L'intervento

Le polemiche sul presepe e la ‘lezione’ di Napoleone

di Egidio Banti

Nell’epoca di una crescente secolarizzazione come l’attuale sono frequenti gli episodi che portano, talora in maniera pretestuosa, a mettere da parte tradizioni e valori della civiltà cristiana. Ha suscitato scalpore, come è noto, la bozza di un documento dell’Unione europea con il quale si voleva disporre la “cancellazione” persino linguistica del Natale. Nel piccolo della realtà spezzina, poi, anche quest’anno ci sono state discussioni sulla presenza o meno del presepe nelle scuole o in altri luoghi di lavoro. Nell’un caso e nell’altro, come si suol dire, tutto è bene quel che finisce bene, nel senso che, ad esempio, anche in qualche scuola, dove inizialmente era stato “escluso”, il presepe ha poi fatto la sua comparsa. Qualche riflessione, anche di carattere storico, merita però di essere fatta. A partire dal fatto che, nel 2022, saranno 220 anni dall’entrata in vigore, in Francia, del concordato tra la Chiesa cattolica e il governo di Napoleone (non ancora imperatore). Quel concordato, come è noto, mise fine ad oltre dieci anni di vera e propria “scristianizzazione” forzata di uno dei paesi più cattolici d’Europa, e fu il frutto di una complessa opera di trattativa che, per parte vaticana, ebbe tra i protagonisti il prelato sarzanese Giuseppe Spina, poi cardinale e arcivescovo di Genova. Ebbene, promulgando il concordato, il 17 aprile 1802, il primo console Bonaparte vi premise questa frase, quasi ad ammonimento per gli anticlericali più riottosi: “La religione che civilizzò l’Europa sia ancora il legame che ne unisce gli abitanti, e le virtù ch’essa esige siano sempre associate ai lumi che ci rischiarano”. Il senso è chiaro: i “lumi” del razionalismo non prescindano dalla religione “che civilizzò l’Europa” e dai valori che essa non solo propone ma “esige”. La storia, come dicevano gli antichi, è maestra di vita …

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