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Quisquilie e meraviglie

Quisquilie e meraviglie

Veri proverbi – N.3

Generico gennaio 2022

Secoli e secoli fa, in una regione lontana lontana, c’era un piccolo reame ricco e felice. Il re e la regina erano buoni e giusti, gli abitanti avevano tutti un lavoro che gli piaceva e non esisteva la fame. E la guerra… La guerra non sapevano neanche cosa fosse. Un bel fiume grande e blu attraversava quella città coi tetti rossi e su quel fiume facevano in continuazione avanti e indietro le navi degli altri regni, decine ogni giorno, e ogni volta che passavano da lì dovevano pagare un tributo ai signori di quel reame. Era una cifra equa, onesta, che nessun proprietario di nave aveva mai neanche provato a negoziare perché i guadagni che derivavano dal trasportare merci su quella via d’acqua erano davvero enormi, come il tempo e la fatica che risparmiavano evitando di usare la scomoda carovaniera in mezzo ai monti e alle foreste. E l’acqua di quel fiume rendeva la terra ricca e fertile e i campi erano rigogliosi di ogni frutta e di ogni verdura.

Insomma, in quel paese tutto andava bene, c’era un insieme di cose che davvero lo rendeva praticamente perfetto. Fino a quando il fiume si prosciugò. Forse una frana lontano sui monti aveva deviato il suo corso, forse era stato inghiottito da una voragine, fatto sta che in meno di un mese quel rigoglioso corso d’acqua s’era trasformato in un misero rigagnolo dove a malapena riuscivano a sopravviverci le rane. Velocemente il benessere smise di dimorare in quel reame. Le famiglie poco alla volta furono costrette ad abbandonare la città ed andarsene altrove, a malincuore, certo, perché li erano nati, ma non era davvero più possibile restare; la fame e la miseria avrebbero altrimenti avvolto il loro futuro. Così quella bella città una volta invidiata da tutti divenne un paese fantasma, non ci abitava più nessuno, ogni casa era diventata un triste contenitore di nulla. Non tutti però se n’erano andati.

Lassù, sulla piccola collina che dominava la città, all’interno del loro castello, la regina ed il re erano rimasti. Mai e poi mai avrebbero lasciato il loro piccolo ma infinitamente amato regno.
Erano rimasti soli, anche l’ultimo domestico, con grande dispiacere perché amava quella coppia di buoni sovrani, aveva dovuto andarsene. Le dispense e le cantine piano piano si svuotarono e il re e la regina, che assolutamente volevano continuare a vivere lì – benché avessero ricevuto inviti dalle famiglie reali vicine amiche o addirittura imparentate con loro che ben volentieri li avrebbero ospitati con tutti i riguardi – avevano iniziato a coltivare un orticello e a curare quattro galline che gli davano quasi tutti i giorni un uovo. Ma nonostante tutto ciò, non erano avviliti, anzi. Sorridevano contenti quando al mattino affacciandosi abbracciati alla finestra della loro camera nell’ala est del castello – le altre erano stati costretti a chiuderle – vedevano l’alba che come sempre colorava di rosa e di arancio i tetti e le vie di quella che era stata la loro bellissima città e che così illuminata ancora sembrava viva, pronta ad accogliere nelle sue strade tanta gente felice.

Gli anni intanto passavano e loro si erano ormai abituati, dopo una vita da sovrani, a quell’esistenza di stenti quando una sera sentirono battere al portone del loro castello, da tantissimo tempo nessuno li andava più a trovare. Andarono un poco titubanti ad aprire, chiesero “chi bussa?” e una vocina flebile rispose “amici”, aprirono un poco l’uscio e si trovarono davanti due tali, piccoli, male in arnese, che scusandosi chiesero se potessero passare lì la notte perché si erano persi. Re e regina non ebbero neanche un attimo di esitazione, tanto buono era il loro animo. Risposero di sì e gli dissero di sistemarsi in cucina, che era l’ambiente più caldo. Quei tali ringraziarono e quando furono in cucina chiesero se potevano anche cucinarsi qualcosa da mangiare perché era dal giorno prima che non mettevano nulla sotto i denti. La regina gli diede una padella, un poco d’olio e tre uova, il re gli diede una bella cipolla rossa e un po’ di formaggio grattugiato dopodiché, mentre quelli si stavano preparando una bella frittata, gli augurarono la buonanotte e tornarono nella loro camera.

Al mattino scesero per vedere come stavano ma non li trovarono. Avevano lavato e riordinato ogni cosa ma poi se n’erano andati, spariti, senza un saluto o un ringraziamento. Ci rimasero un poco male, ma non ci pensarono più di tanto, avevano un sacco di faccende da svolgere nel loro piccolo campo e nelle stanze del castello che se non ci si stava dietro ogni giorno, come qualsiasi cosa non vissuta, rischiavano di finire male. Arrivata la sera, mangiata la loro frugale cena, erano pronti per sdraiarsi ed ecco che di nuovo sentirono bussare al portone. Scesero e trovarono tre tali molto simili a quelli della notte precedente e anche questi chiedono ospitalità. Li condussero nella cucina per farli stare al caldo ed anche questi domandarono se possono cucinarsi qualcosa. Il re e la regina non ci pensarono un attimo e gli offrirono un po’ delle verdure del loro orto, carote, sedano, mezzo cavolo, due zucchine, un porro e quelli subito si misero a preparare una bella zuppa.

All’indomani regina e re si recarono in cucina per informarsi su come avessero passato la notte e di nuovo non trovarono nessuno. Tutto lavato e sistemato ma di loro neanche l’ombra. La notte successiva sentirono bussare ancora alla porta, e questa volta i tali erano quattro, sembravano ancora più piccoli e più sventurati degli altri. Li accompagnarono in cucina e senza neanche aspettare che glielo chiedessero gli indicarono dove trovare padelle, pignatte, casseruole e dove fossero le verdure le uova, i condimenti e un polletto già bello pulito. Poi gli diedero la buonanotte e andarono a dormire. Al canto del gallo si alzarono, guardarono stringendosi l’un l’altra l’aurora trasformarsi in alba, si prepararono, e poi scesero per vedere se almeno questa volta riescono a salutare quei tali che hanno ospitato. Aprirono la porta della cucina e ancora una volta non trovarono nessuno, ma stranamente non era tutto in ordine come le mattine precedenti. Sulla stufa c’era ancora una pentola. La regina fece per spostarla ma la sentì pesante, allora tolseil coperc hio e strabuzzando entrambi gli occhi scoprirono che era piena zeppa di monete d’oro, perle, brillanti… e un biglietto sul quale c’era scritto solamente “Grazie”. Ed è da questa storia che è nato il vero proverbio: Non tutti i tali vengono per cuocere.

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