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Sprugoleria

Sprugoleria

“Calorina” e la condizione femminile nella Spezia di fine Ottocento

Dall’Afghanistan arrivano notizie gravi che non riguardano solo le relazioni internazionali e la lotta al terrorismo ma anche le sorti delle donne di quel Paese che sono impedite nelle libertà: di movimento, di lavoro, di studio. Quando è minacciata la dignità della persona è un pericolo che riguarda tutti.
Nella parte del mondo in cui viviamo riconoscere l’uguaglianza fra i sessi conferisce credibilità al sistema anche se troppe volte si verifica che la realtà smentisca la teoria: certi schemi mentali derivano da abitudini difficili da rimuoversi per radici che risalgono addietro nel tempo.
Qua a Sprugolandia al tempo dei nostri bis o trisnonni (non era medio evo, ma poco tempo fa: l’anagrafe della storia ha tempi diversi da quella dell’uomo) le ragazze furono ammesse a frequentare il Liceo Classico solo nel 1918 e poco prima Ubaldo Mazzini, figura chiave della cultura sprugolotta, non aveva esitato a giudicare una donna diversa dalla maggioranza delle altre, per l’esuberanza che metteva nell’amore. Tutto questo perché aveva una concezione della donna, e la evidenzia spesso, per cui oggi riceverebbe contumelie.
Evidentemente, non aveva letto Flaubert né Tolstoj o perlomeno non ne condivideva il messaggio. Tralascio Ibsen che probabilmente per l’Ubaldo era eccessivo.
Dove maggiormente si manifesta questa mentalità è nel raccontino autobiografico “Calorina” che appare sul “La Spezia” nell’ottobre 1890 e dice di una domestica che lavora in un appartamento di fronte a quello in cui, studente universitario a Genova, ha affittato una stanzetta.
L’Ubaldo studia (si fa per dire) legge ma la servetta crede che frequenti ingegneria, convinzione in cui lui la asseconda certo che a facilitare il successo amoroso giovi l’essere un futuro Ing che notoriamente ha maggiori possibilità di scalata sociale di un prossimo Avv, specie se ampiamente fuori corso.
Lei si chiama Carolina ma lui la ribattezza con un anagramma volgarotto con cui fa il titolo dell’articolo: Calorina perché ha pulsioni e ormoni mentre per la cultura sua (e del tempo) la donna normale per buona educazione lo fa non per piacer suo ma per diverse e più nobili finalità.
Se dal brano pare di capire che il Nostro avesse delle femmine un’esperienza prevalentemente mercenaria, va altresì detto che non suscita proteste il suo racconto. Anzi, aumenta la sua fama, segno che sul tema quello era allora il pensiero corrente a Sprugola City e dintorni.
S’ignora come sia finita la storia di Carolina, infelice epigone di Emma, Anna e Nora, ma a quei tempi eravamo abbastanza vicini a chi oggi culturalmente combattiamo.

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