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Sprugoleria

Sprugoleria

Cent’anni fa la guerra: quando ci si sforzava di vivere il Natale con gioia

Una cartolina della Spezia nel 1921

Quale fosse il clima natalizio a Sprugola City giusto cent’anni fa ce lo dice l’ineffabile Tava, nome tanto sconosciuto ed indecifrabile oggi quanto firma sempre presente nella cronaca sprugolotta di quel tempo così distante da noi. Tava era un po’ l’arbiter non già elegantiarum quanto, mi si passi il termine, Sprugolarum. Giudice indiscusso della sprugolinità, una sua lode poteva innalzare all’empireo come, se negativo, far precipitare nell’abisso chi fosse incorso in una valutazione poco lusinghiera. Per questo lo si può giudicare testimone del sentire che s’agitava allora per il Golfo. Stando alle sue parole, il clima è diffusamente festoso e ciò stupisce perché la situazione non era idilliaca ché si continuava a risentire degli effetti perniciosi della guerra anche se era finita da un po’: l’economia era a pezzi, il lavoro mancava, la situazione politica era incandescente. Il tono iniziale di Tava è ottimistico, fa risaltare lo scoppiettare di fuochi caldi, nota che le tavole sono
sontuosamente imbandite, osserva che l’allegria regna sovrana. Però, dopo le note liete, ecco l’altra faccia della medaglia. Certo, le vetrine degli alimentari traboccano di leccornie, dalla frutta conservata ai cedri, dai marron glaceés alle noci candite e alle bomboniere. I polli esibiti dai rosticcieri girano interrottamente allo spiedo ma quanti fra gli ammiratori si allontanano malinconici dopo aver guardato inutilmente dentro al portafoglio perché “la fame e l’opulenza si rasentano strettamente”. Siccome Natale è soprattutto la festa dei bimbi, a loro Tava dedica parole che valgono anche per la nostra società così diversa. Pure allora il “negozio di giocattoli è una sorpresa di piccole gioie” ma sono “straordinariamente costosi” e, per di più, sono di un altro tipo rispetto a quelli con cui si trastullava la generazione di Tava. Il nostro rimpiange “il buon jou-jou, i gingilli della fanciullezza” con cui “i bimbi di oggi non trovano più divertimento”. Hanno fatto il loro tempo “le figure infantili delle bambole che adesso devono essere delle signore bambole, i rozzi pastori del presepe, i semplici e bravi pulcinella”. Oggi, è il desolato commento del buon Tava, delle bambole ormai le bambine apprezzano solo l’abbigliamento che, assieme al costo elevatissimo, è il motivo per cui le portano agli incontri con le amiche. Ai maschi non si regalano più giocattoli bensì strutture elaborate da studiarsi nei loro componenti. Divertire, è la sconsolata conclusione, significava prima distrarre il bimbo dal presente; ora invece il gioco lo immerge dentro la realtà quotidiana.

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