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Secolo dopo secolo

Riomaggiore e Montenero tra storia e leggenda

Nel racconto di Davide Bozzo dell'associazione culturale Rimazùu.

Santuario del Montenero

Un affascinante intreccio tra storia e leggenda quello proposto da Davide Bozzo dell’Associazione culturale Rimazùu in occasione dell’evento organizzato il 10 ottobre scorso da Cai La Spezia e Commissione medica Lpv, in collaborazione con Comune capoluogo e Parco delle Cinque Terre, nell’ambito dell’iniziativa nazionale ‘Una montagna di salute’, promossa dalla Commissione centrale medica del Cai all’interno del Festival AsviS. Bozzo, tra i relatori dell’escursione spezzina dal Colle del Telegrafo al Santuario della Madonna di Montenero, ha accompagnato i partecipanti in un viaggio nella storia riomaggiorese. “Secondo un’antica leggenda – ha raccontato -, tramandata oralmente di generazione in generazione dagli abitanti di Riomaggiore e trascritta nel 1865 da Ambrogio Raffellini, la sacra immagine conservata presso il santuario della Madonna di Montenero, raffigurante l’Assunzione della Vergine, sarebbe giunta dall’Oriente, portata al principio dell’Alto Medioevo da profughi greci in fuga da una persecuzione iconoclasta. Nel silenzio delle fonti, non ci sono elementi per attribuire un fondamento di storicità alla tradizione popolare, se non la generica considerazione del fatto che la Liguria, facendo parte dei domini bizantini, doveva effettivamente intrattenere legami di natura commerciale e culturale con la Grecia. Il valore e il significato di questa tradizione orale, in ogni caso, non vanno cercati nella sua attendibilità, ma piuttosto nella capacità di individuare un nesso costitutivo tra la storia di Riomaggiore e quella di Montenero. La leggenda narra che i profughi, assaliti da pirati, furono costretti ad approdare nei pressi della foce del Rio Maggiore. A causa dell’insicurezza dei mari, tuttavia, si stabilirono vicino al crinale, dove, sotto la protezione del signore di Carpena, fondarono prima il borgo di Cacinagora e poi quelli di Cerricò e Lemmen. Secondo una certa interpretazione, il nome del più antico di questi nuclei serberebbe nella propria etimologia il ricordo dell’origine dei suoi fondatori. Esso, infatti, significherebbe ‘mercato del formaggio’, inglobando dunque al suo interno il termine greco agorà. In realtà, anche sorvolando sulla scarsa attendibilità di un toponimo composto da una parola latina e una greca, l’endonimo ligure Cazinagua rivela un significato ben diverso col suo riferirsi a un gruppo di case situate, come effettivamente è, vicino a una sorgente d’acqua o a una gola, in dialetto rispettivamente aigua e gua”.

“A Cacinagora – ha proseguito – sarebbe stata costruita anche una prima cappella per conservare l’immagine portata dall’Oriente, come riportato nelle memorie del sacerdote riomaggiorese don Lorenzo De Batté, il quale durante la sua giovinezza assistette al ritrovamento nei pressi del piccolo borgo di un architrave con una scritta in greco che esortava a inchinarsi coloro che entravano nella casa di Maria. Solo successivamente una più ampia chiesa a beneficio della nuova comunità – che fino ad allora aveva condiviso con Carpena e Biassa quella di San Martino il Vecchio, di cui oggi restano i ruderi sulle pendici del monte Verugola – venne edificata sulla cima del colle di Montenero, nei cui pressi si sviluppò un ulteriore nucleo abitato, il quale divenne col tempo il principale della zona. A questo proposito vi è da osservare, tuttavia, che il primo documento nel quale è documentata con certezza l’esistenza della chiesa di Montenero risale soltanto al 1335. Sempre secondo la leggenda, la sacra immagine dovette poi essere nascosta per salvarla dalle devastazioni delle truppe longobarde di Rotari che sancirono la fine del dominio bizantino sulla Liguria. Del nascondiglio si perse tuttavia memoria e il quadro fu ritrovato solo un secolo più tardi in seguito a un evento miracoloso, di cui fu testimone una giovinetta del luogo, tale Maria del Paladino, la quale, recatasi a pascolare le pecore nei pressi delle rovine della piccola chiesa e sentito un profumo celestiale pervadere l’aria, vide improvvisamente l’altare addobbato a festa e assistette alla celebrazione di una messa. Dopo che la visione si fu ripetuta più volte, si decise di restaurare e ampliare la chiesa e nel corso degli scavi venne ritrovata l’immagine perduta, nel punto esatto in cui poco dopo scaturì una fonte d’acqua sorgiva”.

Montenero e gli altri nuclei di crinale, ha spiegato Bozzo, sono nominati anche nei più antichi documenti storici relativi al territorio di Riomaggiore. “In particolare – ha raccontato -, nel 1251 gli abitanti di Montenero, Cacinagora, Cerricò e Limen furono chiamati sul monte Verugola a giurare fedeltà a Genova, alla quale la podesteria di Carpena venne definitivamente ceduta dai Fieschi nel 1276. Il dominio genovese segnò una svolta decisiva: la sicurezza dei mari assicurata dalla Superba permise infatti agli abitanti dei borghi collinari di scendere a valle, nei pressi della foce di quel rivus maior dove secondo la tradizione erano sbarcati i loro antenati. Qui sorsero le prime case dell’attuale contrada della Marina, nucleo originario di Riomaggiore, il quale meno di un secolo più tardi, nel 1340, vide la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, dedicata, a testimonianza del rapporto costitutivo del nuovo borgo con Genova, a San Giovanni Battista. Il nuovo patrono non fece tuttavia dimenticare ai riomaggioresi il primitivo legame con la Madonna di Montenero. Essa rimase infatti indiscussa protettrice del borgo e, come ricordano le antiche lodi composte in suo onore, il suo intervento miracoloso veniva costantemente invocato ora per placare i morbi che colpivano la vigna, ora per salvare dalle tempeste i naviganti che affrontavano il mare. Il legame tra Riomaggiore e Montenero fu poi ulteriormente rinsaldato tra Sette e Ottocento, quando attraverso una lunga contesa conclusasi nel 1741 la comunità riuscì a strappare a Carpena la giurisdizione sul santuario e procedette poi all’incoronazione dell’immagine, avvenuta tra grandiosi festeggiamenti il 25 luglio del 1893. Per l’occasione, sotto la guida dei massari, si ampliò la chiesa, che venne portata alle attuali sembianze, e fu aperta la ‘Via Grande’, la mulattiera che porta al santuario risalendo la valle del Rio Maggiore e del suo affluente Ria. Grazie alla generosità della popolazione, inoltre, iniziò la raccolta di quello che oggi è conosciuto come ‘Oro della Madonna’ e testimonia la devozione e l’affetto dei riomaggioresi per la loro antica patrona. In occasione dell’incoronazione l’immagine della Vergine fu traslato con una solenne processione tra i vigneti nella chiesa parrocchiale, un evento storico, destinato da allora a ripetersi soltanto altre tre volte: nel 1943, per proteggere il quadro dai bombardamenti, e in occasione degli anniversari del 1947 e del 2004”.

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