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Fame di spazi sul mare

Fronte comune: “Stop al cantiere Valdettaro”. La nautica alla ricerca di aree

Lo smantellamento di uno scafo in vetroresina ha ridato slancio alle proteste contro la presenza dello stabilimento nel centro del paese. Intanto l'ad di Ferretti group spiega che c'è disperato bisogno di cantieri per poter stare dietro alla domanda del mercato. Ma parlare delle aree della Marina militare sembra essere passato di moda.

Arsenale militare

La nautica spezzina ha bisogno di nuovi spazi. Nel giro di pochi giorni l’emergenza è ritornata d’attualità prima per bocca dell’amministratore delegato del gruppo Ferretti, presente alla Spezia con i cantieri Riva, poi in seguito all’episodio di qualche giorno fa a Le Grazie, con il sindaco Matteo Cozzani e l’opposizione consiliare di Porto Venere che oggi hanno preso la parola proponendo lo spostamento delle lavorazioni del cantiere Valdettaro altrove. E quando alla Spezia si parla di spazi sul mare l’occhio non può che cadere sulla spianata dell’arsenale militare, memori delle numerose dichiarazioni di apertura e delle intenzioni manifestate a più riprese dalle istituzioni, senza che mai si concretizzasse davvero qualcosa, vuoi per costi di riqualificazione dei capannoni insostenibili, vuoi per congiunture sfavorevoli e non dipendenti dalle scelte locali.
Negli ultimi mesi i produttori di yacht hanno fatto il pieno di ordini e l’estate del 2021 ha consacrato la nautica e la vita all’aria aperta – il più lontano possibile da tutti – come il must delle vacanze. Almeno per chi se la può permettere.

Alberto Galassi, ad di Ferretti group, l’ha detto nei giorni scorsi al Corriere della Sera: “Cerchiamo cantieri disperatamente per poter produrre tutto quello che ci chiede il mercato” (leggi qui). E nell’ambito della stessa intervista ha spiegato tutta l’importanza del poter operare in distretti industriali in cui l’indotto specializzato sia disponibile e altamente competente. Come accade tra La Spezia e la Versilia.

Per un mondo produttivo che punta ad ampliarsi, però, c’è anche chi invece viene invitato a spostarsi. E’ il caso del cantiere Valdettaro, dove nei giorni scorsi era in demolizione uno scafo in vetroresina. Le lavorazioni hanno creato disagi al paese e dopo le critiche il primo cittadino di Porto Venere ha colto la palla al balzo per rispolverare una vecchia idea, dopo aver spiegato che da parte dell’ente è stato fatto tutto ciò che era di competenza. “Episodi come questo ci spingono a chiederci se ad oggi abbia ancora senso ospitare un cantiere all’interno del paese – dichiara Cozzani -. L’attività di un cantiere navale comporta purtroppo anche lavorazioni che inevitabilmente possono portare ad un disagio per la popolazione. Inoltre Le Grazie deve continuare a crescere sotto il profilo turistico e aumentare la sua capacità attrattiva. Credo che sia arrivato il momento, da parte della nostra amministrazione, di fare una seria riflessione insieme ad Autorità di sistema portuale, al fine di riconsiderare la destinazione d’uso delle aree del cantiere. Esploreremo tutte le opzioni per trovare una soluzione tra cui anche quella di partecipare  con la Porto Venere Servizi Portuali, nostra società partecipata, alla procedura di evidenza pubblica una volta scaduta la concessione del Cantiere Valdettaro”.

La proposta sembra poter trovare le basi per un dialogo anche con i consiglieri del gruppo “Porto Venere bene comune” che definiscono “la “demolizione a cielo aperto” dei giorni scorsi “uno sgarbo verso gli abitanti del paese”.
“I cantieri sono stati per molti anni un “polmone occupazionale” importante per il borgo, oltre che pregevole realtà artigiana, almeno fintanto che la produzione di imbarcazioni è stata il cardine dell’attività. Da diversi anni tuttavia, col cambio di proprietà, e di vocazione, le lavorazioni sono state limitate a manutenzioni di chiglie o poco più, con utilizzo prevalentemenrte dell’area come rimessaggio stagionale, con ricaduta occupazionale evidentemente ben diversa dal passato e, paradossalmente, uguali disagi sul piano ambientale. Riteniamo interessante – rilevano Saul Carassale, Francesca Sacconi, Fabio Carassale e Franco Talevi – l’ipotesi di valutare come Srl servizi portuali (ovvero come comunità) di rilevare la concessione Valdettaro, naturalmente augurandoci che la stessa non sia una mera provocazione tattica, ma una convinta ipotesi, come forse si sarebbe già dovuto fare decenni addietro, evitando al paese un lungo e irrisolto conflitto con la proprietà, o come si sarebbe potuto fare nel 2016 alla scorsa scadenza (quando non si ebbe nessun segnale da parte dell’amministrazione) e dare, finalmente, un assetto urbanistico di qualità all’area, che oggi appare come degradata periferia industriale.
Come consiglieri comunali chiediamo al sindaco di allargare alla costruita e mai sfruttata banchina “Braccini” il ragionamento sulla gestione dei posti barca in transito nella baia, rispolverando il progetto di “porto-paese” che più volte è stato accarezzato dalla comunità ma a cui non si è mai saputo dar seguito, privilegiando soluzioni “permeabili” al transito delle persone e che non isolino il contesto della banchina dal retrostante paese. Una gestione a controllo pubblico (o quantomeno a supervisione pubblica) che dia quindi modo a diverse realtà locali di operare nel progetto, traendo diffuso e concreto ritorno economico, e al contempo assicurando la “giusta misura” verso le esigenze sociali e ambientali, che interventi volti solo al profitto non garantiscono”.

Quali che saranno le modalità e le soluzioni il destino dei cantieri Valdettaro sembra segnato. Le attività saranno trasferite altrove o abbandonate? E nel caso di un “trasloco” quale potrebbe essere l’indirizzo di destinazione? E la fame di spazi del comparto dove porterà a guardare? E, infine: in questo contesto, la città può permettersi ancora migliaia e migliaia di metri quadrati di aree inutilizzate al di là del muro?

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