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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Gamin, Fritz e Nicolino alle prese con una bellezza misteriosa

Una banconota da 500 lire del 1890

Domenica scorsa ho detto quanto fossero impacciati nelle vicende d’amore Gamin e Fritz citando di quest’ultimo un racconto autobiografico che compare a Natale 1891 sul settimanale La Spezia.
È quello un numero importante a cominciare dal numero delle pagine: ben otto invece che le tradizionali quattro, grande spazio alla pubblicità segno che le cose andavano bene. Inoltre, nelle pagine 2 e 3 oltre alla storia di Fritz compaiono una poesia non molto conosciuta di Severino Ferrari di cui ho detto qualche tempo fa ed un racconto di Gamin sullo stesso tema dell’amico: le tresche amorose. Avventura ne è il titolo, l’ambiente è Corso Cavour e i protagonisti è il solito gruppo di amici sfaccendati con in testa il duo Gamin-Fritz cui nell’occasione si aggiunge tale Nicolino che chissà chi era.
Poi c’è una donna bellissima quanto altrettanto avvolta nel mistero. L’Ubaldo descrive le sue fattezze con un’enfasi di cui mai godette neppure la Venere di Botticelli: capelli d’un biondo pallidissimo, volto niveo leggermente incarnato su cui brillava una giovinezza sublime, un corpo scultorio dalle curve appena sensibili.
Il fascino c’è tutto ma lo incrementa il segreto. Nessuno sa chi sia ma tutti la guardano ammirati mentre percorre ogni pomeriggio il corso su una carrozza con un lacchè in sgargiante divisa.
Percorre la strada per un’oretta per poi sparire dentro un’elegante palazzina sul mare.
Piace a tutti, né potrebbe essere altrimenti, ma nessuno sa chi sia né come raggiungerla.
Nicolino ci prova con un biglietto che non trova risposta; Fritz s’improvvisa poeta ma, non essendo capace a comporre quattordici endecasillabi, ricorre al Tanto gentile di Dante.
Dell’allegra brigata Gamin è il più deciso. Bussa sicuro alla porta della palazzina e alla cameriera che apre chiede di poter parlare con la signora. Siccome la donna gli chiede il biglietto da visita, l’impenitente ragazzaccio porge un foglio da 500 lire.
La cameriera non si scompone e, birba ragazza, si allontana con una risatina per tornare dopo un attimo e dirgli: Passi.
Con questo invito termina la storia che assomiglia molto ad una favoletta di cui ha tanto il tono idilliaco e sognante, quanto la lezione che non tanto nascostamente vuole impartire, la famosa morale.
Quale essa sia in questo caso non è difficile da comprendersi.
L’amore che nella pudica Spezia di fine Ottocento è rigorosamente eterosessuale (se di altro tipo si sa ma non si dice) non è conseguenza di affinità elettive più o meno durature, bensì di rapporti commerciali per cui del partner si acquistano i favori. Quelli importano, non i sentimenti.

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