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Manaj e Nzola, gli anarchici del gol da cui dipende la salvezza

Entrambi nel momento clou della carriera, entrambi ad un bivio: prendere il treno in prima classe o scendere all'ennesima stazione. Allo Spezia serve l'uomo da doppia cifra per non dover soffrire sconfitte come quella contro l'Udinese.

Nzola e Manaj

Chiamatelo con il sostantivo “cinismo” o con la perifrasi “furore negli ultimi undici metri”. Con l’accento siculo di Vincenzo Italiano o la cadenza morbida di Thiago Motta. Un anno dopo, in casa Spezia è sempre la stessa osservazione. E’ così se ti affidi ad allenatori che vogliono segnare sempre un gol più degli altri. Peraltro non è che impazziscano dalla gioia all’idea di prenderne, ma diciamo che non vivono con il terrore di concedere qualcosa. E allora, trasportate le linee dalla lavagna al campo verde, sempre uno che segni serve.

Il post Udinese lancia la caccia al bomber. Quella che durante il mercato si è risolta solo negli ultimi giorni, con l’arrivo di Rey Manaj ed il reintegro di M’Bala Nzola. Neanche la grande partita di Antiste da centravanti smorza le attese per i due numeri nove. Sì perché alla fine è l’albanese ad essersi preso la maglia lasciata vacante, dopo tre stagioni, da Galabinov. Era promessa a Piccoli, poteva essere di Destro e invece è arrivato un outsider a conquistarsela. Insieme forse all’ultima chance di lanciare la propria carriera al livello che tutti prevedevano.

Quando aveva 19 anni se lo contendevano Juventus e Inter, un anno dopo che Riccardo Pecini era stato mandato da Ferrero a riscattarlo, trovando il muro della Cremonese già in parola con i nerazzurri. A Pescara lo intervistavano e lui diceva: “Il mio idolo? Me stesso tra dieci anni”. Siamo a metà strada da allora e l’occasione per diventare idolo quantomeno degli spezzini è già arrivata. Magari smussando qualche spigolo.

Lunga la lista dei club girati, lunga la lista degli allenatori che hanno provato ad indirizzare la sua energia verso la porta avversaria: Gattuso a Pisa, Oddo a Pescara, Ramis all’Albacete. Tutti lo hanno mandato in tribuna a meditare. L’imprinting nel calcio dei grandi glielo aveva dato uno degli attuali cinque allenatori più importanti al mondo: Roberto Mancini.  Lo strappava alla primavera di Vecchi per portarlo in prima squadra con i compagni Eder, Palacio e Icardi. Gigi Simoni per lui impazziva: “Cosa ha Manaj? Due ottimi piedi e paura di niente”.

Domani si presenta alla città, contro il Venezia sarà tra i convocati. Non ci sarà ancora Nzola, quello che l’anno scorso, quando lo Spezia creava tanto e segnava poco, arrivò a cambiare le sorti. Nove gol (su 15 totali della squadra) nelle prime 13 partite giocate in serie A, per 14 punti conquistati tra ottobre e gennaio. Non serve neanche togliergli del tutto al conto finale, basta dimezzarli per capire che domenica si giocherebbe forse Venezia-Benevento. L’angolano ha perso il suo pigmalione e prova a ballare da solo, che a 25 anni è ormai tempo.

Thiago Motta intravede un orizzonte doppio, dietro le nuvole leggere di questo inizio di campionato. Valorizza uno dei due bomber anarchici, entrambi nel momento clou della carriera, e fa un salto di qualità. Li fa brillare entrambi e offre a tutto il club una prospettiva di lungo periodo che salta anche il blocco del mercato.

 

 

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