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Quisquilie e meraviglie

Quisquilie e meraviglie

Jacopo, detto Jacopone

di Beppe Mecconi

Import 2021

Era nato nel ‘55, in una frazione di un paesino a metà costa sulle coline del Golfo di Poeti.
Sì, perché non è raro che anche i paesini più piccoli qui da noi abbiano, una periferia… delle frazioni appunto; gruppi di casette, a volte sparse a volte unite una all’altra, senza botteghe ma con piccoli ritagli di terra da coltivare e, negli anni antichi, una loro autonomia economica e culturale.
Bonettola, la frazione del paesino a metà costa aveva addirittura i suoi lavatoi, le famose “vasche di Bonettola” – di cui quei venti, trenta abitanti, erano orgogliosissimi – dono di una ricchissima famiglia inglese che su quelle alture aveva fatto costruire una splendida villa, come loro compatrioti ne avevano fatto innalzare a decine, vista mare, tra Latte e Bocca di Magra.
Jacopo era il primo figlio di Ivano, uno straordinario falegname e Cesira, fantastica cuoca. Poi nacquero Fabrizio e Anna.
Jacopo venne al mondo con seri problemi di salute. Lo portarono immediatamente in un ospedale importante a Genova, per il suo piccolo cuore ed altre gravi complicazioni.
A Bonettola e nel paese a fianco parenti e amici, perché si conoscevano tutti, avevano già disposto per il funerale, fiori, una minuscola bara bianca ed allertato il prete.
E invece Jacopo, e quella fu la prima potente testimonianza della sua voglia di Vivere, non solo resistette a quei complicatissimi interventi ma, a dispetto delle aspettative di vita che gli avevano dato – 10, 20 al massimo – campò fino a 65 anni.
Nel tempo, anche grazie alle leccornie di mamma Cesira, divenne un ragazzone e in paese cominciarono a chiamarlo Jacopone.
Aveva, nonostante, o forse grazie a tutte le oggettive difficoltà, una personalità forte ed una sana testardaggine. Era sempre in prima fila a dare una mano alle belle feste dell’Unità che si facevano una volta e tifosissimo della Juve e dello Spezia, ma non solo… durante le agguerrite partite di calcio dilettantesco era sempre ad urlare dagli spalti. Poi iniziò a seguire anche la pallanuoto e le regate del Palio.
Sul molo della passeggiata Morin, ogni prima domenica di agosto, con il gigantesco bandierone rosso e verde che gli aveva cucito la mamma, era uno spettacolo vederlo incitare l’armo per il quale tifava. In breve si fece conoscere e voler bene ovunque ci fosse un evento sportivo, e non lesinava le litigate con i tifosi avversari.
Papà Ivano lo portava ovunque, anche in trasferte lontane, perché Jacopone aveva la fortuna di far parte di una famiglia straordinaria; i genitori, come i suoi fratelli, vivevano per lui, al quale certo non mancavano problematiche ma che venivano ampiamente compensate con il suo forte carattere, l’amore dei famigliari e l’affetto e l’amicizia sincera di chi aveva la fortuna di conoscerlo.
Già non più ragazzo s’era convinto a partecipare alle attività di alcuni gruppi per persone speciali, ed anche qui, per la simpatia, il suo sorriso contagioso, la voglia di fare che aveva, non ci mise molto a diventare un elemento trainante delle varie attività, soprattutto quelle inerenti lo sport.
In quegli anni, grazie alla capacità visionarie del Prefetto dell’epoca, a Spezia cominciarono a svolgersi gli Special Olympics, e Jacopone finalmente poteva gareggiare e non più soltanto fare il tifo. Ed era giustamente fiero dei trofei che era riuscito a vincere, e tutti i suoi amici con lui.
In uno di quei gruppi conobbe Daniela, una splendida ragazza davvero speciale, se ne innamorò, ma non riusciva a trovare il coraggio di dirglielo, aveva paura di ricevere un rifiuto.
Invece lei non aspettava altro, e quando finalmente, rosso come un pomodoro, le disse quel che provava lei subito acconsentì, e da allora, vederli passeggiare per la città mano nella mano con il loro amore che illuminava tutto intorno, era una delle cose più belle che potessero capitare.
E infine, un anno fa, mentre l’estate stava finendo Jacopone se ne andò, andò a raggiungere mamma e papà che di poco lo avevano preceduto.
Al funerale c’erano centinaia di persone, e Daniela, su una panca laterale, piangeva piano il suo amore scomparso.
Sono certo che chiunque pensi a lui ricordi con affetto e nostalgia l’eterno orgoglioso ragazzo con gli occhi grandi che era, e la sua famiglia che fu anticipatrice dei Diritti delle persone con diverse abilità ai tempi in cui un poco ci si vergognava e la parola Diritti era soltanto una lontanissima utopia.