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Partito socialista

Andreini: “Il Pd non può continuare a dare tutte le carte. E perché fugge dalla proposta delle primarie?”

Marco Andreini

“Sono tornato a stare in città nel 2005, e ho vissuto le ultime tre elezioni comunali come dirigente nazionale e provinciale del Psi. In tutte e tre le elezioni, il Pd si è mosso come se le elezioni comunali riguardassero solo loro.
Da sempre gli eredi del togliattismo, permeati nella politica dell’egemonia gramsciana, hanno l’ardire di credersi di essere i soli ed unici rappresentanti della Sinistra e dei suoi valori… Ricordo come fosse ieri che, quando il gruppo degli ambientalisti lanciò la provocazione delle primarie, ci fu chi diede di matto, ma le primarie si fecero, e le vinse Federici. Al secondo mandato fu gara facile per manifesta debolezza del candidato avverso.
Nel 2017 emerse dentro il Pd una profonda frattura, e per evitare scontri fratricidi, si optò per la candidatura di una persona, non del Pd, ma di altissimo profilo come il nostro compagno socialista Paolo Manfredini. Noi tutti ci buttammo anima e corpo, ma con tutta onestà a parte qualche dibattito non vedemmo grandi masse ai tavoli, a volte si rischiava persino di non fare i gazebi. Alle elezioni del primo turno tutti, e sottolineo tutti, davano Paolo primo e Peracchini sotto perché l’istituto di sondaggi vattelapesca così aveva sentenziato. Il primo turno fu vinto da Peracchini, il ballottaggio come andò è noto. Mi piace raccontare un aneddoto: la sera del venerdì festeggiammo mi pare in Piazza Battisti, tutti convinti che alla fine della fiera i voti di Melley, di Forcieri, di Guerri avrebbero fatto vincere Paolo.
Ero seduto da solo su una panchina si avvicinò Andrea, il nostro ministro, e gli chiesi come la vedeva. Lui mi rispose: male. Gli dissi che anch’io la pensavo così. E purtroppo fummo spazzolati,  cosa che avvenne da Ventimiglia a Sarzana.
Non parlo più con il nostro ministro da tempo, ma sono felice che sia rimasto lo stesso che incontravo sul treno che da Roma ci riportava a casa e con il quale condividevamo, patatine, brioche, tramezzini del vagone ristorante come nostro unico pasto giornaliero. Proprio per questo sono rimasto allibito nel leggere oggi (sabato, Ndr) le sue ferme parole sulle elezioni.
Il Pd vuole una candidatura civica, sulla quale va trovata una convergenza programmatica di un campo largo progressista, senza fare nessuna primaria. Ma non solo, in modo concordato o meno, aspetta l’uscita del documento dei 5 stelle, del consigliere Ugolini, che accetta un civico a patto che sia discontinuo con il suo passato, e pone veti su Italia viva. Un modo come un altro per fare fuori dal mazzo gente come Guido Melley che era assessore con lui nella giunta Pagano. Discuteremo nelle sedi del partito socialista quali posizioni assumere in merito a questi sviluppi, ma voglio fare una piccola considerazione su cui fare riflettere il nostro ministro. Il Pd quando otteneva alle urne più del 30% non riuscì mai a trovare un modo per conquistare il consenso al 51%, se non con l’Ulivo e abborracciato con Unione, ma con Prodi leader e non ha fatto altro che perdere da allora tutte le elezioni. Anche in modo disastroso. Siete riusciti nonostante ciò a stare in cinque governi: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Draghi… come è possibile che pensiate che con il misero 20% attuale possiate continuare a dare tutte le carte? Mistero? Però una cosa l’avete sicuramente conquistata, l’iscrizione al gironi dei vili, descritto così bene da Dante. Forcieri a nome dell’area riformista che si sta costruendo, ha lanciato una sfida, le primarie, non solo sui candidati, ma su due visioni della città nel futuro, e voi che fate? Scappate, non accettate la sfida. Ma vi capisco. La paura fa novanta e voi l’avete già sperimentata a Genova e non volete più riprovarla, così facendo vi renderete responsabili, come alle regionali con Sansa, volendo imporlo a tutti i costi, di aver distrutto l’unico vero sistema democratico per dare fiducia agli spezzini”.

Marco Andreini
Direzione Nazionale – Partito socialista italiano