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La cerimonia in piazzetta martiri delle foibe

“Dove un tempo c’erano più di 50 famiglie oggi ce ne sono solo tre, ma il ricordo non verrà mai meno”

La deposizione della corona di fiori in uno dei luoghi-simbolo: "Perchè tutti sappiano che cosa rappresenta per la città il Villaggio Nazario Sauro". Poi il consiglio comunale straordinario: "Un silenzio rotto dopo settant'anni dall'assunzione di una comune e civile coscienza storica".

Peracchini al Giorno del Ricordo

“Il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo, un momento importante del nostro calendario Civico per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Alla presenza delle principali autorità cittadine, anche la città della Spezia ha celebrato questa mattina l’annuale appuntamento con la solennità civile nazionale celebrata ogni 10 febbraio dal 2004 per non dimenticare i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata. Il sindaco della Spezia Pierluigi Peracchini ha parlato di una “pagina buia caduta nell’indifferenza e nel disinteresse per troppi decenni nella storia italiana, mentre ad oggi deve essere conosciuta e studiata a partire dalle testimonianze di chi ha vissuto quegli orrori”. La deposizione della corona in piazzetta Martiri delle Foibe è stata molto sentita e toccante proprio per la presenza dei figli delle vittime di quella persecuzione la cui commozione è data proprio da quegli anni in cui la storia delle loro famiglie era caduta nell’oblio. “Non possiamo più permetterlo – ha aggiunto nel suo discorso il primo cittadino -. La presenza doverosa delle istituzioni deve essere anche accompagnata da processi di conoscenza e informazione perché le sofferenze degli istriani, fiumani e dalmati non devono mai più essere dimenticate o sottostimate, e perché rimanga un monito perenne contro tutti i regimi totalitari. Proprio a garanzia di questo, è stato ripristinato oggi un cartello esplicativo, modificato in chiave storica, per non dimenticare la storia di tante italiane e tanti italiani che furono vittime o riuscirono a scampare miracolosamente a quella che è riconosciuta come una pulizia etnica degli italiani. Un simbolo non una semplice indicazione, perché tutti sappiano che cosa rappresenta per la città il Villaggio Nazario Sauro, nel quartiere di Mazzetta, costruito con gli aiuti Unrra e consegnato alla fine del 1954, assegnato quasi totalmente alle famiglie dei profughi dell’esodo delle terre d’Istria, Fiume e Dalmazia e dedicato alla memoria di Nazario Sauro, eroe della Grande Guerra e dell’Irredentismo Giuliano-Dalmata”. Presenti, come detto, i discendenti delle famiglie che arrivarono proprio alla Spezia in quei giorni tumultuosi sul confine italo-jugoslavo. “Da nipote e discendente di esuli istriani questa mattina ero presente per la Commemorazione in Piazzetta Martiri delle Foibe alla Spezia, nel luogo che ha accolto gli esuli Giuliano dalmati – ha aggiunto Oscar Teja, consigliere comunale  -. Dove un tempo c’erano più di 55 famiglie oggi ce ne sono solo 3, ma il ricordo e la memoria non viene e mai verrà meno. Ci sono voluto decenni per fare luce su una tragica pagina della nostra storia nazionale, fino al 2004 l’amaro destino dei miei nonni, parenti e di tanti italiani era passato in sordina.  Pochi gli studi dedicati a fare chiarezza, tra cui il film del 2018 Red Land (Rosso Istria) che racconta anche della tragedia di Norma Cossetto. Si deve ricercare una pacificazione sul tema, superando congetture e le piccole frange di negazionisti che non riconoscono la legittimità della commemorazione delle foibe e dell’esodo che è nazionale. È questo il mio personale impegno da cittadino, da discendente di esuli e da Presidente della 4ª Commissione Cultura del Comune della Spezia”.

Oscar Teja e Andrea manco

E nell’intervento con il quale ha aperto i lavori del consiglio comunale straordinario dedicato al Giorno del Ricordo, svoltosi in videoconferenza con la partecipazione e il contributo di tanti studenti, il presidente Giulio Guerri ha sottolineato i tre aspetti della tragedia vissuta dagli italiani giuliano-dalmati: la barbarie delle persecuzioni e dei massacri, il dolore di un esodo forzato e la vergogna del silenzio che per decenni ha avvolto questa vicenda storica. “Negli anni che hanno preceduto e seguito l’affermazione in Venezia Giulia e Dalmazia da parte delle formazioni di Tito, le popolazioni italiane di quei territori furono bersaglio di una serie di crimini compiuti allo scopo di punire, terrorizzare e infine cacciare una comunità identificata come nemica solo per il fatto di essere, appunto, italiana. Migliaia di nostri connazionali furono rapiti, seviziati e uccisi. Molti di loro furono gettati in fondo al mare o nelle foibe. Si realizzò – prosegue Guerri citando il rapporto della Commissione culturale Italo-slovena – “un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell’avvento del regime comunista e dell’annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo”. Un aspetto, questo, che Guerri ha ulteriormente sottolineato ricordando gli italiani antifascisti e protagonisti della Resistenza che furono fra le vittime degli orrori compiuti dai comunisti jugoslavi e descrivendo l’esodo di massa che in meno di dieci anni coinvolse centinaia di migliaia di italiani, costretti a fuggire dalle loro città e dai loro villaggi. Guerri ha ripercorso i momenti della diaspora degli italiani giuliano-dalmati, i sacrifici e le difficoltà da loro affrontati per ricominciare una nuova vita, come esuli, nelle città italiane in cui erano immigrati. “Qui alla Spezia le famiglie inizialmente e per lungo tempo allocate nella caserma “Ugo Botti” di Ruffino, ebbero la casa – ha ricordato Guerri – con la costruzione dei condomini del villaggio di via Lunigiana e di via Proffiano a Rebocco”. Guerri ha concluso il suo intervento mettendo in evidenza come, a tutte queste sofferenze patite, si sia aggiunta per decenni la volontà di relegare nell’oblio la vicenda che aveva segnato la vita di questi esuli e delle loro famiglie. “Un silenzio – ha affermato Guerri – che dopo settant’anni è stato rotto dall’assunzione di una comune e civile coscienza storica, che riconosce e commemora quei fatti e sente giungere da essi un severo monito per poter costruire una società che, bandendo ogni forma di violenza, dittatura e discriminazione, sappia porre al centro l’essere umano, la sua dignità, l’inviolabilità della sua persona e dei suoi affetti, il suo diritto di vivere e progettare il futuro nel segno della libertà, della pace, della democrazia e della fratellanza”.

A margine della giornata istituzionale del Giorno del Ricordo, ci sono i commenti della politica. A partire dalle parole di Lorenzo Viviani, commissario della Lega per la provincia spezzina: “E’ importante mantenere accesa la luce della memoria su una tragedia troppo spesso dimenticata. In memoria delle vittime innocenti delle foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati italiani, strappati dalle loro terre e vittime di persecuzione che hanno subito anche la punizione degli insulti e dell’indifferenza perché la loro storia era stata mistificata e nascosta dai libri di storia. Importante ricordare soprattutto alla Spezia, città che ha avuto un ruolo importante nell’accogliere moltissime famiglie di esuli, qui hanno vissuto e vivono i loro figli e nipoti. Questa storia deve essere parte della nostra coscienza da tramandare alle future generazioni”. Sulla stessa falsariga la collega di partito Stefania Pucciarelli, Sottosegretario di Stato alla Difesa: “Un monito vivo e duraturo sui pericoli delle derive ideologiche nel cui nome sono state perpetrate brutali crudeltà; comportamenti disumani dolorosamente consegnati alla storia, compiuti sotto la spinta di fatue convinzioni, esasperate e distorte, alimentanti discriminazioni viscerali, condanne sommarie e persecuzioni spietate dell’altro per la sola ragione del suo
essere tale. Nel rammentare che per i connazionali della Venezia-Giulia, dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia coinvolti in quelle turbolente fasi storiche tra l’8 settembre 1943 e il 1947 – perfino oltre, per quanti ne soffrirono, anche con la morte, le conseguenza di torture, deportazione e prigionia – il tema della ridefinizione del
confine orientale italiano fu motivo di feroci rappresaglie e indiscriminata pulizia etnica, il Sottosegretario ha rievocato anche “la tragedia del massiccio esodo forzato a cui dovettero ricorrere un numero impressionante di cittadini di lingua italiana e di pari nazionalità o di nazionalità mista, slovena e croata, quale unica alternativa alla morte. Come ebbero a sottolineare i Capi dello Stato protempore, Carlo Azeglio Ciampi nel 2005 in occasione delle prime commemorazioni, e Giorgio Napolitano in quelle del 2007: ‘questi drammatici avvenimenti formano parte integrante della nostra vicenda nazionale; devono essere radicati nella nostra memoria; ricordati e spiegati alle nuove generazioni’ perché in quelle vicende ‘si intrecciarono giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento”.

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