Le contraddizioni fra le varie ricostruzioni cartografiche che riporta Cevini, si notano ancora nella pianta che inserisce per illustrare la situazione della città nell’anno 1885 e che compare alla pagina 132 del suo libro. Non è citata la fonte a cui attinge e questo induce a pensare che qualche difficoltà è intervenuta nella preparazione della mappa. La Sprugola ha l’aspetto “a due laghi” che abbiamo già visto altre volte. Quello occidentale è di maggiori dimensioni ed è quello che di fatto costituisce l’invaso. L’emissario che ne fuoriesce, dopo un tratto rettilineo piega con una netta curvatura verso il basso in direzione della via Raffaele De Nobili.

Appena tocca questa via, ecco che immediatamente scompare del tutto in prossimità di un fabbricato che sta dirimpetto all’edificio che ha l’entrata da via dei Mille e che abbiamo citato per i bassorilievi delle ninfe con relative iscrizioni che stanno sulla facciata laterale del palazzo che dà sulla via Colombo. Da quel tratto rettilineo del braccio che ne scaturisce fuori, a metà circa del suo percorso, parte il breve tratto di un emissario il cui corso si dirige verso settentrione per “gonfiarsi” in un laghetto dalla circonferenza quasi perfetta. È in via Colombo addossato a un edificio che sta sul lato della strada che dà sulla piazza del mercato.

Dove era situato il lago più grande, oggi la toponomastica stradale ricorda l’antica presenza di quell’invaso chiamando «vicolo della Sprugola»: un misero budello cieco fatto a forma di “elle” che si apre inserendosi fra i numeri 5 e 7 di via Fratelli Rosselli, quasi all’angolo con il viale Amendola. Il vicolo che è lungo in tutto una quindicina di metri circa, porta solo tre numeri civici (i dispari 1 e 5 sono gli unici visibili) ed ospita unicamente magazzini, presumibilmente appartenenti agli operatori del mercato. Ne ridiremo a breve.

Nella carta, il canale che viene giù dalla Chiappa, con qualche diramazione, arriva scoperto fino alla punta bassa della piazza del mercato, nel suo lato orientale verso i Colli. Un suo ramo minore che scaturisce da un edificio di via Roma prossimo alla via Napoli, va ad alimentare il mulino Federici, che è bene evidenziato nella carta del Vinzoni dove si vedela sua collocazione: fronteggiava la chiesa di Sant’Apollonia abbattuta nel 1823 per ampliare la strada per Genova. Ora, dove stava la chiesa ricordata da un bassorilievo inserito nello spigolo del grattacielo, si apre la via Vecchio Ospedale, nome che alla strada deriva dal fatto che nel 1804 l’ospedale di Sant’Andrea venne trasferito nell’attuale Museo Lia (ex convento dei Paolotti) dalla primitiva collocazione davanti a porta Biassa.

A portare energia al mulino concorre anche un rivo che nasce sotto la strada militare (oggi viale Garibaldi) per scendere con un tratto diagonale che è assolutamente rettilineo, fino ad alimentare lo stesso mulino Federici. Il suo percorso, attraverso la via Di Monale, arriva quasi a lambire la via dei Mille. A parte che questo torrente diagonale con linea diritta lo ritroviamo anche nelle precedenti carte, va detto che siamo in quell’area che l’accurata carta del Vinzoni chiamava «fossa maestra» e che la toponomastica stradale ricorda come «vicolo dello stagno», davanti all’odierno Museo “Amedeo Lia”: una stradina al cui termine oggi sta un alberghetto.
