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"Marina militare sempre più estranea alle necessità della città, grazie all’assenza del Comune"

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“Abbiamo letto con preoccupazione le parole dell’ammiraglio Lazio in merito alle questioni che da anni affrontiamo. Se non fossero espresse da una figura apicale della Marina militare sono termini che assomiglierebbero ad un testo di una commedia, anche poco divertente. Lazio specifica l’ovvio, ossia che la Marina militare opera nei termini di legge. Se così non fosse, saremmo al paradosso che una forza armata si ponga nel campo dell’illegalità. Ciò che invece preoccupa, e non poco, è la non corrispondenza tra i fatti e le parole dell’ammiraglio. Nonostante il ministero della Difesa abbia stanziato milioni di euro per le bonifiche dall’amianto, ad oggi non c’è una copertura di quelle prospicienti Marola che sia stata bonificata.
Lazio inoltre omette che le analisi svolte sul Campo in ferro non sono state condotte dalla Marina, ma dalla polizia giudiziaria per conto della Procura spezzina. Non è un particolare trascurabile. Nell’ambito delle omissioni c’è un altro dato preoccupante. Le perizie indicano una sostanziale stazionarietà dello status della discarica di Campo in ferro, in termini di infiltrazioni, di contaminazione e quant’altro. Ciò non toglie che la discarica è ancora presente e potenzialmente nociva. Evidentemente, come per l’amianto, i quadri della Marina militare hanno un concetto di prevenzione, peraltro ampiamente normato nella giurisprudenza europea ed italiana, eufemisticamente volatile.
A differenza degli amici della Società di Mutuo Soccorso marolina non abbiamo alcuna aspettativa da parte dei quadri militari locali, anche nelle migliori condizioni non hanno mai brillato per sensibilità e capacità di apertura alla comunità spezzina. La questione è che i rapporti tra le aree militari in disuso e il tema della riappropriazione da parte della comunità non può essere tema dibattuto a livello esclusivamente locale, ma un input che venga dal Governo, in un quadro che prenda atto dello sperpero di risorse che costituisce base pressoché defunta, che peraltro impedisce una nuova visione della città.

E’ del tutto evidente che occorre contrastare quello che l’ammiraglio Lazio dice con molta chiarezza, ossia evitare di trattare la questione aree militari sulla base della loro valorizzazione. Non stiamo parlando di merce ma di parti del nostro territorio sottratte alle comunità, che devono tornare alle comunità, bonificate dai veleni che vi sono presenti. La politica deve avere un compito fondamentale, riuscire ad aprire un percorso partecipato, che coinvolga le istanze cittadine, e determinare le scelte future di queste aree, con l’apporto di tutti i soggetti sociali coinvolgibili, non certo di qualche appetito economico che intravede l’occasione del momento. 

Se le parole dell’ammiraglio necessitano di una puntualizzazione, questa non è certo venuta da parte del sindaco Peracchini, il quale parte cadendo nella gaffe secondo la quale Cadimare sia l’unico borgo marinaro della città. Al netto degli strafalcioni, è del tutto evidente che le sue parole lo qualificano da un punto di vista storico, probabilmente anche politico. Nel suo intervento all’iniziativa delle UNPLI si è sperticato nel magnificare la bellezza del nostro golfo. paradossalmente arringando l’uditorio proprio di fronte al Campo in ferro ed ai veleni che contiene. Peracchini in questi anni non ha mosso un dito per cercare di fare ciò che doveva fare. Le nostre tante proposte sono cadute inascoltate, visto che non ha avuto nemmeno la capacità di incontrarci pubblicamente come abbiamo chiesto più volte. Quel poco che l’amministrazione comunale ha espresso sono semplici copia/incolla documentali sulle vicende Campo in ferro, amianto, emissioni elettromagnetiche e atmosferiche dei navigli, nonostante la nostra costante pressione, nonostante le molte interpellanze presentate da vari consiglieri comunali (Melley, Lombardi, ecc).

La nostra città ha necessità di una classe dirigente in grado di confrontarsi su una visione della stessa, in grado di non chiudersi dentro una stanza e decidere su una mappa che fare con le aree militari  che vengono concesse al contagocce, con la capacità di aprire un percorso di pianificazione serio, avanzato, sia dal punto di vista urbanistico che politico e culturale. Occorre il coraggio di pensare al tema delle aree militare come una sfida del futuro, non solo per Marola, ma per l’intera città e quindi di guardare oltre le diatribe elettoralistiche, la propaganda da bottega e cercare di progettare il futuro. Questo dovrebbe fare la politica: confrontarsi con le istanze, discuterne, fare una sintesi e mettere in fila i presupposti per realizzare i modelli su cui si misura con i cittadini. Ad oggi invece vediamo che, in particolare sul tema marolino e le aree militari, assume toni propagandistici e poco concreti”.

MURATI VIVI – Marola

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