LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Quisquilie e meraviglie

Quisquilie e meraviglie

Molto più di una fioriera

di Beppe Mecconi

Import 2021

C’era una volta in un paesino lontano lontano una bambina, il suo nome era Vanessa, come la bellissima farfalla che sulle ali ha disegni simili a quelli della coda del pavone.
Come tutti quelli che vivevano lì amava molto il suo paese ed era, come tutti, orgogliosa di quanto fosse bello e ben tenuto. Da sempre gli abitanti di quel piccolo borgo lontano lontano erano noti per lo spontaneo impegno che profondevano nell’accudire ogni angoletto di ogni viuzza.
Da secoli era così, non perdevano tempo a lamentarsi seduti nelle panchine o sui muretti, se c’era qualcosa da fare per migliorare l’aspetto o la praticità del villaggio si rimboccavano le maniche e… alé! Tutti al lavoro. Beh, tutti tutti no, qualche pelandrone c’era sempre, ma la maggior parte si dava da fare con allegria e perizia. Si narrava addirittura che più di mille anni prima si erano costruiti da soli il piccolo castello per difendersi dagli attacchi dei vari predoni che ogni tanto passavano da quelle parti. Insomma, era stato così per secoli e secoli; finché, non si sa bene né come né quando, le cose cominciarono a cambiare, e, ahimè, a cambiare non certo in meglio.
Vanessa, come tutte le bambine vivaci e curiose, era sempre impegnata in cento cose e così non si accorse subito di quei peggioramenti, ma un bel giorno accadde quello che doveva accadere.
Tornando a casa, sempre con la testa immersa in colorate fantasie o nella lettura di un libro (leggeva anche camminando!) gli cadde lo sguardo sulle aiuole della via principale che sempre erano state ben curate e floride e quello che vide la disorientò.
Rametti secchi avevano sostituito gran parte delle foglie fino a poco tempo prima rigogliose e belle verdi, ampi spazi dove prima c’era un fertile terriccio erano brulli e del colore della sabbia del deserto. Il suo guardare si fece più attento. Notò che alcune targhe poste in memoria di abitanti del paese, non certo illustri agli occhi del mondo ma importanti per la vita quotidiana del borgo e tanto amati dai paesani, erano sporche, rotte o addirittura divelte. Osservò che le panchine avevano assolutamente bisogno di una riverniciatura così come alcune ringhiere arrugginite, nella salitina che la conduceva a casa il piccolo parco giochi sembrava un angolo di gialla savana africana dal quale non la avrebbe sorpresa lo sbucare di una atterrita gazzella inseguita da uno sveltissimo ghepardo, e nelle fioriere davanti alle botteghe non c’era più neanche un petalo ma solo cartacce e mozziconi di sigaretta. Il suo viso sempre sorridente si fece triste triste; passò un signore in giacca e cravatta che senza fermarsi le disse: “Che ci vuoi fare, è solo una fioriera!”
Sconcertata arrivò in casa, si sedette a tavola e raccontò a mamma e papà quello che aveva visto. I genitori si guardarono per un intenso attimo poi, praticamente all’unisono dissero: “Ed ora… cosa pensi di fare?”. Vanessa li fissò, aspettando che continuassero a parlare, ma loro la osservavano in silenzio. Lei finì lentamente il pranzo, pensando, poi si alzò, rivolse un sorriso ai due e scese nel piccolo giardino. Raccolse due piante grasse che proliferavano abbondanti, le mise in un cesto di vimini insieme ad una paletta di metallo, poi riempì un annaffiatoio, salutò con la mano papà e mamma che la guardavano dalla finestra della cucina e disse: “Penso che adotterò una fioriera”. Poi s’incamminò verso il centro del paese.
Lì arrivata si fermò davanti ad un vasone, secco come il Sahara in pieno agosto, ed aiutandosi con la paletta tolse tutta la robaccia lì accumulata, poi scavò una piccola buca, mise un po’ di terra del suo giardino e piantò entrambe le piantine, le annaffiò, fece due passi indietro e si mise ad osservare il suo lavoro, ci aveva impegnato sì e no cinque minuti ma ora era tutto un altro guardare. Era proprio contenta di sé.
Si sentì osservata, si voltò e vide i suoi genitori cha la guardavano, poi si chinarono su altre fioriere aride e spoglie e anche loro interrarono piante grasse e anche una bella petunia lillà.
Dai negozi, dai bar e dai ristorantini nei pressi uscirono proprietari e clienti, diedero una breve occhiata e poi sparirono di nuovo all’interno, a vanessa si inumidirono gli occhi; ma poco dopo ecco che davanti ad ogni fioriera c’era qualcuno intento a sistemarla, a farla tornare verde, colorata, amata ed accudita.
Vanessa era il ritratto della felicità. Vide che, con le mani in mano, quel signore in giacca e cravatta stava squadrando il lavoro degli altri e col cuore più che con la voce gli urlò: “Eh no! È molto più di una fioriera!” Mamma e papà le comprarono un gelato.