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Monterosso

Francesca racconta ai ragazzi la storia dei suoi nonni, deportati nei campi di concentramento

Il Giorno della memoria a scuola.

Un applauso lungo e commosso quello che ha seguito le parole di Francesca Pollicardo, che oggi insieme al sindaco Emanuele Moggia ha portato nella scuola secondaria di primo grado di Monterosso la sua testimonianza, coinvolgendo i ragazzi sul tema della memoria, dello sterminio del popolo ebraico e delle deportazioni nei campi di concentramento.

“Avevo la vostra età quando mio nonno, superando la paura del ricordo – ha raccontato -, venne a scuola per raccontare la sua storia. Tante persone non riuscirono mai a parlare di quello che avevano vissuto; sicuramente perché eventi troppo pesanti da rivivere ma anche per non trasmettere quel dolore, per proteggere gli altri dal male. La storia dei miei nonni è una storia fatta soprattutto di amore e di speranza e dimostra come l’odio e la violenza di quegli anni non siano riusciti a spegnere la forza della vita. Penso a mia nonna che a 13 anni aveva una vita normale, come quella che avete voi oggi e da da un giorno all’altro le venne detto che i suoi compagni, quelli che erano i suoi amici da sempre, dovevano diventare un nemico e poco dopo li vide sparire. Proprio perché, assieme alla sua famiglia, decise di non aderire a quel pensiero venne deportata nel 1939 a Ravensbruck. Mio nonno Tullio, invece, si rifiutò di essere tesserato e ad agosto del 1943 durante un rastrellamento venne portato via insieme ad altri monterossini. La storia, insomma, di due ragazzi che si ritrovarono di fronte ad un cambiamento repentino e non richiesto”.

“Il 3 luglio del 1945 ad Helmestedt in Germania nel campo di concentramento dove erano stati entrambi detenuti – ha raccontato ancora -, mio nonno con la divisa di un sottoufficiale e mia nonna con addosso la seta recuperata da un paracadute e in mano un mazzo di fiori fatto di carta, si promisero amore sposandosi. Certe questioni non vanno normalizzate, giustificate o banalizzate. Mio nonno a 82 anni è morto con ancora i segni sul corpo di quello che aveva subito. Tutto viene deciso e cambiato dalle persone che di fronte ad un’ingiustizia sanno scegliere. Se i cancelli dei campi di concentramento si aprirono è stato grazie a tutte quelle persone che non accettarono di aderire a quel pensiero”.

“A cosa serve la memoria? A non ripetere certi errori – osservano da Palazzo civico -, certamente, ma la memoria è anche fondamentale per avere sempre davanti agli occhi le cose che l’uomo avrebbe potuto fare diversamente. Noi ringraziamo, sinceramente e di cuore, Francesca che ha condiviso con noi l’eredità dei suoi nonni: il coraggio di non arrendersi. 𝐈𝐧 𝐮𝐧 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐓𝐮𝐥𝐥𝐢𝐨 𝐞 𝐓𝐞𝐫𝐞𝐬𝐚 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐫𝐢𝐮𝐬𝐜𝐢𝐭𝐢 𝐚 𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐥𝐮𝐜𝐞, 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐫𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐝𝐨𝐬𝐢 𝐚𝐥 𝐦𝐚𝐥𝐞”.

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