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Luci della città

Luci della città

Dare un’anima alle elezioni

Presepe del Madagascar - Museo Internazionale della Natività di Betlemme - 2018 - foto Giorgio Pagano
Presepe del Madagascar - Museo Internazionale della Natività di Betlemme, 2018 (foto Giorgio Pagano)

Siamo in una fase di grandi, radicali cambiamenti. Le diseguaglianze sono cresciute in modo smisurato: tra Paesi del mondo ricchi e impoveriti e all’interno dei singoli Paesi. La Terra non è mai stata così aggredita dall’attività dell’uomo: ma a rischio non c’è la Terra, c’è la specie umana, perché la Terra può andare avanti anche senza di noi, come è già accaduto in passato. In ogni fase della storia contrassegnata da grandi, radicali cambiamenti è sempre emersa una “nuova questione urbana”: un nuovo modo di dire e di fare sui temi dei caratteri e della natura delle città e dei suoi problemi. Bisognerebbe partire da qui quando si parla delle elezioni comunali.
Faccio qualche esempio, su cui mi sono già soffermato su questa rubrica. Perché non lavoriamo alla “città del quarto d’ora”? Una città in cui i servizi essenziali e tutto ciò che serve nei diversi quartieri sia raggiungibile in non più di un quarto d’ora, a piedi o in bici. Una città multicentrica, con il passaggio dal concentrato al distribuito: la mobilità sarebbe totalmente ripensata, perché l’auto servirebbe molto meno. Una città in cui alla prossimità delle funzioni corrisponda una prossimità delle relazioni, con maggiori opportunità per le persone di incontrarsi, dialogare e conversare per progettare assieme il futuro, avere cura reciproca e dell’ambiente.
Ancora, in campo ambientale: perché non lavoriamo a un grande piano di forestazione urbana, che riporti il verde nelle strade, nelle piazze, nelle case? Perché non favoriamo la formazione delle “comunità energetiche” nei condomini, nelle vie, nei quartieri, in cui i cittadini si riuniscono in associazioni di produttori-consumatori di energie rinnovabili?
Anche contro le diseguaglianze e per la giustizia sociale molto si potrebbe fare: piani straordinari per costruire le case popolari del futuro, o per spostare l’asse dall’assistenza dai mega istituti alle case degli anziani, vero luogo di cura e prevenzione, vero luogo di vita per i nostri vecchi…
Utopie? Ma sono tutte cose che si stanno già facendo in altre città dell’Europa e del mondo.
Mancano le risorse? Ma ci sono quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)! Su cui però non si è alimentato nessun dialogo sociale, nessuna conversazione pubblica per costruire una nuova idea di città. Servono i soldi ma anche i sentimenti, i sogni, i desideri condivisi. Il denaro da solo è pericoloso.
Bisognerebbe capire che nulla può restare come prima. E che la grande riforma del Pnrr non può limitarsi all’economia, perché ci vuole una rivoluzione etica. La parola chiave oggi non è riforma o rivoluzione, è “conversione”. Vale a dire: la riforma o la rivoluzione deve essere anche soggettiva e non solo oggettiva, deve riguardare anche l’elemento soggettivo della modifica dei nostri comportamenti personali, non solo l’elemento oggettivo della modifica degli assetti produttivi. O sarà così o non ci sarà nessuna riforma e nessuna rivoluzione. Come dice uno degli uomini più saggi della nostra epoca, il filosofo centenario Edgar Morin: “La riconquista della qualità della vita è innanzitutto una riconquista personale, ma ha bisogno di un aiuto politico costante”. Cambiare gli stili di vita e cambiare i “decreti del re”.
Ma su tutto questo, dice Morin, “nella classe dirigente non c’è affatto, a tutti i livelli, una presa di coscienza”.
Come sta accadendo, ha scritto Luca Borzani, per le elezioni comunali per Genova:
“Non da parte di un centrodestra che si è velocemente modellato sul solo esercizio del potere, non nel silenzio del centrosinistra che pure aspira ad un profondo cambiamento. Le prossime elezioni comunali suscitano ad oggi ben poca passione. Appaiono una sorta di bolla politica distante dalle persone come dalle reali questioni in campo. Qualcosa che non supera le appartenenze ideologiche più strette, il combinarsi e lo scombinarsi delle filiere tradizionali del consenso. Siamo ancora una volta dentro le ritualità e l’agitazione degli iniziati per professione, del mondo chiuso di partiti e partitini. Eppure le ragioni, e anche l’urgenza, del contendere pubblico, del provare a dargli un’anima, ci sarebbero tutte”.
Sono parole che si prestano anche per descrivere ciò che accade a Spezia. Il centrodestra è diviso, ma non trova una sede di discussione, se non il contrario della trasparenza, il “tavolo romano”. Il centrosinistra non ha ancora presentato un programma. Ma non era stato detto di partire da quello? E’ stata proposta la candidatura a Sindaco a più di una personalità della società civile, perché, si sostiene, “occorre un civico”. E si sceglie il “civico” nella stanza che raduna partiti e partitini in crisi, senza coinvolgere il civismo? E’ surreale. Ma va detta tutta: il civismo è frantumato, non ha una soggettività unitaria. E’ “svincolo e sparpagliato”. E non ha la forza di imporsi. Se le primarie forse non servono ad aprire porte e finestre -perché spesso si sono trasformate in guerre per bande- la via potrebbe essere quella di una convenzione/assemblea partecipativa sul progetto di città, che individui le forze politiche, sociali, culturali, civiche che lo condividono e la persona che meglio lo interpreta. Qualcosa, comunque, andrebbe fatto. Svoltare verso una “coalizione popolare”, per non rimanere incartati.
Nuove speranze si affacciano qua e là. Esperienze da cui imparare qualcosa. Non solo nel lontano Cile. A Graz, la seconda città dell’Austria, Paese dove il Partito Comunista ha lo 0,69%, è stata eletta una Sindaca comunista, con il 30% dei voti. Un politologo austriaco ha scritto: “A premiare i comunisti di Graz è stato l’impegno su temi quotidiani come la casa, e soprattutto la fatica di esserci sempre”. La Sindaca, Elke Kahr, ha detto: “Per me conta solo la felicità della povera gente”.
In Francia il Partito comunista è esangue, l’ombra di sé stesso. Ma la Ong con sede a Londra City Mayors Foundation, che ogni due anni seleziona il miglior Sindaco del mondo contro le diseguaglianze sociali, ha premiato Phlippe Rio, Sindaco comunista di Grigny, il Comune più povero di tutto l’agglomerato parigino (il 50% vive sotto la soglia della povertà). Ai suoi collaboratori Rio ripete sempre: “Dobbiamo essere capaci di avere i piedi nella merda e la testa tra le nuvole”.
Dedicarsi alla felicità di chi sta in basso: che sia questo il segreto?
Padre Ernesto Balducci chiamava tutto questo “l’utopia con i piedi per terra”.

Post scriptum:
sui temi affrontati oggi rimando agli articoli:
Quel muscolo che si è rimpicciolito, Città della Spezia, 14 febbraio 2021
La questione sociale a Spezia, Città della Spezia, 21 marzo 2021
La città del quarto d’ora, Città della Spezia, 18 luglio 2021
La città del quarto d’ora. Invito a una discussione, La Voce del Circolo Pertini, 15 luglio e 31 agosto 1921, leggibile su www.associazioneculturalemediterraneo.com
Per la salute e l’ambiente liguri. Un manifesto, La Voce del Circolo Pertini, 31 ottobre 2021, leggibile su www.associazioneculturalemediterraneo.com
Eppur (qualcosa) si muove? Le elezioni amministrative in Liguria, La Voce del Circolo Pertini, 15 novembre 2021, leggibile su www.associazioneculturalemediterraneo.com
La sinistra e la democrazia senza popolo, MicroMega.net, 16 novembre 2021

Buon anno a tutte e a tutti

lucidellacitta2011@gmail.com

Presepe africano - Museo Internazionale della Natività di Betlemme, 2018 (foto Giorgio Pagano)

Presepe africano – Museo Internazionale della Natività di Betlemme, 2018 (foto Giorgio Pagano)

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