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Sprugoleria

Sprugoleria

Il "caseus" di Luni, primo prodotto igt del territorio

di Bert Bagarre

Anfiteatro di Luni

Ce lo dicono le cronache che i turisti sono tornati a farsi vedere nei feudi marinari di Sprugolandia: bella notizia dopo il buio di un anno fa e dev’essere una presenza imponente se il traffico ferroviario registra il quasi continuo intasamento dei treni e il conseguente disagio. Ma forse è meglio così che vedere vagoni disperatamente veidi, vuoti.
Ce lo confermano gli occhi che vedono gli strangers scendere carichi di cartoni con dentro il meglio che producono i cinque villaggi: il nettare degli dei non serve dire che ha nettamente la meglio sulla concorrenza, ma nelle mani di qualcuno vedi anche il prodotto degli ulivi e qualche boccetta di buon basilico battuto con pinoli e per chi lo gradisce anche con l’aglio.
E già perché con la triade vin, èio e pistu le terre di Sprugolandia hanno maggiormente contribuito allo sviluppo della cuisin internationelle, un apporto attestato dalle tante sigle, spesso intraducibili acronimi, che garantendone la genuinità le immettono nel ristretto Gotha della nobiltà gastronomica. Posti ben meritati, frutto di una tradizione più che antica, consolidatasi nei secoli per la bontà dei prodotti.
Oggi noi soprattutto celebriamo questa terna ma una volta, parlo di qualche secolo fa, nella contenuta categoria dei prodotti pregiati della nostra landa e dei suoi feudi rientrava anche il cacio. Non esistendo ancora la parola formaggio per indicare il risultato della coagulazione del latte di bovini e caprini, il termine usato era il latino caseus, ancor oggi tanto presente in tante lingue (inglese, tedesco, spagnolo, portoghese: cheese, käse, queso, queijo) quanto negletto nella nostra.
Al di là degli idiomi, il cacio casereccio era apprezzato e protetto come le odierne certificazioni di qualità. Ma non da acronimi, bensì da marchi ché i predecessori inventarono il logo, l’ideogramma che rassicura l’acquirente sulla bontà di quel che compra.
Lo dice il poeta Marco Valerio Marziale. Morto sessantaduenne nel 102 dopo Cristo, è tuttora famoso quale compositore di epigrammi, le brevi poesie scritte spesso con intenti pungenti e satirici.
Nel nostro caso, invece, il Marziale loda il cacio segnato con l’effigie di Luna etrusca, immagino un timbro a fuoco.
Se sulla paternità di Luni su cui il poeta si addentra deciso mi dichiaro incompetente, mi permetto altresì di suggerire ai più giovani che fra diciannove anni in mia assenza ricordino il duemillesimo della nascita di Marziale: se non c’è via con il suo nome, almeno se ne rammenti la venuta al mondo.
In fin dei conti anche lui come i colleghi Ennio e Persio fu promoter turistico di questa nostra terra.

PS: Caseus Etruscæ signatus imagine Lunæ præstabit pueris prandia mille tuis – Il cacio segnato con il simbolo di Luna etrusca garantirà ai tuoi garzoncelli mille pasti (Epigrammaton Libri XIII, 30)