LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto
La sprugola e le acque perdute

La polla delle occasioni perse

Generico dicembre 2021

Ippolito Landinelli, un canonico di Sarzana del 17° secolo, nello scritto dal titolo così lungo che ne riportiamo solo l’inizio, «Origine dell’antichissima città di Luni», ci fornisce qualche indicazione sulla polla. La fa provenire dal torrente Zigori che scende ad alimentare la “Sprugora” (come si vede, l’ipotesi che l’esperimento di fine Ottocento smentisce, aveva un’origine antica, così come notiamo anche che i nomi subiscono qualche variazione con il passare del tempo) per poi compiere un cammino sotterraneo e riaffiorare nel mare dopo un «larghissimo giro» vicino a Marola, proprio sotto a dove poi si sarebbe costruita la fortezza di San Gerolamo che venne eratta nel promontorio del Pezzino.

La polla aveva una potenza tale che produceva un vortice così frenetico ed impetuoso che nessuna imbarcazione, quale che fosse la sua stazza, poteva starvi sopra perché la potente forza centrifuga che scaturiva dal gorgo, la spingeva immediatamente verso l’esterno, “ancorandola” ai margini del possente movimento circolatorio. La polla, nota ancora il Landinelli, «rigonfia e bolle» impetuosamente; per di più, «quando spira il sirocco, s’intorbida» dando così vita da un originale cocktail in cui alla dolce si mescola l’acqua salsa. Landinelli fa anche riferimento ad un fenomeno analogo che si verifica davanti all’isola di Ortigia, nel mare di Siracusa. Si tratta della sorgente Aretusa che la voce popolare voleva alimentata da un fiume che scorre nella non vicina penisola greca. Si tratta di una storia che lascia stupefatto chiunque non sappia di quale potenza sia dotato il mito, soprattutto presso i Greci che furono popolo dotato di grande fantasia con cui supplivano alle difficoltà di spiegare in altra via i misteri della natura. Essendo per di più alimentata dalla consapevolezza del proprio passato, quella grande capacità di immaginazione aveva saputo tirar fuori dal cilindro ogni sistema per spiegare l’inspiegabile. I coloni provenienti dall’Ellade per mantenere il collegamento con la madre patria di cui era forte la mancanza, ricorrevano anche al contributo della leggenda. Così, per dare sfogo alla tanta loro nostalgia avevano immaginato che il giovane Alfeo si fosse follemente innamorato della ninfa Aretusa che spiccava nel corteo di Artemide, dea della luna e della caccia, quando con tutto il suo corteo percorreva i boschi del Peloponneso in veloce corsa. Ma la giovinetta, non gradendo le attenzioni troppo pressanti dello spasimante, si rivolse, invocandone l’aiuto, alla protettrice che sovraintendeva anche all’iniziazione della donna tutelando delle femmine, verginità e pudicizia. ensibile per questo alla richiesta di soccorso, la grande dea, avvolta la giovinetta in una spessa nube, l’aveva trasportato fino in Sicilia, lontana dalle mire assillanti del suo innamorato. Qui, presso l’isola di Ortigia, affinché la prediletta non venisse turbata dalla eccessive profferte d’amore dell’impetuoso spasimante, l’aveva trasformata nella sorgente d’acqua dolce che scaturisce in mezzo al mare davanti a Siracusa. Tuttavia, il dolore del baldo giovanotto sconvolto per la perdita dell’amata, fu tale che gli dei misericordiosi ebbero pietà di lui: lo mutarono in un fiume che dalla grande penisola peloponnesiaca traversava tutto il mare Ionio per congiungersi, finalmente, con l’amata Aretusa, sorgente di acqua dolce in mezzo alla spuma del mare: un amore così grande che tuttora non smette e si manifesta con quella fuoriuscita di linfa non salata, ma gradevole al palato.

In questo modo il mito aveva trasfigurato la realtà per fornire un’interpretazione fantasiosa che supplisse con l’ingegno dell’inventiva, all’incapacità umana di comprendere decifrandoli alcuni perché. Del resto, essendo ancora oggi tante le cose che non riusciamo a capire, ricorriamo a dei “miti” per soddisfare la nostra curiosità ed appagare i nostri dubbi. Pensiamo al big-bang o agli UFO, delle ipotesi che non sono certezze scientifiche. Se i miti si manifestano ancora con abbondanza nella nostra civiltà che pure si definisce ipertecnologica, ci si immagini quanto si ricorresse a questo escamotage in un mondo il cui sviluppo tecno-scientifico era assai modesto rispetto ai nostri giorni. Aretusa fu, insomma, una gran bella trovata, ma, al tempo stesso, ci fa riflettere su quanto il territorio che abitiamo, difetti ancora oggi, si eccettui il periodo resistenziale, di una sua epica che dia attraverso l’invenzione opera della fantasia, un senso di appartenenza a quanti qui vivono. È cosa che abbiamo già detto, ma chiediamoci anche in quale modo avrebbe potuto prendere corpo un sistema organico di epos in un territorio povero e scomodo, mai padrone di sé ma soggetto da sempre ad altri, che non possedeva la capacità d’immaginazione che fu invece virtù del popolo ellenico, addestrato da secoli a sbizzarrirsi nelle storie più incredibili per decifrare problemi altrimenti cestinati a restare insoluti, traendone al tempo stesso spunti e motivi di autoesaltazione.

Così, la polla d’acqua dolce in mezzo al mare che scomparve (misteriosa fu la sua fine tanto quanto avvolta nel segreto è tuttora la sua nascita) dopo i lavori di costruzione dell’Arsenale che forse aveva sconvolto troppo le cose là sotto dove l’occhio non arriva, ebbene, io le considero una delle (tante) occasioni perse dal popolo che stava sulle rive del Golfo per costruirsi una sua leggenda che, secondo la categoria della trasfigurazione che conosciamo dai tempi di Omero, lo raccontasse nel suo progredire nel tempo. È questo è un vero e proprio peccato perché, se fosse stato capace di coniare storie dando la stura alla propria creatività, avrebbe certo goduto di un legame più forte e soprattutto maggiormente proficuo con il territorio che abitava. Qualche riga fa abbiamo detto che la Sprugola, quella con l’iniziale maiuscola, la nostra dietro alla piazza del mercato, slargo di cui quasi nessuno ricorda più che il suo vero nome è Cavour, ebbene questa Sprugola sulle sponde del Golfo veniva usata quasi come se fosse un fonte battesimale così tanto laico da divenire di fatto profano. Ma imponeva un marchio, vero e proprio brand che le generazioni si tramandavano, famoso e ripetute volte raccontato, che affermava deciso che chiunque fosse stato segnato da quell’acqua sarebbe diventato Spezzino purosangue, veramente doc, e questa proprietà avrebbe mantenuto per l’intero prosieguo della sua esistenza. Per questo, sprugolotto diventa sinonimo di spezzino e della spezzinità. Sui giornali, tanto in quelli di oggi come in altri maggiormente datati, troviamo articoli firmati «sprugolotto» o anche «o sprugooto», simpatici nicknames scelti non come forma di anonimato ma per marcare con maggior forza l’appartenenza al territorio di chi scrive. inoltre, la qualità che fa diversa l’acqua della Sprugola dalle altre che nella landa si possono assaporare, fa rientrare a pieno diritto quel liquido nell’elenco delle tante acque benefiche, curative, terapeutiche, salutari ed anche miracolose che il territorio che abitiamo vanta, una celebrità che risale assai addietro nel tempo. E quante ce ne sono da queste parti, di linfe di quel genere!

Una lista stesa frettolosamente e senza alcuna pretesa di essere esaustiva, ne ricorda ben più di una. Oltre all’Aigua Santa Servadega nella località che tuttora chiamiamo Acquasanta vicino a Marola, c’erano i «bagni», acque di cui si vantavano a torto o a ragione le capacità curative: quello dell’ospedale de centum clavibus in viale San Bartolomeo dove poi si sarebbe fatto l’ex Mariperman e ai giorni nostri C.S.S.N. Di quello strano ed insolito nome, ai giorni nostri ancora si ignora se quello strano nome, «de centum clavibus», stia a significare delle cento chiavi o degli altrettanti cento chiodi; quello del Molinello ai Prati di Vezzano dove oggi c’è un Santuario; il «bagno antico» che stava presso la fontana dove gli antenati attingevano acqua in cima al piccolo rilievo del Poggio, proprio sotto al castello.

È interessante questo bagno antico del Poggio. Intanto per l’aggettivo, segno eloquente che la buona nomea di cui godeva aveva tradizione che per trovarne l’origine dovevi andare molto a ritroso negli anni. Secondariamente, e forse questo è la cosa maggiormente significativa, è che in tempi molto più recenti vide sorgere alle sue spalle un presidio religioso che, oggi chiesa, nacque come oratorio subito intitolato al Battista, il Santo che del battesimo è simbolo, metafora e rappresentazione. Erigere una postazione di quel genere proprio nell’area dove in tempi precedenti si praticava il similare culto pagano della purificazione lustrale con l’acqua, fu fatto voluto o semplice coincidenza? Francamente, non saprei che cosa dire se non che io, superstizioso di natura, sono da sempre convinto che le coincidenze sono segnali di fatti reali.

 

Leggi la prima puntata

Leggi la seconda puntata

Leggi la terza puntata

 

Più informazioni
leggi anche
Le iscrizioni in latino che celebrano la Sprugola
La sprugola e le acque perdute
Perchè senza acqua non ha luogo la vita