Dalla soddisfazione di molti per la possibile rinuncia di Enel al progetto di centrale a turbogas alla Spezia si può passare nel giro di poche ore al timore di un ritorno del carbone. Se ieri infatti si apprendeva del mancato inserimento dell’impianto proposto a Vallegrande nelle aste del Capacity market 2024 (leggi qui), questa mattina lo spettro del ritorno al passato ha fatto capolino in seguito all’avvio dei bombardamenti russi in terra ucraina.
“Ora bisogna mettere in sicurezza energetica il Paese. Riaprire subito le centrali a carbone come ha fatto la Germania e aumentare l’estrazione del gas nazionale. Senza indugio e senza ostacoli burocratici“. Queste le parole che Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, ha affidato poco prima delle 11 a Twitter, scatenando la preoccupazione tra molti spezzini.
Si tratta in realtà di concetti già detti e ripetuti nei giorni precedenti, che suonano però in maniera assai differente nel primo giorno di guerra, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che proprio in quelle ore convocava il Consiglio superiore di difesa, con il primo ministro Mario Draghi e i ministri strategici. E’ in quella sede infatti che i vertici dello Stato avrebbero potuto prendere la decisione di ricorrere nuovamente al carbone per produrre energia elettrica a basso costo.
Il gruppo a carbone della Eugenio Montale ha ha cessato la sua attività poco dopo la mezzanotte del 22 dicembre scorso, qualche giorno in anticipo rispetto alla data limite del 31 dicembre 2021 sulla quale era arrivato l’ok da parte del governo dopo il rinvio di 12 mesi prima.
A due mesi dallo spegnimento, quindi, spunta la possibilità di una riaccensione. Tecnicamente la centrale potrebbe ritornare a produrre energia bruciando carbone ma servirebbe un decreto motivato da ragioni di sicurezza energetica nazionale, oltre a una revisione delle autorizzazioni e a un cospicuo rifornimento di combustibile, esaurito proprio nella notte del 22 dicembre. E anche in questo caso, anzi, soprattutto in questo caso, non ci sono varianti al Piano urbanistico comunale che tengano.
A due mesi dallo spegnimento, quindi, spunta la possibilità di una riaccensione. Tecnicamente la centrale potrebbe ritornare a produrre energia bruciando carbone ma servirebbe un decreto motivato da ragioni di sicurezza energetica nazionale, oltre a una revisione delle autorizzazioni e a un cospicuo rifornimento di combustibile, esaurito proprio nella notte del 22 dicembre. E anche in questo caso, anzi, soprattutto in questo caso, non ci sono varianti al Piano urbanistico comunale che tengano.
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