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La rivoluzione americana

"Apertura mentale verso idee non convenzionali", il diesse secondo i Platek

In Danimarca la ricerca dell'uomo mercato è iniziata a marzo con un annuncio di lavoro. Inglese fluente ed "estremo agio" con l'analisi dei dati. E se arrivasse dall'estero?

Nishant Tella

Era l’11 marzo scorso quando il Sonderjyske pubblicava sul sito ufficiale il seguente annuncio di lavoro: Capo dello scouting e del reclutamento calciatori cercasi. Due pagine scarse che finivano con l’indirizzo e-mail a cui spedire il curriculum. Prima, punto per punto, le caratteristiche e abilità richieste per potersi candidare. Sommate, fanno quelle di un direttore sportivo classico. A leggere più attentamente però, nelle parole si intravede un contesto molto poco tradizionale. Perché il nuovo Head of player development and recruitment ha come compito “aiutare” a sviluppare strategie per l’ingaggio e lo sviluppo dei calciatori. Ovvero, più un consulente che un decisore.
Lo schema scelto dai Platek per la Danimarca è, top-down, questo: chief executive officer, head of player development e infine allenatore. Da quelle parti tutte e tre le posizioni sono attualmente aperte. Alla Spezia la prima è assegnata e se l’è riservata Nishant Tella, che qui ha deciso di mettere radici in pianta stabile, tanto da aver di recente anche acquistato i mobili per la sua nuova casa italiana. Anche l’ultima casella è, al momento, già occupata. Da Vincenzo Italiano, che tra oggi e domani dovrebbe avere un colloquio decisivo proprio con Tella per vedere se ci sono i presupposti per sancire il proseguimento della sua avventura aquilotta.

La figura di mezzo manca da ieri, con l’addio di Mauro Meluso. Si cerca qualcuno che interagisca con Andrew Ramsey, che farà la spola da una parte all’altra d’Europa ma è destinato ad avere un ruolo di primo piano in ogni decisione legate al player trading. In Danimarca qualcuno ha usato anche la definizione di direttore sportivo junior. Senza voler sminuirne il futuro lavoro, ma per inquadrare più precisamente la cornice operativa. Là, come qui, di solito l’uomo mercato alla fine decide e lo fa anche se in disaccordo con l’allenatore quando crede nelle proprie idee.
I requisiti espressi per il lavoro al Sonderjyske: mantenere i rapporti con gli attori chiave del mercato (club e agenti), occuparsi dello scouting e di programmare lo sviluppo dei calciatori all’interno della prima squadra e insieme ai responsabili del settore giovanile. Fin qui, tutto piuttosto standard. Si chiede poi “estremo agio” con l’analisi dei dati, sia per lo scouting e per il match analysis, e con le tecnologie che la supportano e la rendano più rapida. Inoltre si chiede l’abilità di presentare le informazioni in maniera “concisa e chiara”.

La parte più interessante. Open-minded towards new and sometimes unconventional ideas that can improve current practices: “Apertura mentale nei confronti di idee qualche volta non convenzionali che possano migliorare le attività”. Subito dopo si definisce un “asset” l’eventuale conoscenza della Superliga e del calcio danese. Non un requisito base dunque, ma preferenziale. Il che lascia presupporre che il professionista in questione, così come il nuovo CEO e il tecnico, potrebbero arrivare dall’estero. Qualcosa che, almeno qui, non deve sorprendere: in Italia le proprietà americane si sono spesso rivolte a stranieri in questi anni.
D’altra parte è un’agenzia di Los Angeles, la Creative Artists Agency, che si sta occupando della selezione per il ruolo di amministratore delegato. Infine si chiede un inglese fluente “sia scritto che parlato”; il danese non è tra le abilità richieste esplicitamente. Ultima prescrizione è la necessità di vivere a poca distanza dalla città dove ha sede il club o comunque essere disposti a trasferirvisi in pianta stabile.

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