Quisquilie e meraviglie

Quisquilie e meraviglie

La fine del mondo

Dopo più di un anno ho rincontrato il mio amico Pietro F.

Lui è sempre in giro per il mondo. Va nei posti più pericolosi dell’Africa e dell’Asia e prova ad aiutare, con l’Associazione con la quale collabora, le popolazioni che lì vivono. È un grande Pietro, davvero una bella bella persona.

Bevendoci una birra ci siamo raccontati un po’ di fatti di questi mesi di lontananza, alla maniera ligure, due parole per raccontare anche le storie più pese. E poi mi ha parlato del sogno che aveva fatto la notte prima, bellissimo. Gli ho chiesto il permesso di scriverlo, ed eccolo qui.

 

La fine del mondo avvenne diversamente da come l’avevano immaginata scrittori, poeti, scienziati, filosofi, profeti, preti, rabbini, bramini, mullah, monaci tibetani…

Non ci furono eruzioni, terremoti, nuvole, boati, tuoni, fulmini e saette. Non si sentirono trombe, arpe o rulli di tamburi. Non si spaccò né si divise nulla. Nessun carro di fuoco dal cielo, niente astronavi aliene, zero arcobaleni, onde giganti o luci abbaglianti. Tant’è che quando la gente se ne accorse era già iniziata da un bel po’.

Cominciò con i contorni delle cose che si confondevano, come se si sfocassero.

I bordi solitamente netti di palazzi, strade, monumenti, alberi, montagne, laghi, persone ed animali, diventarono sbiaditi; si sovrapponevano e si mescolavano, prima come un disegno fatto con la matita grassa, poi come uno schizzo a gessetto e infine come un acquarello lasciato sotto la pioggia

Ma non erano solamente lo stato fisico e le tinte delle cose che scolorivano e si mescolavano tra loro, succedeva anche con i rumori, gli odori, i sapori.

Gusti come quello del gelato al limone, del parmigiano, del sugo della nonna, delle caramelle di liquirizia, del vino buono, stavano gradualmente cambiando in una roba nuova che li riuniva e li sintetizzava, anche se in realtà non assomigliava più a nessuno di loro individualmente, e in più si potevano toccare.

Lo stesso succedeva per gli odori ed I profumi, quello dei mandarini, del pesce fresco, del fumo di legna, del caffè alla mattina, del pane appena sfornato, dell’erba tagliata… si mescolavano e si percepivano anche con le orecchie.

I rumori si accavallarono e si fusero tra loro: quelli dei clacson, delle sartie delle barche a vela contro gli alberi di alluminio, l’abbaiare dei cani, il cinguettio degli uccellini, i martelli pneumatici, le mamme che chiamavano I figli, la musica degli stereo… diventarono un pulsare lento, ritmato, che si poteva vedere.

In sintesi, la fine del mondo, era che tutto si stava trasformando da atomi di materia in pura “consapevolezza”.

Per gli animali, l’aria, i minerali, i liquidi, i vegetali, non cambiava nulla perché da sempre erano coscienti di essere una cosa sola con il resto dell’universo.

Per l’umanità, quasi tutta, era diverso. Via via che capivano cosa stesse succedendo decidevano con quale consapevolezza scegliere il loro passaggio; in pratica significava scegliere come volevano sentirsi per l’eternità a venire e poiché ognuno aveva avuto una sensibilità diversa, anche la consapevolezza si manifestò in differenti maniere.

Chi amava pensò velocemente a fare una lista di quelli che amava di più. Quando si accorsero che più ne aggiungevano e più ce ne stavano e che l’amore non finiva, ci misero dentro proprio tutti per non sbagliarsi. A qualcuno dovettero perdonare qualcosa, ma fu un piccolo sforzo in confronto alla serenità che quel gesto donava loro.

Quelli che avevano avuto una fede incrollabile e sincera finalmente ebbero la prova dell’esistenza di uno o più Dei, e che avevano sempre avuto ragione loro.

Atei e agnostici ebbero finalmente la prova che tutto si riconduce esclusivamente a fenomeni chimici, fisici e quantistici e che avevano sempre avuto ragione loro.

Gli appassionati di musica classica si accomodarono in poltrona e si versarono un bicchiere di cognac mentre girava un disco di Bizet.

Chi amava il rock ‘n roll si mise le scarpe da ginnastica perché aveva ragione Springsteen quando diceva che eravamo nati per correre.

Di quelli che odiavano ce ne furono due tipi: quello che capì quanto erano stati stupidi e quanto tempo avevano perso odiando e si unirono a quelli che amavano. Il secondo tipo erano quelli che capirono quanto erano stati stupidi e quanto tempo avevano perso odiando, ma si imbestialirono e finirono con l’odiare loro stessi.

I politici valutarono che quella era un’occasione da non perdere, nonostante non capissero nulla di ciò che stava succedendo. Metà di loro disse che era una cosa buona e che l’avevano fatta loro, l’altra metà disse che era una cagata e che l’avevano fatta gli altri. Non si accorsero nemmeno che la gente non li stava più a sentire.

I militari dichiararono subito guerra ai terroristi, ai fascisti, ai comunisti, ai democratici ed ai conservatori; ai bianchi, ai neri, ai gialli, ai rossi e a Bruce Springsteen; svanirono mentre litigavano ancora su chi dovessero bombardare per primo.

Per gli aborigeni australiani, i pellirosse, le tribù del Sudamerica, le popolazioni delle montagne dell’Asia e qualche contadino, montanaro, pescatore, valeva lo stesso discorso fatto per gli animali, perché si erano sempre sentiti parte di quell’architettura che chiamavano natura. Qualcuno di loro aveva anche cercato di spiegarcelo, ma non li avevamo capiti.

Ai bambini le spiegazioni non servivano, loro percepivano, si fidavano e tanto gli bastava per continuare a meravigliarsi, ridere e dormire sereni.

 

La bella signora spostò indietro la sedia e con un sospiro stiracchiò braccia e gambe. Guardava quel puntino di luce tremolante che era tornato uguale a prima, quando tutto aveva avuto inizio e lei aveva appena inventato il tempo e lo spazio.

A dire il vero un po’ gli dispiaceva. Quante cose erano successe in quello che qualcuno aveva chiamato Infinito.  Eventi colossali, buchi neri, esplosione di stelle, nascita di galassie… o cose minuscole come il venire alla luce di un girino o di una farfalla sul terzo pianeta del sistema solare.

Guerre e paci che avevano segnato il destino di civiltà ed intere nazioni su quel caotico pianetino, passioni immense e rivalità accanite che avevano ispirato straordinari libri e film. Tutta roba che sul momento era sembrata così importante, ma che alla fine era sempre stata solo un’infima parte del tutto che, piccolissimo, ora se ne stava lì, sospeso nel nulla.

Faceva questi pensieri mentre sistemava il costume e l’asciugamano nel portapacchi del Ciao. Un giorno avrebbe ripreso quell’esperimento, magari con delle modifiche, tipo… sulla Terra, fare l’erba viola e cielo e mare verde smeraldo; adesso però voleva solo andarsene un po’ in vacanza.

Mise in moto e si diresse verso un piccolo golfo a levante di quella che una volta era la costa ligure, che era l’unica cosa che aveva tenuto per sé.

 

Beppe Mecconi (e Pietro Fiore)

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