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La testimonianza

Da leoni da tastiera a volontari, don Palei: "Nessuno si senta scartato"

In un anno più di 200 persone hanno rivolto parole d'odio nei confronti di don Luca, direttore della Caritas: "Molti di loro non avevano il coraggio di chiedere aiuto, li abbiamo accolti".

Don Luca Palei in un ritratto di Jacopo Grassi

Minacce di morte e odio. Il male scorre sul web e don Luca Palei, direttore della Caritas spezzina, lo sa bene. Le attività a favore degli ultimi hanno spesso attirato violente critiche da parte di molti “leoni da tastiera” e talvolta non emerge che, molte di queste persone, nascondono dietro a parole violente un profondo bisogno di aiuto. Anime in difficoltà che sono state aiutate da quello stesso ente che hanno pesantemente criticato in forma virtuale. L’ultimo episodio risale a pochi giorni fa quando una persona ha rivolto nei confronti delle attività della Caritas parole feroci. La stessa associazione avendo intercettato una situazione di criticità ha porto l’altra guancia tendendole la mano.
Don Luca Palei sa anche questo e in una lunga intervista a Città della Spezia racconta di uno spaccato molto delicato della società partendo da un dato: in una decina d’anni una cifra indicativa almeno mille persone, suoi delatori sul web, hanno ricevuto l’aiuto di Caritas e un buon 30 per cento, ammettendo l’errore, ha fatto volontariato nell’ente come segno di ringraziamento per quanto ricevuto.
“Spesso – racconta don Luca – quando qualcuno manifesta una forma di disapprovazione e nei casi più gravi anche di minaccia, in realtà facendo semplici approfondimenti sui delatori, o persecutori per citare il Vangelo, ci accorgiamo che sono persone che già avevamo seguito. Oppure, come è capitato nell’ultimo episodio al quale facciamo riferimento, ha utilizzato una serie di commenti per comunicare la sua profonda difficoltà e avanzare una richiesta di aiuto”.
“E’ un metodo bizzarro, perché non serve insultare per essere ascoltati, soprattutto da noi – aggiunge il parroco -. Siamo consapevoli che a volte quando si è feriti profondamente dalla vita, affaticati da tante problematiche e solitudini non si sa più come fare. Così in casi estremi arrivano le aggressioni verbali utilizzate per accendere i riflettori sulle proprie difficoltà e, appunto, chiedere aiuto”.
Da quando anche Caritas è diventata più social sono aumentati i delatori. A confermarlo è lo stesso don Luca che racconta come, negli ultimi due anni, siano state quasi 200 le persone intercettate a seguito di un commento pesante.
“Quel numero può sembrare alto – aggiunge – ma posso assicurare che corrisponde alla realtà. Alcune di queste persone erano già seguite, altre non riuscivano a chiedere aiuto. Alcuni di loro ha voluto ricambiare concedendoci un po’ del suo tempo diventando un volontario. Quando riceviamo critiche violente ci rendiamo conto che alcuni rimangono vittime della schiavitù del pensamento comune sui social, arrivando ad aprire anche dei profili falsi: è un segnale ancora più profondo di malessere. Quando siamo stati tacciati di aiutare solo alcune fasce di persone, mi ha fatto pensare quanto dolore profondo ci potesse essere in quelle parole. Se passiamo il tempo a dare la colpa a qualcuno, credo che non saremo mai capaci a trovare delle soluzioni. Come sacerdote mi interrogo su cosa la chiesa possa fare, perché non deve essere al di sopra ma a fianco anche di queste persone. Forse abbiamo sbagliato, come ha detto anche Papa Francesco, perché ci siamo posti come detentori di un tesoro inaccessibile ai meno fortunati e per primi scartanti. Questo non significa che vada tutto bene: c’è la verità di quello che facciamo e un cammino di scoperta. Quando c’è un rifiuto dobbiamo sempre portare con noi quello che c’è dopo: dalla cura all’ascolto. Altrimenti siamo quelli che mettono veti, distanza e blocchi”.
“Nessuno deve sentirsi scartato – prosegue don Luca -. Rimanendo con i piedi per terra, la sfida mia come sacerdote e come operatore Caritas non è alzare l’asticella del conflitto ma trovare la capacità di salvare e recuperare più persone possibile. Quando Gesù apparse ai suoi e vide che non c’era San Tommaso, lo è andato a cercare perché volesse tra i suoi e per seguirlo. Io so di non essere Gesù (sorride, NdR), lo rappresento indegnamente quando celebro la messa, ma l’obiettivo resta quello di includere e non escludere nessuno. Se questa mentalità però non passa sui social rischiamo di ritrovarci con la legge del taglione e tutto ciò che non è a propria misura, nelle proprie aspettative fa scattare la caccia al capro espiatorio. Molte volte si cerca di dare la colpa agli altri senza prima cercare in noi stessi. Ogni crisi può essere una rinascita anche per chi ci insulta e minaccia”.
“Riscopriamo la bellezza di riconoscere quello che siamo e – conclude don Luca – se dovete chiedere aiuto non abbiate paura. Capisco che per alcuni possa essere umiliante, ma passato quell’istante sul lungo termine la forza che viene fuori per aver chiesto una mano può essere una vera opportunità per far ripartire vita e speranza. Credo che molte di queste situazioni si siano aggravate, nel corso degli ultimi due anni anche a causa della pandemia, perché siamo smarriti, inquieti. Dobbiamo ritrovare la capacità di saperci ascoltare e saper ritrovare il coraggio di rompere le nostre maschere che possono rovinarci”.

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