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Nell'area ex enel

L’idea di Confindustria: idrogeno per elettrificare il porto e per i tir

Da oltre un anno la ex presidente Cozzani porta avanti un lavoro di approfondimento dell'ipotesi di realizzazione di un impianto di produzione. Occhi puntati anche da parte dei marchi del mondo dei mega yacht.

Porto

Da più di un anno in Via Don Minzoni si parla di idrogeno. E più passa il tempo e più aumentano le possibilità di veder sorgere un impianto nell’attuale area Enel. I progetti di fattibilità e le decisioni definitive sono un passo ancora da compiere, ma l’interesse intorno a questa ipotesi cresce di giorno in giorno. Confindustria, con il presidente Mario Gerini in prima linea, sta guardando con grandissima attenzione alle prospettive di utilizzo degli spazi che verranno messi a disposizione della città e ha avviato un percorso di approfondimento con l’amministrazione comunale e Enel. Coprire decine e decine di ettari di pannelli fotovoltaici è ritenuto da molti è uno spreco. Le aziende spezzine guarderebbero con maggiore favore alla realizzazione di nuove aree coperte e capannoni, ma le indicazioni urbanistiche in merito non sono ancora chiare: il Puc consentirà di realizzare nuove strutture? e in quale misura? Certo, quelle aree sarebbero di grande interesse anche per il comparto della nautica e quello portuale, con attività di refitting e logistica pronte a occupare quello che qualcuno, nella comunità portuale, vede come l’anticamera del retroporto di Santo Stefano.
Le proposte concrete quindi non mancano, ma c’è un’ipotesi che più delle altre traguarderebbe un orizzonte di medio-lungo termine, ed è proprio quella dello sviluppo di tecnologie per la produzione di idrogeno, con un occhio che rimane puntato proprio sugli ultimi settori citati, quello della produzione di yacht e imbarcazioni di lusso e quello dello scalo mercantile.

L’idea progettuale portata avanti dall’ex presidente degli Industriali Francesca Cozzani sin dalle ultime battute del suo mandato prevede infatti possibili applicazioni dirette a favore dell’economia locale, oltre che un filone di ricerca e sviluppo che caratterizzerebbe almeno una parte dell’area di Vallegrande con quella vocazione green e tecnologica che sin dall’inizio era stata tra le destinazioni preferite di diversi ambienti cittadini.
Già a giugno 2019 l’ipotesi di produzione e utilizzo dell’idrogeno nell’area Enel era stata citata nell’ambito del convegno “Futuro delle rinnovabili dentro l’innovazione energetica” organizzato dai sindacati spezzini come possibile innesto nel processo di produzione di energia tramite l’impianto a turbogas o come elemento da immettere nella rete gas. Cozzani aveva messo immediatamente a fuoco la tematica, valutando che potesse essere fondamentale anche per la fase di transizione energetica e che si potessero valutare sviluppi futuri, come l’utilizzo di fuel cell per dare continuità alla rete (un’applicazione caldeggiata anche a livello comunitario).
Ma a poche centinaia di metri da Vallegrande, come dicevamo, ci sono altri attori potenzialmente interessati al tema.
E’ così che a 11 anni dalla firma del progetto Green port, che avrebbe dovuto portare in breve tempo all’elettrificazione delle banchine, la possibilità di alimentare il cold ironing per le navi da crociere e quelle mercantili senza fonti fossili si ripropone all’orizzonte. Tanto che oggi tra Confindustria e Autorità di sistema portuale si ragiona sulla possibilità di fornire energia alle banchine grazie a una produzione di idrogeno in loco. “Un’iniziativa che potrebbe usufruire di fondi comunitari – spiega Cozzani a CDS – e che dunque potrebbe risultare più appetibile e conveniente per una schiera di soggetti, comprese le compagnie, che assisterebbero così a un appiattimento dei costi energetici. Senza dimenticare che la produzione di H2 che stiamo ipotizzando dovrebbe alimentare anche un distributore per i tir a idrogeno che sempre di più verranno utilizzati sui moli e sui piazzali del porto, riducendo così l’inquinamento in città e nel golfo”.
Col passare del tempo l’indagine avviata da Confindustria ha guadagnato le attenzioni di Enel, oggi sempre più concrete, e sono cresciute le quotazioni di un possibile coinvolgimento del mondo universitario e dei centri di ricerca locali, con Enea in prima fila. Anche Palazzo civico è stato informato del lavoro fatto e a oggi da parte dell’amministrazione non sono stati sollevati problemi di sorta: l’unica raccomandazione è stata quella di valutare con il massimo rigore le implicazioni che ci potrebbero essere per la sicurezza della popolazione, tema sul quale gli Industriali forniscono ogni rassicurazione.
“La partita è in divenire – dichiara il presidente Gerini ai nostri taccuini – e la fattibilità di un’idea come quella che sta maturando sarà comunque legata alla pianificazione urbanistica comunale. Riteniamo che questa sia un’opportunità di sviluppo di un polo tecnologico avanzato, come accaduto altrove in Italia laddove Enel abbia dismesso centrali e spazi. E’ chiaro che questa ipotesi va portata avanti insieme all’azienda che peraltro considera la produzione di idrogeno solamente con l’utilizzo di fonti rinnovabili. Si tratta della metodologia più costosa e più complessa, ma solo così ci si può veramente proiettare verso il futuro dell’utilizzo di quell’area. Non resta che proseguire su questa strada, auspicando a breve discussioni con gli enti del territorio, come Adsp e Comune della Spezia, per valutare possibili sviluppi in ambito portuale e di trasporto, cercando di comprendere in quali tempi la sostenibilità economica di questa idea progettuale possa diventare anche una sostenibilità sotto il profilo economico”.

E a contribuire a tagliare questi tempi potrebbe esserci l’interessamento manifestato nelle ultime settimane per la trazione a idrogeno da parte di marchi di primo piano della nautica mondiale come Baglietto e Sanlorenzo, entrambe con quartier generali saldamente ancorati a poche centinaia di metri dall’area Enel. La tecnologia per realizzare motori a idrogeno c’è, i problemi risiedono nei costi e nella capacità di stoccaggio. Il primo ostacolo non sarebbe certo insormontabile per i facoltosi armatori dei gioielli prodotti in riva al golfo, mentre sul secondo si potrebbero cercare soluzioni innovative proprio attraverso un centro di ricerca applicata, realizzato magari con il coinvolgimento di Confindustria, Enel, Comune, Authority e centri di ricerca e collocato proprio a Vallegrande, nell’area industriale alle spalle dei cantieri. Perché no?

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