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Nessuna bonifica all'orizzonte

Se i fusti sotto Campo in Ferro si corrodono, nafte, vernici e amianto nel mare

Si torna a parlare della discarica all'interno dell'arsenale. Scoperta nel 2003, è ancora una bomba ecologica pronta ad esplodere nel Golfo dei Poeti. L'ingegner Boeri condusse la analisi per la Procura: "Sondaggi solo sul 2% del sito".

Campo in ferro

“La fitorimediazione non ha efficacia su terreni che presentano corpi voluminosi. E a Campo in Ferro ci sono significative presenze di rifiuti interrati: materiali ferrosi, amianto, vernici, nafte e bcp. In parte sfusi, in parte all’interno di appositi contenitori”. Luigi Boeri è l’ingegnere forense che nei primi anni Duemila indagò la discarica che sorge tra Marola e Cadimare, all’interno dell’arsenale marittimo della Marina Militare. A quasi 18 anni dal sequestro da parte del Tribunale della Spezia e dall’inchiesta della Procura spezzina – finita con un nulla di fatto perché nel frattempo le forze armate sono state escluse per legge da determinati obblighi nella gestione dei rifiuti – l’area di circa 20mila metri quadrati continua a preoccupare i cittadini del ponente spezzino.
Oggi erano rappresentanti dalle associazioni Murati Vivi e Società di Mutuo Soccorso, ospiti della seconda commissione consigliare che si occupa di ambiente. L’ultima presieduta da Marco Tarabugi, dimissionario da domani. “Le preoccupazioni dei cittadini per la presenza dell’amianto sui capannoni dell’arsenale è ancora presente. Abbiamo appreso che il Tribunale della Spezia ha archiviato gli esposti dei cittadini in merito a questo e alla situazione di Campo in Ferro. Dispiace l’assenza dell’assessore Casati, che ultimamente ha sempre disertato queste occasioni, e dispiace che non ci sia la Marina Militare”, introduce il consigliere di Leali Guido Melley che ha chiesto l’appuntamento.

E allora tocca all’ingegner Boeri, recentemente nominato dal ministro Costa come presidente della nuova Commissione valutazione impatto ambientale, fare il punto. Come si sa la Marina Militare ha avviato da qualche anno, in collaborazione con l’Università di Firenze, un’attività di fitorimediazione. Piante messe a dimora sulla discarica, in grado di assorbire materiali dai terreni. “Permettono di sottrarre inquinanti organici ed inorganici. Una tecnica che ha tempi più lunghi rispetto a operazioni più invasive come le bonifiche e la rimozione meccanica dei rifiuti”, ricorda Boeri che sottolinea come la portata dell’inquinamento presente là sotto si può solo stimare. Su quell’enorme area sono state effettuate 38 trincee esplorative e 15 sondaggi con relativi esami delle acque prelevate, dipingendo una situazione preoccupante: “E si tratta solo del 2% della superficie totale”.
Da allora la messa in sicurezza è consistita nell’asportare la parte più superficiale di quella montagna sommersa di rifiuti pericolosi, per poi adagiare sopra un telone impermeabile che eviti il percolamento della pioggia fino al mare. “Ma quella è una zona con presenza di sprugole (risorgive sotterranee di acqua dolce, tipiche del territorio spezzino, ndr) che con il tempo possono corrodere i contenitori delle sostanze inquinanti fino a causare il rilascio del materiale. Si tratta in massima parte di rifiuti che erano pericolosi al tempo e che sono pericolosi tuttora”.

La Marina Militare, non presente all’audizione, ha mandato una relazione sull’area che forse potrebbe offrire una fotografia più ampia dell’attuale. Nel frattempo il consigliere Massimo Caratozzolo invita ad agire: “Il nostro sindaco deve attivarsi immediatamente per operare i monitoraggi che sono prescritti dalla Procura. E’ il sindaco la prima autorità a dover tutelare la salute dei cittadini”. Sugli strumenti da utilizzare, è ancora Boeri a osservare che “nella misura in cui il procedimento penale è stato archiviato, devo pensare che non ci siano rischi di inquinamento del mare. Nulla si fa nella misura in cui non ci sono evidenze in questo senso. Non ho elementi per potermi confrontare in merito, ma si deve tener presente che la situazione è dinamica perché sono ancora presenti criticità ambientali consistenti, queste andranno rimosse prima che la situazione peggiori”.
L’ingegner Claudio Canneti del Comune della Spezia cita il decreto del 2009 che stabilisce “spetti al Ministero della Difesa fare il piano di caratterizzazione del sito, stilare un’analisi di rischio ed esprimersi in merito ad un eventuale progetto di bonifica”. In merito alla fitorimediazione: “Non abbiamo ancora contezza degli esiti di questa bonifica sperimentale”. Lo stesso vale per gli interventi previsti nel corso del 2020 sui capannoni 175 e 177, due di quelli con il tetto in eternit che durante la burrasce del 2018 furono sgretolati dagli eventi atmosferici con dispersione del materiale. “Chiederemo alla Marina Militare un punto della situazione”.

Guido Melley propone allora un’intesa tra il Comune della Spezia e la Marina Militare sulla falsariga di quanto fatto sulla mobilità. “Che il sindaco, l’assessore Casati o l’intera giunta approntino una protocollo su questi temi. Faremmo un grande servizio ai cittadini dei quartieri di Marola e Cadimare che chiedono risposte”. “Non c’è stato alcun intervento”, assicura William Domenichini dell’associazione Murati Vivi in merito alla bonifica dei capannoni di cui parlava l’ingegner Canneti. “La nostra esigenza è di non essere limitati ad assistere a ciò che viene deciso, ma diventare parte attiva di queste decisioni”. Un appello anche da Giordano Carrara della Società di Mutuo Soccorso: “La situazione del Campo in Ferro va risolta, sulla salute dei cittadini la politica non si divida”.

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