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Sprugoleria

Sprugoleria

Ode alla farinata

Una teglia di farinata della Pia

Chi mi segue sa bene quanta passione io nutra da sempre pe a fainà, la deliziosa torta bionda e sottile che è sempre un piacere degustare appena uscita dal forno e poi sentirsela squagliare in bocca mentre l’addenti avido per farla tua.
Il mio sentimento che non fu mai banale infatuazione ma in ogni tempo passione vera, non l’ho mai celato.
Neppure ho avuto ritegno svelando che il più dei miei incontri con a fainà si consumava in un locale che ad un certo punto avrebbe assunto il nome di “la Centenaria” per ricordare che era un secolo che svolgeva tale ruolo.
Ma non credo di essere l’unico a rammentare questa liaison dato che non c’è suddito di Sprugolandia che non abbia manifestato pari profondo affetto pe-a fainà, divorata magari dopo averci prima grattugiato sopra qualche pallina nera, così tanto per aggiungere un po’ di pepe alla relazione.
È così ovvio che per accontentare che per accontentare tutti i fruitori, di negozi che vendevano il succulento piatto ce n’era più d’uno. Erano tempi in cui il fast food era esclusivamente nostrano e non guardava oltre Oceano. Non esistevano ancora, insomma, gli esercizi che danno panini di forma tonda con una polpetta di carne tonda sovrastata da una fetta di pomodoro tonda e tanti semini sopra la parte superiore del panino tutti disposti a raggiera. E poi te lo portano su un vassoio indovina di quale forma.
Allora era folla quella che si accalcava davanti al forno aspettando ansiosa che la teglia venisse estratta dal suo alveo affocato per poi vedere la lama del coltellaccio tranciare con rapidi colpi a fainà riducendola in tante fette triangolari. E tutti intorno a dire “c’ero prima io”, ognuno pronto alla rissa pur di non perdere lo jus di accedere per primo alla calda fragranza.
Poi i gusti si sono modificati e non pochi degli antichi esercizi sono spariti, trasformati magari in una cineseria. Certo, c’è chi resta come l’immortale Pia, ma oggi chi si ricorda ancora del Sacrista?
Non ho mai saputo il perché del suo nome, può essere possibile che un farinatero sia anche sacrestano, ma frequentavo pure quello con una certa assiduità ché non era distante da dove sposini abitavamo.
Il Sacrista stava in un ampio fondo all’angolo di corso Cavour e via Bixio e fungeva anche da trattoria, Godeva di una clientela non indifferente, dai fans de pissa e fainà a chi si fermava per farsi l’aperitivo: un goto de vin gianco e doa anciüe frite e anca a vote ‘n toco de fugassa che la fa sempre ben.
Poi, per le cose del tempo, hanno chiuso bottega e dopo un po’ il fondo è diventato studio dentistico.
Sempre di masticazione si tratta.

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