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Turismo sostenibile e supporto ai coltivatori, le linee guida dei cittadini per Cinque Terre e Porto Venere

Di Irene De Giorgi, studentessa del corso di laurea magistrale in Scienze Umanistiche Ambientali all’università Ca’ Foscari di Venezia.

Riomaggiore

Irene De Giorgi, spezzina, frequenta il primo anno del corso di laurea magistrale in Environmental Humanities (Scienze Umanistiche Ambientali) all’università Ca’ Foscari di Venezia. Nell’ambito di un corso sulla ‘Diversità bioculturale’, agli studenti è stato chiesto di pubblicare un articolo a tema su un giornale locale, e CdS ha volentieri accettato di ospitare lo scritto di Irene, che illustra i risultati di uno studio (consultabile QUI) di M. Agnoletti, A. Santoro e M. Venturi, pubblicato nel gennaio 2021, che tratta della percezione del paesaggio e della partecipazione pubblica nel processo decisionale sulle pratiche di conservazione e valorizzazione del paesaggio culturale. Qui di seguito, l’articolo di Irene De Giorgi.

Turismo sostenibile e supporto ai coltivatori: le linee guida dei cittadini per la gestione di Cinque Terre e Portovenere

Ce lo ricordiamo tutti, quel 25 ottobre 2011, quando acqua e fango hanno sommerso e devastato il territorio spezzino, danneggiando alcuni tra i nostri luoghi più fragili e amati. Un tragico evento al seguito del quale l’Unesco ha richiesto da parte delle autorità italiane un piano di gestione per una corretta riqualificazione del territorio di Porto Venere e delle Cinque Terre, che dal 1997 figurano tra i siti patrimonio dell’organizzazione delle Nazioni unite.
Per la sezione relativa al paesaggio agro-forestale sono stati coinvolti Antonio Santoro, Martina Venturi e Mauro Agnoletti, del dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze. I tre sono partiti da due considerazione fondamentali. In primo luogo: la percezione del paesaggio e le conoscenze tradizionali degli abitanti giocano un ruolo pari alla ricerca tecnica e scientifica. Inoltre, la partecipazione pubblica nel processo decisionale circa la gestione del paesaggio è fondamentale, in quanto permette di elaborare risposte mirate alle effettive esigenze della comunità. Di conseguenza, per la realizzazione del piano di gestione è stato scelto di coinvolgere la popolazione locale, attraverso la diffusione di un questionario che è stato sottoposto a due gruppi: residenti e lavoratori da un lato, coltivatori dall’altro. Lo scopo dell’inchiesta era quello di indagare la percezione del paesaggio e il ruolo delle sue componenti, l’effetto dell’istituzione dei Parchi naturali, le principali minacce e possibilità d’investimento per il futuro. Una sezione specifica sui problemi legati alla coltivazione è stata poi indirizzata ai soli coltivatori.

Dallo studio è emerso che, per entrambi i gruppi, la presenza di terrazzamenti coltivati rappresenta la caratteristica più distintiva del paesaggio. Il dato non sorprende, dal momento che tali opere architettoniche rappresentano uno dei più chiari esempi di commistione ed equilibrio tra natura e lavoro umano. Interessante poi la parte che riguarda il ruolo del Parco Nazionale delle Cinque Terre (1999) e del Parco Naturale Regionale di Portovenere (2001). Il 65 per cento degli intervistati, dall’istituzione dei parchi, ha osservato dei cambiamenti. Tuttavia, la maggior parte di questi cambiamenti, al contrario di quanto si potrebbe pensare, è giudicata negativamente: la presenza dei Parchi viene infatti associata ad un drastico aumento del turismo, accompagnato a una diminuzione della qualità della vita e dei servizi di base per i residenti; inoltre, viene criticato il fatto che i Parchi sembrino essere più orientati al marketing turistico, invece che alla manutenzione e restaurazione dei terrazzamenti, attività che secondo il 67 per cento dei coltivatori dovrebbe invece esser presieduta principalmente proprio dagli enti parco.

Per quanto riguarda le principali problematiche, residenti e lavoratori risultano maggiormente preoccupati per l’erosione del suolo e per gli effetti negativi del turismo di massa; mentre per quanto concerne le aree di investimento, i coltivatori individuano in una nuova gestione del turismo uno dei principali settori in cui investire, insieme alla creazione di reti di produttori locali.
Grazie alla rielaborazione delle risposte dei questionari, è stato possibile identificare le principali esigenze della popolazione locale. Ne sono emerse in particolare due. La prima riguarda il rischio di frane causato dall’erosione del suolo, percepito come il principale pericolo per la zona: dal momento che i muretti a secco e i terrazzamenti sono in grado di arginare questo problema, i coltivatori rivendicano l’esigenza di un maggiore supporto per la manutenzione del paesaggio, che sia attraverso interventi da parte dell’amministrazione dei Parchi, facilitazione dei processi burocratici o impiego di nuova forza lavoro. Il secondo nodo è quello del turismo. Nonostante la presenza dei turisti in sé sia percepita positivamente sia dai coltivatori, sia dai residenti e dai lavoratori, è la loro distribuzione a esser criticata: una concentrazione turistica sbilanciata a favore dei villaggi rispetto alle zone rurali sovraccarica infatti le strutture ricettive e va a gravare sulla vita quotidiana dei residenti. E per gli intervistati anche il vantaggio economico è mal distribuito. In particolare i coltivatori, pur risentendo positivamente della possibilità di espandere la vendita dei propri prodotti al mercato turistico, non giovano di questo contatto in maniera diretta, ma solo attraverso rivenditori. Solo il 14 per cento vende infatti i propri prodotti direttamente al consumatore.

Stando ai risultati dell’inchiesta, servirebbe dunque un nuovo piano di gestione del turismo in chiave sostenibile, che ne favorisca la diversificazione e la diramazione verso le zone rurali. Con l’adeguato supporto pubblico, i coltivatori potrebbero sviluppare strutture di accoglienza rurale e offrire esperienze basate sulla scoperta dei prodotti nel loro luogo di produzione. In questo modo, la pressione sui villaggi diminuirebbe, mentre i produttori potrebbero vendere i propri prodotti direttamente ai turisti, reinvestendo poi i ricavi nell’attività agricola.
Secondo i responsabili dello studio, raccogliere le considerazioni della popolazione locale si è rivelato fondamentale nella stesura del piano di gestione del territorio. Per decidere quali strategie attuare in un dato luogo è infatti necessario prima di tutto conoscerlo, viverlo, stabilire un rapporto un esso. E chi può fornire risposte migliori, se non chi in quel territorio lavora e vive, magari da generazioni? Più di tutti, i coltivatori, pur non possedendo un alto livello di istruzione standard, dimostrano invece di essere depositari di conoscenze ecologiche tradizionali di enorme valore.
Il caso del sito delle Cinque Terre e di Porto Venere è l’ennesima dimostrazione di quanto sia più che mai utile e necessario eliminare il divario tra organi decisionali e popolazione locale, specialmente quando si tratta di paesaggi caratterizzati da un notevole valore naturale e culturale. Gli abitanti e i lavoratori posseggono infatti un tipo di conoscenza del territorio che nessun tecnico o specialista potrà mai ottenere, poiché è frutto di esperienza e tradizione. È auspicabile quindi che le modalità di coinvolgimento dei cittadini utilizzate in questo studio siano replicate in contesti simili, dal momento che superare i limiti posti da mere valutazioni tecniche ed aprirsi ad una gestione davvero democratica e condivisa del territorio risulta non solo più giusto, ma anche più efficace.

Irene De Giorgi

Lo studio su cui si basa il presente articolo è stato pubblicato nella rivista Land il 21 gennaio 2021, con il titolo “Landscape perception and Public Participation for the Conservation and Valorization of Cultural Landscapes: The Case of Cinque Terre and Porto Venere UNESCO Site”. E’ consultabile al seguente indirizzo: https://doi.org/10.3390/land10020093.

 

 

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