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Una storia spezzina

Una storia spezzina

L’irriverenza di Gamin non risparmiò il Natale e i suoi rituali

Ubaldo Mazzini

Da ormai un bel po’ di tempo il Natale rappresenta un momento in cui convivono più istanze: dalla ricorrenza religiosa alla gioia della festa in famiglia, dall’emozione con cui non solo i più piccoli spacchettano i regali alla doverosa attenzione verso i meno fortunati. Sono sentimenti che si possono ormai definire quasi ancestrali da tanto che animano questo periodo, altrettanti modi di essere che ritroviamo non solo nella nostra memoria individuale, ma pure in quella storica, l’ambito che supera la dimensione domestica per allargarsi alla collettività dei cui comportamenti natalizi passati sappiamo andando a spulciare negli antichi periodici locali. Nel 1891, ad esempio, troviamo un Ubaldo Mazzini-Gamin molto più serio del solito che, facendosi contestatore ante litteram del Natale consumistico, ricorda ai concittadini gaudenti che non tutti vivevano la festa con lo stesso spirito. Il suo invito a guardarsi attorno, termina con le parole dell’antica filastrocca che mostrano di Mazzini un aspetto veramente nuovo da tanto che è insolito: “Per l’orrido rigor di stagione cruda, Nascesti, o mio Gesù, nella capanna!”.

È una religiosità inconsueta in lui che quando deve parlare delle strutture ecclesiastiche non è parimenti rispettoso. L’antica smania antireligiosa la ritroviamo un paio di mesi dopo. In Consiglio Comunale si sta discutendo da qualche tempo sull’opportunità di realizzare un forno crematorio che soddisfi le richieste di quanti al termine della loro vita terrena preferiscono quella soluzione alla sepoltura. È un argomento sul quale ci si spacca nettamente e fra i contrari si annoverano fedeli della Chiesa Cattolica. Contro di loro infuria la polemica di Gamin che non si lascia sfuggire l’occasione per fare sfoggio della sua più aspra verve canzonatoria. Nel ricordare che lo scrupolo per non cremare i corpi dei defunti non si è manifestato nei confronti di Arnaldo da Brescia, di Gerolamo Savonarola e di Giordano Bruno, il Nostro afferma che “per i preti la crema non è mai stata indigesta”. È una dura tirata anticlericale ma subito Gamin mette da parte la polemica religiosa. L’occasione è troppo ghiotta per sprecarla solo per attaccare la gerarchia ecclesiastica. Il gusto ed il piacere della battuta canzonatoria sono così presenti in lui che non ci stupiamo se nel bel mezzo di questa tirata contro la Chiesa, scrive che “l’essere cremati è una cosa dolce, prelibata” al punto che chi entra nel forno non può fare a meno di “darsi una leccatina” per esclamare poi che “questa Crema è proprio degna di Lodi!”: Gamin è sempre Gamin.

Buon panettone a tutti!

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