Sprugoleria

Sprugoleria

Il cimitero di Porto Venere, dove ci si imbatte solamente in sensazioni

La terra di Sprugolandia comprende anche tante perle disseminate sul mare che sono ricche di gioielli che è un vero e proprio peccato mortale non frequentare.
Decenni fa, così tanti che spaventano da quanto sono troppi, quando frequentavo il ginnasio, studiando letteratura inglese m’imbattei nella poesia Elegia scritta in un cimitero di campagna in cui il suo Autore, Thomas Gray, ammonisce che tutto è destinato ad avere un ineluttabile termine. È un componimento che al tempo mi parve un po’ lugubre ma più tardi ne compresi l’importanza per l’influsso che ebbe sulla letteratura contemporanea.
A Porto Venere per me una tappa obbligata, vero e proprio must, è il suo cimitero sul mare: perché è bello ma anche perché ogni volta che ci vado mi fa tornare alla mente quell’elegia e soprattutto l’età in cui la lessi. Di recente me l’ha ricordata anche una docufiction su Walter Bonatti e Rossana Podestà che, originaria del borgo, volle che lì riposassero i resti suoi e dell’amato alpinista: gli ultimi fotogrammi inquadrano proprio le loro tombe che s’affacciano sulle onde.
Quando salgo da San Pietro per avviarmi al castello, mi fermo sempre a quel cimitero rustico che oltre alla posizione possiede anche il fascino del luogo romito: è un sentimento di malinconica felicità dove di fatto ti imbatti unicamente in sensazioni.
Siccome ci vado solo quando il sole è alto, incontro solo fruscii veloci, minuscole saette verdi che sfrecciano davanti incuranti del diritto di precedenza che potrei vantare. Ma, oltre ae lessoe, è difficile trovare altri ospiti dato che io vado in momenti in cui la calura dissuade dall’uscita le persone che certo preferiscono orari meno assolati per andare a fare quattro chiacchiere con i loro cari.
Ma il posto è fascinoso assai dotato di una sua particolare malia struggente.
A conferirgliela è la location in cui è stato collocato, stretto fra la falesia aspra dell’Arpaia, il castello genovese, la risacca del mare e la possibilità di un’occhiata neanche tanto sfuggente allo sperone di San Pietro. Davanti il mare aperto è pronto a suggerire orizzonti sterminati, un viaggio che il minuscolo scoglio del Ferale non riesce a contenere tanto è possente il desiderio di vagheggiare altri scenari.
Per questo paesaggio non è impresa ardua comprendere il motivo per cui è alto il numero di quanti desiderano qua riposare l’ultimo sonno, quello che ai sogni non dà ricetto alcuno ma neppure agli incubi. È cosa che piacerebbe pure a me anche se ne sono dissuaso dalla convinzione che purtroppo non ne trarrei giovamento alcuno.
Però, la visita non me la perdo mai.

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