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Una storia spezzina

Una storia spezzina

L’arte futurista e i tumultuosi anni spezzini di Giovanni Governato

di Alberto Scaramuccia

Giovanni Governato

Per il futurismo, si sa, la guerra era l’igiene del mondo ma la sua componente d’estrema sinistra su questo punto la pensava diversamente.
Di futuristi di sinistra c’è un bel gruppo a Arcola, lo s’è visto nelle rubriche precedenti parlando di Carnesecchi e Noverato. Fece eccezione, a questo proposito, Giovanni Governato che combatté nella Grande Guerra meritando una decorazione.
Governato, nato nel 1892 a Saluzzo che peraltro lascia bambinello, fu occasionalmente scultore e letterato, ma soprattutto pittore, muralista ed incisore, attività con cui debuttò nel mondo delle arti visive pubblicando xilografie su L’Eroica di Cozzani e Oliva.
Persona dinamica, dà vita al gruppo “Zimarra” assieme ad altri artisti che lo soprannominano “Cromatico” per il suo senso del colore. Diverse sue opere le vediamo pubblicate in diverse testate anarchiche di cui una è fondatore a Pistoia con Tantino Rosi e l’amico Novatore. Si chiama “Vortice – rivista anarchica e di pensiero”. Ne uscì un solo numero, ma il suo motto “Forza Bellezza Audacia Violenza” ne chiarisce la finalità di riunire attorno al gruppo arcolano tutti gli “intelligenti spiriti liberissimi, scrittori e artisti spregiudicati”.
Poi si ritrova coinvolto nell’affare Pollastri-Novatore. Lo arrestano accusandolo di favoreggiamento nei confronti di quest’ultimo. Portato in giudizio, ne esce assolto grazie ad un’arringa magistrale di Enzo Toracca. Questi, futuro Podestà e parlamentare nel ‘39, è iscritto al Fascio che l’altro combatte come nemico acerrimo, ma i due si conoscono fin dalle elementari e l’amicizia ha la meglio sulla politica. Inoltre, durante il processo riceve la solidarietà di Filippo Tommaso Marinetti, pure lui fascista, che già l’aveva incoronato “poeta futurista” sul giornale “Gli Scamiciati” di Pegli.
Prosciolto dall’imputazione, Governato abbandona la politica e si trasferisce a Genova. È il 1930, forse dalle parti della Lanterna lo chiamarono per decorare il nuovo stabilimento di ceramica ILCA fondato dall’architetto Mario Labò che lo vuole a lavorare lì.
A Genova si realizza al meglio la sua vena artistica. Dipinge, scolpisce, incide, sperimenta nuovi linguaggi assemblando nelle sue opere materiali diversi. È un periodo felice che lo porta spesso ad esporre. La sua mostra più prestigiosa è a Parigi dove la Galleria Reinhardt lo ospita con Bolla, Boccioni, Trampolini.
A Genova dove continua a vivere, muore nel 1951. Risiedeva da tempo a Capolungo, una sottofrazione di Nervi nel cui parco, in via Anita Garibaldi, fu apposta una targa per ricordare l’artista che lì aveva a lungo lavorato.

ALBERTO SCARAMUCCIA