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A un mese e mezzo dal phase out

Centrale Enel, troppe incertezze sul futuro: dal 22 novembre scatta lo sciopero

La procedura di conciliazione provata dal prefetto con sindacati e azienda non ha dato i frutti sperati. I lavoratori potranno rifiutare le ore di straordinario e i cambi di orario.

La centrale Enel "Eugenio Montale"

Non c’è l’accordo tra i sindacati dei lavoratori della centrale Enel della Spezia e l’azienda. Il tentativo di conciliazione di fronte al vice prefetto Roberta Carpanese e al direttore amministrativo Valeria Vasoli si è infatti chiuso con i rappresentanti di Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil che hanno espresso la volontà di mantenere lo stato di agitazione e pertanto dal 22 novembre i dipendenti potranno rifiutare il lavoro straordinario programmato e gli spostamento di orario. Una mossa, quella delle sigle, che mira a mantenere alta l’attenzione delle istituzioni sul futuro più prossimo della centrale Enel. L’addio al carbone è infatti atteso nel giro di un mese e mezzo, ma non si hanno certezze di nessun tipo, tanto meno relativamente al progetto di centrale a gas che giace al ministero della Transizione ecologica in attesa di approvazione o bocciatura.

Paolo Musetti per la Filctem Cgil, Michele Pollarolo per la Flaei Cisl e Massimo Ismari per la Uiltec Uil hanno significato agli interlocutori le preoccupazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali, riferendo anche che nella complessa gestione della transizione ecologica italiana, la centrale che doveva accompagnare in “riserva fredda” la produzione energetica nazionale, proprio nelle ultime settimane di disponibilità al servizio, ha ripreso la produzione a carbone per ridurre l’impatto negativo dell’aumento dei costi di altre fonti di energia, a cominciare dal gas.
“La mancata disattivazione del ciclo a carbone – hanno spiegato i sindacalisti – potrebbe determinare seri problemi di organico, oggi ridotto a circa 70 addetti, contro i 236 del 2015“.

Riguardo al complesso percorso di transizione energetica che il Paese sta attraversando i sindacati hanno chiesto a Enel di chiarire il suo impegno diretto e indiretto nel processo di riconversione dell’area di Vallegrande, ma anche di implementare le attività di bonifica, dismissioni e demolizioni delle aree non funzionali alla produzione per accelerare la riqualificazione (sostenendo la ricollocazione dei lavoratori dell’indotto nelle nuove attività che si delineeranno sul sito o in realtà collegate), di gestire la produzione del gruppo a carbone e di consolidare nella eventuale riconversione del sito l’attuale sede di lavoro alla Spezia dei lavoratori delle altre società del gruppo. Per questo hanno chiesto che l’azienda convochi un incontro con le segreterie nazionali di categoria, per chiarire i propri intendimenti, alla luce delle decisioni ultimamente prese da Enel sulla realizzazione dei futuri impianti e anche a sollecitare le risposte del ministero sulla sorte della centrale.

Enel, dal canto suo, ha assicurato la massima attenzione verso il personale nel processo di ricollocazione qualunque sia lo scenario che l’azienda dovrà affrontare (chiusura o riconversione), e ha ribadito che l’intento è quello di affiancare all’impianto a gas a ciclo combinato un impianto fotovoltaico e una rete di batterie (Bess) per fornire servizi e migliorare la flessibilità della rete. Inoltre è prevista la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno verde e la valorizzazione delle aree residue per attività d’interesse della comunità locale, come la logistica portuale. Il tutto nel contesto di un Piano di sostenibilità che coinvolge tutte le parti sociali e comprende la riqualificazione di aziende e personale locale, nell’ottica di salvaguardia occupazionale delle imprese dell’indotto. Ok dell’azienda alla convocazione di un incontro con i rappresentanti nazionali delle sigle, ma solo in caso di chiusura favorevole del tentativo di conciliazione. Cosa che, come detto, non è avvenuta.

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