“Se stai nel centrosinistra a Spezia è improbabile riuscire a stare nel centrodestra a Genova. Diciamo che il riformismo con Lega e Fratelli d’Italia stride un po’… Forse sono io che sono rimasto legato a vecchi schemi, ma credo che possano dire ancora qualcosa”. Il messaggio di Andrea Orlando è chiaro, così come i destinatari: Italia viva e la ex “compagna” di partito Raffaella Paita, che non ha escluso il sostegno dei renziani alla rielezione del sindaco Marco Bucci. Le parole del ministro del Lavoro e dirigente nazionale del Partito democratico sono solo uno dei passaggi sulle prossime amministrative che Orlando ha regalato alla platea presente all’incontro “La sinistra e le nuove sfide sul lavoro” che lo ha visto protagonista insieme all’onorevole di Articolo uno, Pier Luigi Bersani.
Orlando ha riconosciuto alcuni errori del centrosinistra, reo di essersi trovato “a un certo punto con lo sguardo fisso sull’orizzonte, finendo per perdere di vista dove metteva i piedi. La prospettiva ha tolto attenzione alla quotidianità, portandoci a perdere le elezioni. Ora però, sta avvenendo l’esatto contrario. E nonostante questo slancio verso il quotidiano non mi pare che la città sia poi così migliorata: in Via Prione sembra che sia appena avvenuto un bombardamento. Qualche settimana fa – ha ricordato il ministro – ho proposto di avviare un’esperienza di formazione in arsenale e per 20 giorni il dibattito ha tenuto botta sui giornali. Questo vuol dire solo una cosa: che in città non c’è molto altro di cui parlare, nonostante una certa bulimia comunicativa dell’amministrazione”.
Orlando, come sempre, si è dimostrato meno loquace per quanto riguarda l’individuazione del nome del prossimo candidato sindaco del centrosinistra. “Più che pensare al nome, anche se il tempo sembra passare velocemente, la strada da percorrere è quella di cercare di mettere insieme un impianto programmatico e dare alla città un respiro che la destra non ha saputo dare. Il presentismo non paga, anche se in una popolazione anziana come la nostra la spinta verso il domani può essere meno forte. La vera cifra del centrosinistra è la possibilità di avere uno sguardo più lungo. Per prima cosa, infatti, è importante che i nostri giovani non vadano più via. Serve un candidato, ma prima serve un cemento programmatico“.
Poi quella che, oltre a essere una bocciatura delle primarie, sembra anche un taglio nei confronti dei progressisti che le avevano chieste, da Italia viva a Più Europa, passando per Avantinsieme. Forse non è un caso, infatti, che Lorenzo Forcieri sia stato avvistato nelle immediate vicinanze della sala, ma non tra il pubblico.
“Non capisco il motivo di proporre le primarie. Se ci saranno due nomi potrebbe avere senso farle. Ma se ce ne sarà uno solo no”. Come a dire: la coalizione sta lavorando per trovare un nome unitario: chi ne vorrebbe proporre di alternativi forse non fa parte della coalizione. “Inoltre le primarie non sempre hanno funzionato benissimo. Ricordo i due anni da commissario del Pd di Napoli – ha aggiunto Orlando guardando Bersani, all’epoca segretario nazionale del Pd – proprio perché non avevano avuto tutto questo successo”. Ancora sulla figura del candidato: “Credo sia più facile trovare l’intesa su un civico, ma non escludo niente. Ci sono personalità e forze politiche che possono fare da punto di riferimento”.
Infine un avvertimento di respiro nazionale. “Non vorrei che il tema delle amministrative porti fuori strada. Sento parlare di nuovo Ulivo… Non dimentichiamo che il populismo c’è ancora. Non basta fare come prima e come se nulla fosse successo. Dobbiamo ricordarci delle priorità, come le disuguaglianze sociali. Se metà della popolazione non vota, quando ritorna alle urne rischia di essere pericolosissima. Serve uno strappo, una novità. Servono i sindacati e i corpi intermedi, servono politiche redistributive e bisogna affrontare il tema della casa. Da quanto non se ne parla? La politica non è solo social network, slogan e carisma: bisogna parlare di altro. Sta a noi decidere di cosa“.
Un appello all’elettorato del centrosinistra condiviso da Bersani, che, interpellato sulla possibilità di una ricomposizione con il Pd ha risposto: “È tempo di ricomposizione, e non solo da oggi. Comunque noi siamo sempre stati presenti per dare una mano – ha ricordato il dirigente di Articolo uno -. Le elezioni incombono e solo un cieco può non vedere che l’esigenza di novità è stata interpretata malamente da una parte del M5S e dalla Lega. Ma questa necessità sotto la pelle del Paese questa esigenza di novità c’è ancora. Ma questa volta la nostra proposta deve essere credibile. Riformismo è una parola ormai malata: oggi significa il modo politicamente corretto per dare ragione agli altri… Non deve andare così. Dobbiamo fare una chiamata ampia perché il 40 per cento dell’elettorato decide chi votare a ridosso delle elezioni. Sono stato il primo a dire che c’era una mucca nel corridoio, ovvero la destra che incombeva, ma ora ha frenato. Ma se introducono una novità rischiamo. Mettiamola in campo noi, con un po’ di coraggio”.
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