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Bufano si dimette da ogni incarico Pd: "Letale mancanza coraggio mesi fa"

Paolo Bufano

Subito dopo le elezioni comunali di Sarzana, Paolo Bufano, timoniere della minoranza Pd a Sarzana, si è dimesso dagli organi direttivi provinciali e sarzanesi del Partito democratico. Questa la sua lettera rivolta a Juri Michelucci, coordinatore del Comitato politico del Pd sarzanese, e al segretario provinciale Federica Pecunia.

“Cari Juri è Federica – esordisce Bufano – quando domenica sera mi sono reso conto – dopo lo spoglio delle prime cento schede nel seggio cui ero addetto come rappresentante di lista – delle smisurate dimensioni della nostra sconfitta, che io avevo preventivato già otto mesi fa, ho provato quasi una sensazione di sollievo.
Un divario simile pareva far intendere che le ragioni determinanti di quel voto fossero di carattere nazionale e non locale, che me la dovevo semmai prendere con chi aveva ridotto nazionalmente il Pd nello stato comatoso in cui versa e che la mia solitaria battaglia (persa) di otto mesi fa per convincere Cavarra a non ricandidarsi (prendendo atto della insanabile frattura con la città) e a scegliere insieme a noi un candidato diverso e nel segno della discontinuità era stata una battaglia inutile perché – visti i numeri – il centrosinistra avrebbe perso con qualunque candidato.
E quando ho sentito che avevamo perso anche a Pisa e a Siena mi sono confermato in quella tesi.
Poi però sono andato a leggere meglio i risultati. A Pisa abbiamo perso di un’incollatura, a Siena di un soffio.
A Sarzana abbiamo perso di tredici punti.
Otto/dieci punti di scarto in più rispetto ai tre/cinque punti di scarto riscontrati in altre roccaforti e addebitabili all’onda lunga salviniana e allo smarrimento del nostro partito a livello nazionale.
Otto/dieci punti che forse una candidatura a sindaco meno invisa alla città, meno oggetto dell’accerchiamento ostile, del tiro al bersaglio di tutti, in consiglio, sui social, agli angoli delle strade, avrebbe potuto colmare.
E allora sono tornato a pensare che quella mancanza di coraggio mesi fa, quella cecita’ collettiva di fronte all’evidenza, possano essere stati letali.
Facendo una scelta diversa probabilmente non sarebbero nate la candidatura e le liste Mione. Quasi certamente avremmo fatto un apparentamento con la Sinistra fin dall’inizio. Forse anche un accordo al secondo turno con il movimento di Chiappini. Quel che è certo è che il ballottaggio non sarebbe diventato un impietoso referendum su Cavarra, come innegabilmente è stato, al di là degli echi della politica nazionale (che sono certo arrivati anche nella vicina Sestri Levante, eppure lì la sindaca uscente del Pd ha vinto al primo turno col 51 per cento…).
Assumendomi la mia parte di responsabilità (che consiste soltanto nell’essermi sforzato – fra il primo turno e il ballottaggio – di tessere legami con gruppi e persone nella vana speranza che ci fossero margini di recupero, sforzi guardati peraltro con diffidenza dai nostri Grandi Timonieri) mi dimetto irrevocabilmente da Comitato Politico, Unione Comunale e Direzione Provinciale – organismi dall’autorevolezza oggi paragonabile a quella del Gran Consiglio delle Giovani Marmotte -, e mi autodegrado (dopo quarant’anni di politica attiva, sia pure ricoprendo soltanto ruoli di servizio) al rango di semplice iscritto.
Senza neppure più l’illusione di rappresentare un esempio per altri.
Ma pronto – da semplice iscritto – a sostenere chi avesse la voglia, la forza e il disinteresse necessari per rifondare questo partito affrontando la lunga traversata del deserto che una simile operazione comporterebbe”.

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