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Il bilancio

Annata particolare anche per l’olio spezzino: "Serve specializzazione per stare sul mercato"

Il punto del presidente di Confagricoltura la Spezia Zangani: "Tante avversità ma ottenuti risultati: la qualità del prodotto è molto alta. L'ovicoltura va moderinizzata e potenziata".

Import 2021

Con la fine del 2020 si conclude anche la stagione olivicola ed è dunque tempo di fare un bilancio, cercando se possibile di trarre insegnamenti utili per gli anni a venire. A livello italiano questa è senz’altro da considerarsi un’annata di “scarica” perché la produzione nazionale è calata rispetto al 2019 di quasi il 30 % assestandosi su 230000 tonnellate di olio, questo a causa soprattutto dell’inflessione negativa del sud Italia il quale ha visto dimezzato il suo raccolto.
La Liguria, per fortuna, si è mossa in controtendenza rispetto al trend nazionale producendo nettamente più di quanto fatto nel 2019 con oltre 20.000 tonnellate di olive portate in frantoio. Nella nostra provincia, come spesso capita negli ultimi anni, anche quest’anno si può parlare di un inizio precoce, infatti gli olivicoltori locali hanno iniziato a cogliere i frutti già alla fine di settembre; sia per le preoccupazioni legate alla comparsa della mosca olearia ma anche per il timore di eventi climatici estremi e del clima di incertezza generato dalla pandemia.

Non sono state poche le avversità che gli agricoltori spezzini hanno dovuto affrontare a cominciare da fenomeni di cascola di frutti verdi all’inizio di Luglio notati in diversi comprensori che, sebbene la causa non sia accertata, si ipotizza possano essere di natura parassitaria. Come Confagricoltura, di concerto con l’ispettorato agrario regionale, stiamo svolengo un ottimo lavoro e monitorando la situazione invitando le nostre aziende a segnalarci questo fenomeno in modo da comprenderlo al meglio. Nonostante vari problemi di tipo agrotecnico la qualità dell’olio spezzino si afferma quest’anno su standard qualitativi molto alti evidenziando ancora una volta l’enorme potenziale di questo nostro prodotto tipico, che si distingue per essere la giusta via di mezzo tra l’olio dolce del ponente Ligure e l’olio dal fruttato più intenso dell’alta toscana.

E’ indubbio però che l’olivicoltura locale ha bisogno di essere ripensata liberandosi da quel retaggio culturale il quale per secoli ha inteso la pianta d’olivo come una coltivazione a margine di altre colture e non bisognosa di grandi interventi e cure; questo, ci ha fatto ereditare oliveti impervi difficili da coltivare nei quali ora è necessario intervenire in modo deciso e razionale, l’uso della tecnologia di base è quasi impossibile e le lavorazioni vengono ancora svolte a mano, facendo lievitare a dismisura il prezzo e riducendo i margini. Noi pensiamo che l’olivicoltura moderna imponga un elevato livello di specializzazione per poter affrontare le sfide del mercato contemporaneo e che sia giunto il tempo di elaborare, insieme alle istituzioni ed ai vari stakeholder, una grande legge regionale che permetta finalmente di affrontare e risolvere tutti i problemi. Bisognerebbe incentivare la coltivazione di questa nobile pianta rendendola un’opportunità lavorativa.

Filippo Zangani, presidente Confragricoltura La Spezia

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