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Sprugoleria

Sprugoleria

Gobbolino Esposito, l’ultimo abitante del fu dispensario

di Bert Bagarre

Generico ottobre 2021

Chissà quando fu la prima volta ma non ci mise molto per diventare abitudine, una brutta abitudine quella di lasciare i bambini sgraditi davanti alla porta di una chiesa o di un convento, tirare la corda del campanello e poi darsela a gambe. Dai neonati abbandonati venne fuori anche un cognome tuttora diffusissimo, Esposito, perché quelle povere creature erano esposte, messe fuori: in senso reale e anche metaforico perché venivano esclusi dalla loro famiglia. Siccome la moda progrediva si fecero anche edifici appositi per accogliere e crescere gli esposti. Ne ebbe uno anche Sprugola City come mostra una pianta del 1885: un palazzotto all’angolo delle vie Roma e Garibaldi di fronte al complesso salesiano che 130 anni fa aveva una dimensione ridotta rispetto a oggi.
La struttura conobbe poi altre destinazioni. Se ne fece un dispensario perché lì si dispensavano i medicinali ai non abbienti, più tardi lì si facevano accertamenti sullo stato di salute dei polmoni. La casa venne poi dismessa anche dalle funzioni sanitarie per riservarla all’Archivio di Stato. È a quel punto che è cominciato il degrado perché, mancando le risorse, si chiuse la casa a chiave e non la si aprì più se non in un’occasione qualche anno fa per ospitare una mostra dell’Archivio.

È un peccato perché la palazzina è di pregio con una breve ma bella scalinata che porta all’ingresso e un giardinetto con tanto verde. Però, oggi lì vedi solo una boscaglia sporca e incolta, la porta serrata da un lucchettone e una tenda che dovrebbe impedire la vista dell’interno ma è tutta uno squarcio per il vento e per un altro motivo che diremo. Dell’edificio nessuno si cura, unici frequentatori visibili sono i piccioni diventati gli affittuari della mini foresta ma s’intuisce facilmente che la sterpaglia accoglie ospiti poco raccomandabili. È così abbandonato che tempo fa ci agonizzò un volatile: rimasto prigioniero fra i fili della tenda, lì s’è consumato fino a disfarsi. Però, ultimamente c’è un nuovo abitante. Un gattino nero, certo nato lì e poi abbandonato dalla madre, sta quasi perennemente accoccolato sul secondo gradino della scala. Cresce nutrito dalla pappa che gli porta la gente che, impietosita dalla sua solitudine, rompe la tenda e porge a terra piatti con cibo che immagino nutrano anche altri animali. Lui è tutto nero con due occhietti chiarissimi. Se lo si chiama, non risponde a nessun nome. Io l’ho battezzato Gobbolino come il gatto della strega nella favola che troppi anni fa raccontavo ai miei bimbi. Dubito, tuttavia, che questo sia il suo vero nome. Però, sono certo del cognome che porta: Esposito.

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