altre città possedessero opere simili) un’importante testimonianza, che documentava nella più bella piazza della città i nuovi tempi dell’arte, già allora sottoposta a svolte e proclami che incitavano al rinnovamento del linguaggio. Era infatti normale per chi ammirava la fontana rilevarne la modernità e tale attributo veniva quasi sempre declinato con l’eccentrico, il trasgressivo, lo stravagante.
La fontana di Mirko, invece, è un prelibato frutto della intelligente creatività del celebre scultore e, come ogni sua opera, la modellazione fortemente umanizzata è mirata “a trasmettere idee, evocare sentimenti, rievocare miti arcaici, raccontare la vita delle cose e degli uomini”. La modernità della familiare e festosa fontana risiede inoltre nella capacità di muovere riflessioni, di scuotere la nostra sensibilità, di alimentare un duraturo dialogo, di indurci a scoprirne le voci. E non è un caso se, sorprendentemente, Mirko Basaldella la intitolò Vocalità*.
Dal mese scorso, finalmente, dopo un radicale restauro, la fontana si ripropone agli spezzini nell’originaria e giovanile bellezza ed i segni di quasi cinquantanni di vita sono totalmente scomparsi.
Nella popolare piazza è mutato rapidamente il tessuto della spezzinità, oggi allargato all’auspicabile contributo di uomini e donne di lontani paesi e di ben altre culture e tradizioni, ormai stabilmente insediati nel quartiere umbertino, che ha nell’amato dono di Mirko un simbolo della sua recente storia. Intorno a questa opera, così lontana dalla drammatica espressività di altre importanti realizzazioni dell’artista, tantissime famiglie di piazza Brin hanno trascorso ore felici e rilassanti, giovandosi della autorevole e amichevole presenza di questo insolito e ammirabile testimone. Sarebbe, quindi, imperdonabile fermarsi soltanto ad ammirare più o meno frettolosamente la fontana di Mirko: noi spezzini e, ancor più chi nel suo cuore continua riservare uno spazio a piazza Brin, deve amarla, nella consapevolezza che essa rappresenta un bene culturale da difendere e un indelebile simbolo del proprio vissuto. Nel mio, ovviamente, è ben impressa.
*Nel 1953 Mirko aveva realizzato due sculture in bronzo, dai titoli Le voci e Le piccole voci, chiaramente ispiratrici della fontana di piazza Brin.