No alla vendita, no allo spacchettamento, no ad accordi internazionali che portino la governance fuori dall’Italia. I lavoratori dello stabilimento Leonardo della Spezia chiamano a raccolta la città per difendere la storica fabbrica della Melara, sempre più al centro di voci che la vorrebbero ceduta insieme a tutta la business unit Sistema Difesa. Le pretendenti, com’è noto, sono il consorzio franco-tedesco KNDS e l’italiana Fincantieri, che lo scorso mese avrebbero terminato la due diligence e ora potrebbero presentare offerte d’acquisto vincolanti a stretto giro di posta.
“Pensare di vendere l’ex Oto Melara per fare cassa, e ottenere in cambio un 15 % del prossimo consorzio per il carro armato europeo di nuova generazione, è inaccettabile. L’Italia deve tornare a fare una vera politica industriale, non può pensare di cedere un’azienda così strategica. Se le scelte non andranno nella direzione che auspichiamo, siamo pronti alla mobilitazione”. Così Luca Comiti, segretario provinciale CGIL, chiude l’assemblea pubblica organizzata dai sindacati confederati presso l’Urban Center del Teatro Civico.
L’invito era esteso ai rappresentanti della città nelle istituzioni. La risposta è massiccia. Da Roma arrivano i deputati Lorenzo Viviani e Manuela Gagliardi, la senatrice Stefania Pucciarelli che è anche sottosegretaria alla Difesa. C’è anche il sottosegretario Andrea Costa, mentre Raffaella Paita rimane bloccata in autostrada mentre raggiunge la città.
Da Genova ecco i consiglieri Gianmarco Medusei, Davide Natale e Roberto Centi. La vicesindaca Giulia Giorgi rappresenta la giunta, mentre del parlamentino cittadino ci sono il presidente Giulio Guerri, Guido Melley e Federica Pecunia. C’è il segretario provinciale del Partito Democratico Iacopo Montefiori, manda emissari dalla segreteria anche Rifondazione Comunista. Invitato anche il ministro Andrea Orlando, che non può essere presente, ma la prossima settimana terrà un incontro in videoconferenza con le rsu.
“Sappiamo di non poter rimanere chiusi in noi stessi, che il futuro è una Difesa europea – dice Riccardo Bronzi della UILM -. Ma entrare con il 15% significherebbe non contare nulla. Di fatto, per l’Italia, perdere un’azienda strategica”. Per i sindacati, il tentativo di Leonardo di “fare cassa” con la cessione, abbandonando il settore delle artiglierie, dei siluri e del munizionamento per finanziare l’acquisto di partecipazioni in aziende straniere attive nell’elettronica, sarebbe particolarmente miope visti gli ultimi sviluppi internazionali.
“In un weekend è cambiato il mondo – osserva Mattia Tivegna della FIOM -. Quello che succede in Ucraina ci dimostra che c’è ancora chi può portare la guerra ai nostro confini. Una guerra di invasione a cui l’Europa ha reagito con unità. L’Italia non può vendere un asset fondamentale dell’industria della difesa proprio in questo contesto”.
Tanto più se, dicono i sindacati, l’accordo che ne esce mette l’Italia in minoranza. Si richiama alle ricadute sugli altri stabilimenti minori della business unit: Livorno, Brescia e Napoli. “Vi ricordo quello che hanno fatto i francesi con la Fincantieri – ricorda Graziano Leonardi della UILM -, quando questa voleva comprare STX. Ha bloccato la cessione, poi ha prestato un 1% e infine il progetto è naufragato. Perché l’Italia non dovrebbe difendere una propria azienda invece?”.
Dalla politica parole di vicinanza e la promessa di far valere il peso dello Stato, che controlla una quota del 30% di Leonardo con il Ministero delle Economie e delle Finanze. “Che questa non sia una passerella – conclude Comiti -, ma un impegno a continuare la difesa dell’ex Oto Melara, sia a livello parlamentare che sindacale”.