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Lerici legge il mare

“I quindici anni di Pisa non hanno dato un volto a Lerici”

Ieri sera il professor Musarra in Piazza Garibaldi per la presentazione di 'Medioevo marinaro'. Pubblico calamitato dallo storico, tra Colombo corsaro, registri di bordo e diete ipercaloriche.

Il professor Musarra a Lerici legge il mare

Un Medioevo… liquido. E no, non si tratta di uno studio sull’Età di mezzo che in qualche modo riprende Bauman. In questo caso di figurato c’è poco, perché si parla di vita sui mari. A raccontarla nel dettaglio e sulla scorta di un fitto lavoro di ricerca documentale, Medioevo marinaro. Prendere il mare nell’Italia medievale, recente libro del professor universitario Antonio Musarra, ospite ieri sera della rassegna Lerici legge il mare. Il giovane docente della Sapienza, allievo di Franco Cardini, conversando con Margherita Manfredi e Bernardo Ratti, ha ieri sera calamitato l’attenzione padiglione di Piazza Garibaldi affollato da un pubblico ben mascherinato e dotato di green pass – puntuali i controlli all’ingresso da parte della Pa lericina. Il relatore, forte di una preparazione solidissima come di un’ottima vena divulgativa, ha parlato del panorama mediterraneo – con qualche sortita all’esterno – in generale e di quello genovese in particolare, toccando una serie di punti di grandi interesse. Dalla tipologia delle navi – da un capo le galee, dall’altro quelle commerciali – ai registri di bordo, preziosissima fonte, una quasi esclusiva medievale del naviglio della Superba; da Colombo giovane corsaro alle crociate; dalla nascita marinara del diritto al mugugno – lo ius mormorandum – (“navigando conta più l’esperienza del grado, quindi anche l’ultimo marinaio vuole il diritto di dire la sua”) alla dieta dell’equipaggio, con apporti calorici da atleti – sulle 4mila calorie -, a testimonianza dell’intensa vita di bordo.

Sul finale, interloquendo con i moderatori, immancabile un passaggio sul rapporto di Lerici con Genova e con Pisa, tema che negli ultimi anni non ha mancato di vivacizzare il dibattito locale. “Quello tra Lerici e Genova è un legame stretto – ha spiegato il professor Musarra -, di cui troviamo documentazione anche dai versi della Commedia in cui Dante colloca la Liguria – che all’Alighieri non piace tanto, dice che si parla una lingua incomprensibile: leggete il De vulgari eloquentia, ci tratta malissimo – tra Lerici e La Turbie: insomma, Lerici è in Liguria, non in Toscana. Questo è chiarissimo a tutti gli autori del nostro medioevo ed emerge anche dalla documentazione genovese, ad esempio registri e liste di bordo che raccontano come Lerici fornisse uomini alle galee genovesi, non pisane. È vero, il privilegio concesso nel 1162 dall’imperatore Federico Barbarossa individua come territorio su cui Genova ha ascendente quello compreso tra Monaco e Porto Venere. Poi però c’è un ampliamento, con l’infeudamento a Genova di Lerici da parte dei signori locali di Arcola e Vezzano, anche se non sappiamo con precisione come il territorio lericino fosse diviso e strutturato. Comunque, certamente l’orbita è genovese. E nel Duecento, per la sua collocazione liminale, Lerici ospita le paci tra Genova e Pisa. È in quel periodo che probabilmente i pisani cominciano a metterci l’occhio, arrivando all’occupazione, dopo la battaglia del Giglio del 1241. Resteranno fino alla cacciata del 1256, un quindicennio, nel corso del quale inizierà l’edificazione del castello, che non ha dato un volto a Lerici, lo vediamo anche architettonicamente. Dal 29 ottobre 1256 Lerici è sicuramente genovese, mentre esprimersi con precisione sul periodo precedente invece è più difficile per la difficoltà con i documenti”, ha concluso Musarra, che ha poi ricevuto in omaggio un dipinto di Simone Ghiggini e si è fermato per il firmacopie.

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