LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Una storia spezzina

Una storia spezzina

Quando un giovane Pasolini soggiornò sul Golfo dei Poeti e ne tratteggiò le bellezze

Pier Paolo Pasolini

Ieri, 5 marzo, ricorreva il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini. Non serve dire l’impatto che ebbe la sua produzione sulla cultura italiana. Voglio solo ricordare un suo soggiorno sulle sponde del Golfo che avvenne nel primo dopoguerra quando l’editore Bompiani invitava alla Rupe Canina, una villa che dal poggio di Lerici domina il Golfo. Molti furono invitati in quella dimora dove alimentarono una piccola ma vivacissima vita culturale iniziando una “moda” che da lì a breve
sarebbe continuata a Bocca di Magra e a Fiumaretta. Pasolini fu lì negli ultimi anni Quaranta. Il soggiorno lericino lo ricorda in otto versi sciolti, privi di una caratterizzazione metrica, che inserisce in un libro di poesie pubblicato nel 1958, silloge di poesie scritte molto prima. Il libro ha un titolo curioso: “L’usignolo della Chiesa Cattolica”. L’uccellino è la metafora del poeta che si rivolge alla struttura religiosa dalla quale si sta staccando, per essere chiarito su alcuni concetti, come
quello di “peccato”, che rappresentano i suoi dubbi e le sue incertezze esistenziali.

Pier Paolo Pasolini (foto www.roadtvitalia.it)

In questo contesto molto speculativo, gli otto versi lericini calano come una pausa che concede un attimo di requie alle problematiche che lo agitano. Infatti, nelle poche linee si vede solo la bellezza della natura che avvolge chi la osserva facendogli dimenticare problematiche e incertezze che sono riscattate dal fascino che il paesaggio intrattiene ammaliandolo il giovane Pasolini. Nei primi quattro c’è il panorama all’alba: il rilievo che circonda il borgo, ricco di piante di ulivo che la prima luce tinge d’altro colore, è incerto nelle linee del suo profilo. Il vaporetto arriva dalla città tutta illuminata che bene si vede al centro dell’insenatura. Il vento che si agita nel cielo non ancora assolato, non è più gelido. Ed ecco che si apre inaspettata un’altra scena. La soluzione alle inquietudini la porta Shelley, il mito, la saga, l’allegoria, che con la sua “barca” arriva fino alla sponda opposta di Porto Venere riempiendola con la sua presenza. Il mondo ne è illuminato, il buio della notte s’è dissolto, ogni cosa adesso appare chiara, distinta, netta nel suo profilo. Che cosa rappresenta il buon Percy? È il simbolo della poesia, quella che avevano già detto essere capace di vincere di mille secoli il silenzio, unico strumento capace di soddisfare il dubbio che ogni mortale si porta dentro e di dare pace all’animo incatenato dall’incertezza. Si può dissentire da questa idea ma che essa sia stata espressa dopo aver visto il mattino nel porticciolo di Lerici, pare cosa da sottolineare nel centenario della nascita di PPP.

L’Italia, cap. III, vv. 1-8, in L’usignolo della Chiesa Cattolica, Longanesi, 1958
… Fresco tremava il monte di Lerici d’olii azzurri // davanti al battello tra le luci della Spezia. // mentre
l’inverno accarezzava l’alba // con mani dolci di brezze, amare di sole.
E la baia di Shelley come in una stampa // dove il verde si stinge nell’azzurro // approdando accorava
l’aria di Portovenere; // poi sorse il mattino e tutto fu bianco.

Più informazioni
leggi anche
Angelo Maddalena
Alle 21
‘ll canto degli invisibili, Pasolini addio’ al Distrò
Pasolini
Ingresso gratuito
Sarzana celebra Pier Paolo Pasolini con “Una lettura popolare”
La baia di San Terenzo e Lerici
Reportage
Giugno 1959, Pasolini sul golfo: “Una fra le più belle domeniche della mia vita”