LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto
Lo studio della società geografica italiana

La Spezia fuori dalla Liguria e inserita in una nuova regione tirrenica: quella proposta mai attuata

La proposta della Società geografica italiana

Un’unica regione-provincia, dalla Spezia a Pisa. Si chiamerebbe “Tirrenia” e farebbe parte delle 36 totali nelle quali la Società Geografica Italiana, diversi anni fa, suddivise la penisola in una proposta di riordino territoriale in sostituzione delle attuali province. Una proposta “shock”, se non altro perché proponeva un assetto completamente differente rispetto a quello fissato dai principi costituzionali: non più soltanto un criterio storico ma anche e soprattutto l’esigenza di studiare un ordinamento che sia “ecologico”. Perché quella sarebbe un’autentica rivoluzione che secondo gli esperti che hanno lavorato sullo studio, permetterebbe un risparmio del 50% sulla spesa pubblica e un miglioramento dei servizi.

All’epoca della sua presentazione (dicembre 2013, poi arrivata sino alla Camera qualche anno più tardi) la proposta, resa pubblica con il nome di “neoregionalismo”, non escludeva le dimensioni provinciali e regionali attuali, ma le ridefiniva in ragione della dinamica degli ecosistemi urbani quale fondamento della possibile competitività, della coesione economica e della valorizzazione dei contesti territoriali. Proprio in quest’ottica, tenendo conto delle realtà portuali, dei flussi quotidiani dei pendolari fra cui i tanti studenti che gravitano sull’Ateneo pisano, sono state accorpate in un’unica micro-regione La Spezia, Massa-Carrara, Lucca, Pisa e Livorno. Territori più vicini di quel che si pensi, al di là delle rivalità e dei campanilismi, dove gli scambi e le unioni sono favoriti, appunto, dalla frequentazione e anche da un sistema viabilistico fortemente integrato con una ferrovia capillare, un’autostrada, l’A12, che funziona quasi come una tangenziale tanto è centrale nel sistema di collegamento fra città di piccole o medie dimensioni dove viene cancellato lo strapotere di due capoluoghi ingombranti e molto popolosi come Firenze e Genova.

Una prima versione della proposta proponeva 31 regioni: 1) del Tanaro, 2) La grande Torino, 3) Valsesia/Piemonte settentrionale, 4) La Grande Milano, 5) Insubria, 6) Liguria, 7) del Garda, 8) Dolomitia, 9) Veneto, 10) Friuli/Iulia, 11) Emilia/La Grande Bologna, 12) Padania orientale/Romagna, 13) Tirrenia, 14) La grande Firenze, 15) Etruria, 16) Umbria, 17) Marche, 18) Roma Capitale, 19) Ciociaria, 20) Abruzzo, 21) Napoletano, 22) Campania, 23) Daunia, 24) Puglia, 25) Salento, 26) Basilicata, 27) Calabria, 28) Sicilia Ionica, 29) Sicilia occidentale, 30) Sardegna settentrionale, 31) Sardegna meridionale. L’altra, da 36 regioni, prevedeva l’aggiunta di Valle d’Aosta, Padania occidentale/le città del Po, Padania orientale/del delta, Alto Adige, dello Stretto.

Nonostante l’auspicio, da parte della SGI, che la proposta venisse presa seriamente in considerazione, a distanza di quasi dieci anni lo studio si è tradotto in un nulla di fatto ma il problema del funzionamento degli enti intermerdi non è comunque stato risolto: alcune province sono davvero periferie delle regioni e non da oggi. Di certo per avere qualche possibilità di concretizzarsi il nuovo assetto avrebbe dovuto necessariamente accompagnarsi alla riscrittura costituzionale e alla ridefinizione di alcuni aspetti quali i poteri legislativi. Una svolta che si è deciso di non dare, scegliendo la strada della conservazione.

Un peso determinante, secondo il parere del professore carrarese esperto di geografia Riccardo Canesi, lo hanno avuto sicuramente le Regioni. “L’Italia è ancorata a quel sistema – afferma Canesi – e l’esperienza del covid ne ha dato la conferma. Certamente ci sarebbe bisogno di un riassetto amministrativo, ma il mio disincanto e pessimismo mi portano a pensare che sia più facile mantenere tutto così com’è. Il progetto comunque è molto interessante, e se non altro ci fa capire quanto le regioni economico-funzionali non corrispondano alle regioni amministrative”. “E pensare – riflette Canesi – che La Spezia-Massa-Carrara come unica provincia sarebbe una soluzione ottima. “Del resto siamo più integrati con La Spezia che col resto della Regione. Pensiamo anche semplicemente alla pianificazione del territorio. Alla Spezia, prima di arrivare al tribunale, c’è la mega sala cinematografica. Ecco, lì vicino c’è uno spazio fieristico. E mi chiedo: a 25 chilometri di distanza, ha senso avere due complessi fieristici? Se ci fosse unica provincia, ce ne sarebbe soltanto uno. Insomma – chiude Canesi – una proposta che sicuramente presenta più di un aspetto positivo ma che temo, purtroppo, non verrà mai realizzata”.