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Si chiama “cian du giorgi”

Riccardo e Adeline, l’amore e la vite: “Abbiamo sentito l’urgenza di fare qualcosa per salvare i vigneti”

Lasciare Bordeaux, in Francia, ed un impiego stabile per coronare un sogno e "svolgere una missione". Una storia da conoscere: "I nostri amici ci chiamano gli eremiti di San Bernardino. Crollasse il mondo, l’agricoltura va avanti e questa sensazione di sicurezza ancestrale ci fa stare bene perché quando hai un fazzoletto di terra hai tutto".

Mollare tutto per inseguire un sogno. È quanto è successo a Riccardo Giorgi e Adeline Maillard, coppia di viticoltori alle Cinque Terre che hanno scelto di lasciare un impiego stabile e prestigioso in Francia, precisamente a Bordeaux, per cimentarsi in un’impresa difficile ma decisamente appagante, almeno per lo stile di vita che questi due giovani amanti ed esperti di vino stavano cercando. Uno stile di vita fatto di un rapporto più autentico tra uomini e natura e ritmi più sani. Riccardo e Adeline – originario di Vezzano ligure ed enologo in alcuni importanti chateaux lui, e francese ed esperta di marketing del vino lei – iniziano la loro avventura ligure nel 2017 con l’acquisto di un primo vigneto a Riomaggiore e poi un altro sopra Vernazza, a San Bernardino, conquistati dalla bellezza dei luoghi e mossi dalla volontà di dare nuova vita ad antichi vigneti. E nel 2018 l’azienda “Cian du Giorgi”, traduzione
dal dialetto locale ‘terrazzamento di Giorgi’, diventa realtà. Una realtà che ruota attorno a tre regole auree: recupero, rinascita e alta qualità.

Cosa vi ha spinti a mollare un posto sicuro e a trasferirvi in Italia per dedicarvi a un’impresa tutt’altro che semplice?
“C’è più di un motivo scatenante. Uno è sicuramente il recupero del rapporto tra viticoltore e vigna. Volevamo passare a una misura diversa, più intima, abbandonare la meccanizzazione e tornare a fare tutto come una volta, manualmente, aspetto comune a tutti i luoghi di viticoltura eroica. In Francia eravamo abituati a lavorare in cantine enormi, dove si produce circa 1 milione di bottiglie all’anno e si perde inevitabilmente il rapporto diretto con la vigna. Noi invece volevamo creare un prodotto unico, inedito, di alta qualità e instaurare un rapporto diretto con le nostre piante, partendo dal recupero di “signore vigne” che l’incolto stava soffocando e che da parte nostra era doveroso recuperare. Lo stato di abbandono di alcune zone delle Cinque Terre è un altro motivo all’origine della nostra scelta di cambio vita. Abbiamo sentito l’urgenza di fare qualcosa e di farla in fretta dato che c’era poco tempo per salvare i vigneti. E una volta entrati a contatto con i terreni di Riomaggiore e Vernazza, ci siamo innamorati a prima vista, abbiamo perso la testa”.

Essere un viticoltore alle Cinque Terre in effetti vuol dire sposare una causa ambientale e anche collettiva. Che rapporto c’è con gli altri produttori?
“Oggi stiamo riuscendo a fare quello che avremmo voluto iniziare già da tempo, ma che il Covid ha in qualche modo rallentato. Stiamo cercando di conoscere gli altri viticoltori uno a uno, scoprire i loro vini, parlare insieme di viticoltura, creare degli scambi costruttivi. Da parte nostra c’è sempre un grande rispetto verso chi ha avviato o mantenuto la viticoltura alle Cinque Terre prima di noi e con alcuni di loro è nato un bel rapporto di amicizia. Noi ci siamo accodati e stiamo cercando di fare bene la nostra parte”.

Cian du Giorgi (foto di Marco Allasia)

Quella del 2021 è stata la vostra prima vendemmia con la V maiuscola. 
“La prima vendemmia in cui siamo riusciti a vinificare solo per noi è stata quella del 2020, ma quest’anno siamo riusciti a raddoppiare la produzione, passando da 2000 a 4000 bottiglie. Il lavoro di 4 anni, fatto di cura costante e attenta delle vecchie vigne recuperate, sta iniziando a dare i suoi frutti. Le vigne iniziano a rispondere alle nostre coccole, ci aspettiamo un’ottima qualità in bottiglia! Continua anche la nostra operadi cura e rispristino dei terrazzamenti e dei muretti a secco, un’opera che procede per tappe, faticosa ma di grande soddisfazione”.

Quali vini producete e dove trovarli?
“Produciamo “Amante dei venti”, vino Bianco Cinque Terre Doc ottenuto da uve Albarola, Bosco, Vermentino e altre varietà autoctone coltivate nell’antico vigneto di Vernazza e affinato in acciaio, anfora e legno; “Amante del sole”, un bianco macerato Igt Liguria di Levante prodotto sempre con uve Albarola, Bosco, Vermentino e altre varietà e affinato in vetro; e poi “Ade”, vino rosato Igt Liguria di Levante nato da uve Pollera, Bonamico, Cigliegiolo; e infine lo Sciacchetrà Cinque Terre Doc. I nostri vini si trovano in enoteche e ristoranti delle Cinque Terre che abbiamo selezionato in base alla passione dei loro titolari, persone che dedicano qualche minuto in più al cliente per raccontare un territorio e un prodotto. Anche in città, alla Spezia, stiamo prendendo i primi contatti con alcuni ristoranti e a fine estate abbiamo iniziato a promuovere i nostri vini all’estero, a cominciare da Francia e Svizzera,
promuovendo la nostra prima vendemmia, quella del 2020, volutamente tardi perché i nostri vini sono concepiti per essere longevi e avere lunghi affinamenti. E poi, oltre al vino, presto ci sarà anche l’olio. Anche in questo caso abbiamo recuperato vecchie piante di ulivo abbandonate da 50 anni. Il poco olio che abbiamo già prodotto è straordinario!”

Cian du Giorgi (foto di Marco Allasia)

Come definireste il vostro stile di vita oggi?
“I nostri amici ci chiamano gli eremiti di San Bernardino! Siamo passati da vivere in centro a Bordeaux dove non mangiavamo mai a casa, a condurre una vita tutta vigna e cantina, a una routine agricola senza sabati né domeniche. Se usciamo è solo per incontrare nuovi clienti”.

Nessun rimpianto?
“Nessuno. Siamo contenti della nostra scelta, ancor più oggi con il precariato che avanza. Crollasse il mondo, l’agricoltura va avanti e questa sensazione di sicurezza ancestrale ci fa stare bene perché quando hai un fazzoletto di terra hai tutto”.

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