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Sprugoleria

Sprugoleria

I canoni di bellezza nella raffigurazione della Vergine

di Bert Bagarre

La raffigurazione della Madonna della Salute

Hannibal Lecter spiegò a Clarissa che bello è quello che desidereremmo ma non abbiamo. Se il concetto è condivisibile, l’idea di bellezza è una variabile dipendente dal tempo in cui nasce.
Nella pittura di qualche secolo fa, le femmine hanno forme giunoniche. Oggi le scarterebbero dai concorsi di bellezza, ma allora erano sinonimi di facilità di parto: fianchi e seni generosi che anchè sono richiami sessuali, allora per la diffusa mortalità infantile erano sinonimi di vita. Di default Venere è callipigia, dai glutei pingui.
Dico questo perché qualche anno fa mi capitò sott’occhio un’antica foto dell’Immagine della Vergine con il Bambino che sta sopra all’Altar Maggiore della Chiesa di Nostra Signora della Salute in ciassa Brin.
Il dipinto è la storia della Chiesa avendola accompagnata nelle sue peregrinazioni già da quando era solo la Madonna della scorza, della scorciatoia in mezzo ai campi che ad un dipresso si stendevano dove ora c’è il ponte della ferrovia all’incrocio delle vie Ferrari e Fiume.
Là allora erano solo campi e molti ce n’erano ancora quando io ero bimbo prima che nella zona le costruzioni sconvolgessero il panorama.
Comunque, l’Immagine ritrovata nel 2007 e debitamente scansionata al computer, mostra una Vergine ben diversa da quella raffigurata oggi. Le sue gote, infatti, sono belle piene sì da disegnare un volto ben paffuto. Non c’è intenzione blasfema in queste parole. In un’epoca in cui riusciva particolarmente difficile mettere insieme il pranzo con la cena, avere un volto pieno voleva dire tante cose: star bene di quattrini, non soffrire la fame, essere protetti contro le malattie. Non a caso il primo nome cui s’intitola la Chiesa è Madonna della Salute ché secondo la devozione popolare protesse l’intera landa della Sprugola da una terribile epidemia di pestilenza che infuriò dappertutto fuorché qua. Ogni periodo storico ha i suoi guai. Noi abbiamo il problema sociale dell’obesità, allora nessuno seguiva diete dimagranti.
Inoltre, proseguendo nell’esame al computer, si vede bene che non solo le gote ma anche gli occhi e gli zigomi sono stati ritoccati.
Nel dipinto odierno gli occhi della Vergine guardano verso il basso, mentre nell’antica foto sono puntati dritti verso chi si si fermava a guardare la pittura. Oggi, un’impostazione del genere la chiameremmo, facendo ricorso al linguaggio cinematografico, una “soggettiva” perché gli occhi della persona rappresentata coincidono con quelli di chi la guarda.
Per questo ho potuto dire che l’Immagine primitiva era in un tabernacolo messo in una scorciatoia in mezzo ai campi: a scorsa, appunto.

BERT BAGARRE