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Sperimentazione negativa

L’antagonista della cimice marmorata non da i risultati sperati

Si cerca adesso un insetto asiatico in grado di contrastarne la diffusione.

Una cimice asiatica

“Risulta fondamentale l’attività di monitoraggio mirata nelle singole aziende agricole e sulle diverse colture, così come è importante ricordare che il successo nel contrasto al parassita non è assicurato dall’esclusivo utilizzo di trattamenti chimici, vista l’elevata mobilità della specie che può riposizionarsi su differenti colture”. Lo ha detto il ministro delle Politiche agricole Centinaio nel questione time di venerdì scorso in merito alla diffusione della cimice marmorata asiatica, un flagello per le colture di mezzo Nord Italia e un problema per i privati cittadini che se ne ritrovano in casa a dozzine. “Sono state avviate sperimentazioni con prove in campo e in laboratorio, per individuare le sostanze più idonee al contrasto e, in tal senso, sono state ottenute le relative autorizzazioni”.

“Con riferimento specifico al controllo biologico per la difesa della frutticoltura nazionale sono stati avviati studi dedicati per porre in essere interventi con antagonisti naturali del parassita. In particolare, le ricerche svolte nell’ambito del Progetto nazionale denominato ‘ASPROPI’, hanno permesso di individuare in ambienti dell’Italia centrale un imenottero parassita delle uova della Cimice, Ooencyrtus telenomicida, allevabile in biofabbriche su ospiti alternativi. Una popolazione del parassitoide è stata trasferita nei laboratori CREA e mantenuta in ambiente controllato, dove si è mostrata in grado di parassitizzare efficacemente le uova della cimice.
Per la verifica “in campo” delle potenzialità dell’antagonista naturale – impiegabile in un contesto integrato per la difesa della frutticoltura nazionale – sono state effettuate prove dirette in frutteti condotti con differenti metodologie e l’antagonista ha mostrato nei frutteti produttivi – nei quali è necessario il controllo anche di altre avversità – limiti di efficacia e di permanenza negli ambienti. Per l’utilizzo di antagonisti naturali provenienti, invece, dal territorio d’origine del parassita in prove estensive in campo, tese a valutarne l’efficacia e le migliori modalità d’impiego, sarà prima necessario risolvere le problematiche legate al divieto di introdurre in natura specie o popolazioni non autoctone”.

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