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Alienazione di via della Crocetta, Legambiente scrive alla Soprintendenza

Ambientalisti segnalano "l'eccezionale valore storico, naturale e paesaggistico dell'area messa in vendita tramite asta pubblica dal Comune".

Giardino Pantesco, Castello Doria e promontorio di San Pietro a Porto Venere

“Siamo venuti a conoscenza della messa all’asta da parte del Comune di Porto Venere di un ampio terreno posto in posizione ambientalmente e paesaggisticamente strategica in un’area ricadente all’interno del sito UNESCO “Porto Venere, Cinque Terre e le isole (Palmaria, Tino e Tinetto)”, del Parco Naturale Regionale di Porto Venere e del sito di interesse comunitario IT1345005 “Portovenere – Riomaggiore – S. Benedetto”. Si tratta di quasi 10.000 mq di terreno, con un fabbricato al suo interno, caratterizzato dalla presenza di quello che qualcuno ha voluto chiamare “Giardino Pantesco di Porto Venere”: un uliveto racchiuso da un gigantesco muro a secco di forma semicircolare, a difendere le coltivazioni dai venti di Libeccio e di Maestrale.
Risulta che fabbricato e proprietà vennero acquisiti nel 1982 da parte del Comune di Porto Venere dal precedente proprietario Società “Marmo Portoro”, con la finalità di esercitare un controllo pubblico su un’area così strategica. Si trattava evidentemente di un’area inserita nel complesso estrattivo del marmo portoro, per cui anche il fabbricato sembra avesse una funzione collegata a quella storica attività. Tutta l’area e quelle contigue ne presentano infatti i segni e le relative persistenze (vedi documentazione fotografica allegata). Il sito è posto lungo lo storico sentiero che collega Porto Venere al crinale delle Cinque Terre (ex. Sentiero N°1), a pochi metri dal Castello Doria, e sembra coincidere in più punti con la via di lizza per il trasporto dei blocchi di marmo dalla Cava al Borgo.

Ci facciamo quindi tramite della preoccupazione emersa a livello sia locale che nazionale in merito alla vendita di un’area la cui proprietà pubblica dovrebbe essere invece la migliore destinazione ai fini della salvaguardia dei suoi caratteri naturali e storici. Tanto più che dal bando si desume la mancata consapevolezza da parte dell’Amministrazione attuale dei valori insiti; lo si capisce dalla base d’asta particolarmente bassa, ma soprattutto dalla descrizione dell’area, che viene derubricata a “terreni coltivati a uliveto oggi in abbandono, caratterizzati da una folta vegetazione spontanea infestante (rovi e erica)”, quando la stessa documentazione di cui al Piano del Parco citata nell’atto recita: “Gran parte dei terreni, in particolare quelli verso monte, evidenziano stato d’abbandono e sono stati colonizzati da pseudosteppa ad ampelodesma, da lembi a euforbia arborea e da formazioni erbacee xeriche su calcare ospitanti ricchi popolamenti di orchidee e da lembi radi di pineta. Tra questi habitat, tutti inclusi nell’allegato 1 della direttiva europea 92/43 e con particolare interesse scientifico e paesaggistico, il terzo è classificato d’interesse prioritario a livello europeo e svolge un ruolo importante per la fauna. Sono presenti specie animali e vegetali, endemiche, rare o tutelate da norme di diverso livello.”
Inspiegabilmente nessun riferimento viene fatto al muro a secco monumentale incluso nella proprietà, e questo, insieme agli altri elementi sollevati, ci porta a pensare che non esistano le condizioni atte a tutelare i valori storico/paesaggistici del sito, ed in particolar modo il “giardino pantesco” che invece riteniamo massimo esempio di quell’arte che anche l’Unesco ha voluto porre sotto tutela quando ha inserito “l’Arte dei muretti a secco” nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell’umanità in quanto rappresentano “una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura”. Nella documentazione allegata alla pratica dell’asta pubblica si fa riferimento ad un pronunciamento della Soprintendenza del 2017 (Prot. 4593 del 20.10.2017) in cui sarebbe stata dichiarata l’insussistenza dell’interesse culturale, non sappiamo se del solo edificio o dell’intera area interessata. Auspichiamo invece che sussistano gli estremi per riconoscere un grado di tutela a tutta o parti dell’area”.

Per Legambiente La Spezia
Circolo Nuova Ecologia
Il Presidente
Stefano Sarti

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