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Arte e design a confronto nella Lerici di mezzo secolo fa

La mostra di Jacques Toussaint e un viaggio a ritroso nel tempo: "Lasciare il Golfo dei poeti, il mio primo errore di gioventù".

Una ragazza nuda si staglia su Slide, di Bruno Contenotte

Gli anni parigini, quelli di Lerici, la ricerca, la sperimentazione. Questo ed altro nella mostra Jacques Toussaint. Arte e design nel Golfo dei Poeti 1967/1987, al via il 29 ottobre 2021 al CAMeC e dedicata all’opera dell’artista e designer parigino classe 1947, in Italia dall’inizio degli anni Settanta. Come accennato, l’esposizione, precedentemente prevista nel 2020 ma slittata causa pandemia, guarderà agli anni di Parigi, a quanto maturato in gioventù nella capitale francese; e ancora agli anni trascorsi a Lerici, puntando lo sguardo sulla produzione e l’attività espositiva realizzate nel periodo trascorso nel Levante ligure; un ulteriore nucleo riguarderà la ricerca in ambito astratto, a testimoniare il rapido e definitivo passaggio compiuto nella direzione di un percorso non iconico e di matrice geometrica; senza dimenticare la sperimentazioni sui materiali – quali vetro ed elementi di luce al neon. Spazio anche alla dimensione delle installazioni, tipica della fase attuale della ricerca dell’artista; in particolare, il CAMeC ospiterà Souvenirs de la terre, realizzata in un ambiente dedicato, costituita da elementi in alluminio e luminosi che impegnano lo spazio insieme a proiezioni video.

Una vicenda umana e artistica, quella di Jacques Toussiant, ricca di svolte ed evoluzioni e segnata da un legame profondo con il nostro Golfo, nato oltre mezzo secolo fa. “Durante l’estate 1967 – racconta l’artista a CdS -, finiti i corsi a l’Ecole Nationale des Beaux-Arts de Paris, come molti studenti lavoravo ed ero sotto contratto con l’ufficio tecnico nel Club Mediterranée, che, raggiunto un forte successo in pochi anni, aveva aperto villaggi in diverse parti d’Europa. Il mio contratto nell’estate del 1967 prevedeva un lungo soggiorno a Donoratico, dove il Club costruiva un nuovo villaggio in muratura nella pineta. Partito da Parigi in macchina, dopo un lungo e terribile viaggio, mi ero trovato dietro file di camion che nelle curve del Bracco. Dopo chilometri di curve e controcurve, arrivai verso sera alla Spezia, e la città a prima vista non invitava alla sosta. Proseguii così sino a Lerici, che si offriva al tramonto come un luogo incantevole e tranquillo. Passai la notte in quel borgo e questo fu il mio primo incontro con la perla del Golfo”.
Poi Jacques raggiunse Donoratico… “Ma il cantiere in forte ritardo non consentiva di seguire la tabella di marcia imposta dell’ufficio tecnico di Parigi. Dopo avere riferito lo stato dell’arte mi chiesero di attendere nuovi istruzioni, giusto il tempo di trovarmi un nuovo incarico. Non essendo particolarmente amante della sabbia, e neanche dei campeggi, decisi di attendere in un posto più attraente. Così feci ritorno a Lerici. All’epoca, l’atmosfera tra villaggio di mare e città, o meglio tra Lerici e La Spezia, era molto più marcata di oggi. La popolazione del borgo costituiva un vero e unico microcosmo animato da persone curiose e comunicative. Sedevo sulle panchine a sentire i racconti dei naviganti, salivo al castello per godermi il tramonto sul Golfo e cambiavo trattoria ogni giorno. Durante questa felice attesa mi sembrava di stare in un salotto dove potevo discutere amabilmente del più e del meno con gente di tutti i tipi. Questo soggiorno durò cinque giorni ed è in tale periodo che nacque l’idea di organizzare una piccola mostra nelle sale vuote del castello, che era occupato solamente in cima, dall’ostello della gioventù”.

Una mostra dal titolo Le due realtà, che si terrà poi nel 1969, giusto il tempo per chiedere i permessi e contattare gli artisti, e che artisti. “Di questa mostra – racconta l’artista – si parlerà nella prima sala del CAMeC in occasione di Arte e design nel golfo dei Poeti 1967 /1987, che nasce da un’intuizione di Marzia Ratti, ex direttrice dell’Istituzione per i Servizi culturali del Comune della Spezia. Considerata la spontaneità di quell’impresa, e l’epoca nella quale si svolse, non esiste molto documentazione sull’evento, tuttavia al CAMeC ci sarà una serie di foto in bianco e nero che scattai all’epoca, con opere di Campus, Munari, La Pietra, Grignani, Illaqua, Ramosa, opere gonfiabili e straordinariamente innovative di Mazzucchelli, diapositive 24 x 36 a colori con incorporati micro oggetti, e ancora meccanismi di orologi che nel ribaltarsi nel proiettore Carousel si muovevano lentamente, immerse nell’olio, queste firmate di Bruno Contenotte”. E proprio gli ingranaggi proiettati di Slide, una creazione di Montenotte, ospitarono un estemporaneo ‘nudo’, catturato dall’obbiettivo di Toussaint. “È successo che il giorno in cui ho fatto la foto – racconta – una ragazza dell’ostello della gioventù, gestito dalla mitica Madì, si è spogliata e si è messa in posa contro la parete suscitando un entusiasmo immenso da parte dei marinai in permesso che venivano al castello. Gli effetti del ’68 cominciavano a farsi notare nella gioventù in cerca di libertà, ma l’atmosfera rimaneva quella di un bonario divertissement”.
Il vero soggetto della mostra? “La rappresentazione della situazione della creatività tra l’arte e il design, il loro confronto. Erano presenti oggetti di tre protagonisti del design internazionale di quegli anni – Charles Eames, George Nelson e Ross Littell, tutti e tre americani -, prodotti che oggi sono esposti nei musei più importanti del mondo, dal Moma di New York al Victoria and Albert Museum di Londra. L’esposizione intendeva sottolineare le affinità tra l’arte pura e il carattere industriale della creazione, specialmente di mobilio, attività allora sconosciuta al grande pubblico e oggi banalmente chiamata design. Questi temi erano lontani dai pensieri di un pubblico vacanziero e non si stupisce che i giornali dell’epoca parlarono poco della mostra. Questa volta, più di cinquant’anni dopo, mi sembra incredibile che se ne possa parlare”.

E se alla fine degli anni Sessanta, per Toussaint, Lerici era stata una piacevole scoperta e la culla di una mostra sorprendente, ecco che dal 1971 al 1987 divenne la sua casa. “In questo periodo – racconta l’artista e designer – collaborai con l’ufficio tecnico della Colmar di Massa, che proponeva con largo anticipo soluzioni all’avanguardia per l’arredamento di ville, alberghi e comunità rivolgendosi a una vasta area geografica che comprendeva parte della Liguria e della Toscana. In quei progetti ritrovavo i miei designer preferiti. La società iniziò in un secondo tempo la produzione di una sua proprio collezione e mi chiese di organizzare la parte produttiva e la distribuzione di prodotti innovativi; è stato questo il mio primo incarico importante, che mi permise di conoscere la situazione generale della produzione del design italiano e di viaggiare in tutto il paese e all’estero”. Poi, nell’87, il trasferimento a Milano, complici proposte per rilevanti incarichi alla direzione di aziende di design. “Lasciai con rammarico la Liguria, dove sapevo di potere vivere in un clima di tranquillità e amicizia durevole, maledettamente attratto dall’enorme potenzialità dell’industria lombarda e degli sbocchi internazionali che potevano raggiungere. Purtroppo in Liguria la situazione era diversa a causa della posizione geografica e dell’assenza di industrie, fatta la dovuta eccezione per la ditta Schiffini, caratterizzata da proposte di forte novità nel campo della produzione industriale di arredi per la cucina. Lasciare il Golfo dei poeti è stato il mio primo errore di gioventù. E Golfo dei poeti è il nome che ho voluto dare al mio primo progetto di design di una collezione di sedute in cuoio che saranno esposte nella seconda sala del CAMeC insieme a un tavolo denominato Pontile, in ricordo di quello di Lerici che vedevo dalla mia finestra che si affacciava sul porticciolo”.
L’allestimento del CAMeC, per Toussaint, è un primo passo. “La tappa iniziale di una trilogia intitolata Les lieux di temps, che muove dal concetto di organizzare una mostra dedicata ad ognuno dei miei periodi di soggiorno: in Liguria, in Lombardia e in Veneto, dove attualmente vivo e lavoro”. Appuntamento quindi in Piazza Battisti dal 29 ottobre per un’immersione nell’opera di Jacques Toussaint e in un originale spaccato della Lerici di fine anni Sessanta.

Nota stampa ufficiale della mostra

Nella suggestiva cornice del Golfo dei Poeti, ospitata nel CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea, aprirà al pubblico il 29 ottobre prossimo la mostra monografica Jacques Toussaint – Arte e design 1967|1987, che raccoglie circa sessanta opere dell’artista-designer francese, residente in Italia ormai da più di cinquant’anni. Il progetto espositivo documenta il lavoro prodotto da Toussaint nel ventennio di soggiorno a Lerici tra gli anni Sessanta e Ottanta, nel vivacissimo clima culturale del famoso borgo ligure, frequentato da personalità della cultura e dell’arte come Attilio Bertolucci, Valentino Bompiani, Silvio Coppola, Vico Magistretti, Giorgio Soavi, Mario Spagnol, Mario Soldati.
L’esposizione si concentra in particolare sulla prima mostra di arte e design organizzata da Toussaint al Castello di Lerici nell’estate del 1969, originale confronto dialettico intorno al tema dell’uso della tecnologia e dei nuovi materiali che le ricerche industriali stavano mettendo a disposizione del mondo della produzione e anche delle arti. Da una parte gli artisti che guardavano con interesse all’uso dei nuovi materiali e delle tecniche più avanzate – Campus, Carabba, “Contenotte” (Facchini), Grignani, La Pietra, Munari, Prina, Vallé –, dall’altra chi pur utilizzandoli li connotava di valenze esistenziali, ironiche o antitecnologiche – Fomez, Germán, Ilacqua, Mazzucchelli, (Miles) Mussi, Mondani, Raffo, Ramosa, Toussaint. Tutti i nomi presentati sono in quel momento parte attiva di un panorama in ebollizione che produce risultati sorprendenti in vari campi: da quello più eclatante di Bruno “Contenotte”, che per le sue ricerche sugli effetti ottici sarà chiamato a collaborare per lo strabiliante finale di 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, alle copertine della collana di fantascienza dei Penguin Books disegnate da Franco Grignani.
Il visitatore inoltre potrà approfondire la produzione di design che Toussaint progettò e rese famosa in quegli anni, dalla sedia in alluminio e selleria cui diede significativamente il nome di Golfo dei Poeti, al tavolo Pontile, ispirato all’imbarcadero di Lerici che l’autore poteva contemplare ogni mattina dall’ampia vetrata della sua casa in salita Arpara. «Design sì, dunque, ma che vede l’oggetto-scultura – precisa il co-curatore Giosué Allegrini – non deliberatamente immerso in uno spazio di azione, tipico degli anni Sessanta, bensì come immagine/concetto razionale che si confronta con lo spazio circostante innescando con esso profonde relazioni e interdipendenze espressive. L’arsenale formale è quello della geometria, che però è usata non in termini esclusivi di razionalità strutturale, ma intuitivamente, come esplicitazione di energie, memorie e suggestioni spaziali e ambientali».
Sono presenti inoltre lavori artistici realizzati nell’atelier ligure, che documentano il rapido passo compiuto da Toussaint in direzione di una ricerca geometrica e segnica, caratterizzata dalla presenza del blu, anch’esso collegabile alle suggestioni maturate nell’ambiente ligure. A proposito di questo versante, Marzia Ratti, co-curatrice della mostra, rileva: «La radicalità del mutamento nel linguaggio di Toussaint appare in tutta la sua portanza nelle sculture-pitture del 1970, in cui prende avvio la ricerca della geometria nello spazio che, attraverso il modulo quadrato della scatola, saggia le possibilità di composizioni tridimensionali avulse da ogni preciso riferimento alla realtà, se non nell’attenzione ai comportamenti fisici dei materiali utilizzati. I materiali con le loro precipue reazioni alle lavorazioni sono al centro della sua attenzione che, evidentemente, riunisce le due realtà – arte e tecnica, arte e design – in un unico pensiero creativo».
Per offrire la possibilità di valutare l’iter creativo di Jacques Toussaint, sviluppatosi in più di cinquant’anni di lavoro, i curatori e l’autore stesso hanno voluto inserire in chiusura un intervento artistico significativo dello spirito attuale di ricerca, che si fonda sulla volontà dell’autore di sottrarre la sua proposta ad una mera osservazione da parte del pubblico per renderlo a sua volta partecipe e protagonista. Varcata la soglia di uno spazio immersivo, il visitatore potrà sostare in una installazione site specific, che gli consentirà di concentrarsi sui propri pensieri e su se stesso. Accompagnata dall’evocativo titolo Souvenirs de la terre, composta da elementi illuminanti al neon blu e una proiezione video, suggerisce una presa di posizione portatrice solo di ricordi positivi. Un modo discreto e personale di Toussaint di prendere le distanze dalla propria realtà per non imporre una visione autoreferenziale del proprio mondo.
L’esposizione sarà visitabile fino al 27 febbraio 2022, da martedì a domenica dalle 11:00 alle 18:00.
Nato a Parigi nel 1947, Jacques Toussaint inizia la sua attività artistica in Italia nel 1971 dopo aver studiato all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi. Dopo le sue prime mostre in Francia e in Italia, inizia parallelamente ad interessarsi al design del mobile e per diversi anni sarà consulente per alcune importanti società di arredamento, come Bernini, Interflex e Matteo Grassi; per quest’ultima sviluppa una linea di prodotti e svolge la funzione di art director. Alla fine del 1985 crea il marchio Atelier quale sintesi delle sue precedenti esperienze, con il fine di produrre progetti affidati a designers emergenti, come Hans-Peter Weidmann, Wolfgang Laubersheimer, Hannes Wettstein, o più affermati come Toshiyuki Kita, Ross Littell e Verner Panton. Con Atelier si dedica inoltre alla riedizione di progetti firmati da maestri di livello internazionale come Alvar Aalto, Alfred Roth, Werner Max Moser, Hans Georg Bellmann e Giuseppe Terragni. A partire dal 1993 collabora alla definizione di una nuova collezione di oggetti in carta riciclata per la Arbos di Solagna. Nel 1997 crea Glass Works, una collezione di specchi nata dalla ricerca sul vetro, e nel 1998 Connections, una collezione di oggetti artistici che intende mettere in evidenza le connessioni esistenti tra persone e cose che hanno influenzato il suo lavoro. A partire dal 2000 Toussaint inizia ad elaborare una serie di installazioni in situ di particolare rilievo e in costante evoluzione in relazione agli spazi, che, oltre a procurare una forma di straniamento nello spettatore, conciliano la meditazione. Questo filone trova il suo inizio nella mostra Tra sogno e realtà organizzata dalla Galleria Arsenal nello spazio di Palazzo Branicki a Bialstok (PL), alla quale seguono interventi presso la Fondazione Cocchi nelle Torri dell’Acqua di Budrio e ancora nella chiesa sconsacrata di San Francesco a Pordenone con la mostra In Itinere, per arrivare all’ambizioso progetto …Que du bleu! a cura di Luigi Cavadini, attuato negli ampi spazi della galleria di Palazzo delle Stelline presso l’Institut Français di Milano. L’artista francese è stato varie volte invitato a presentare i suoi lavori al Museo Casabianca di Malo (Vicenza), istituzione che illustra attraverso opere grafiche e non solo le varie tappe dell’arte contemporanea internazionale dal 1960 ai nostri giorni. Dopo aver realizzato una serie di interventi artistici in edifici religiosi dalla storia antica, nel 2019 indirizza la sua attenzione verso le qualità intrinseche dell’architettura moderna, scegliendo per il primo intervento, con un’installazione composta di video e di luci, la chiesa di Santa Maria Assunta di Riola di Vergato, frutto di una lunga progettazione dell’architetto finlandese Alvar Aalto (1898-1976), realizzata nel gennaio 2020 (un ulteriore contributo a Riola è previsto per il 2022). Il lungo lavoro di analisi e rivisitazione di 50 anni di attività che ha preceduto la pubblicazione della monografia Jacques Toussaint. Arte 1967/2017, ha rinnovato il suo modo di fare ricerca, che trova in questa mostra della Spezia, nell’opera Galassia CAMeC/JT-840 x 675 h 500 SP, una originale documentazione.
Sue opere sono presenti nelle collezioni permanenti del Denver Art Museum (USA), della Die Neue Sammlung di Monaco di Baviera (D), del Kunstgewerbemuseum di Berlino (D), del Museo Nazionale di Poznan (PL) e della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Forti di Verona.

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